7. Territorialità

7.1 principio di territorialità

Il titolo di un’opera è protetto ex art. 100 l.a. non come bene autonomo ma in quanto individua l’opera stessa, sicché non può esistere un diritto al titolo ove l’opera dell’ingegno da esso individuata non sia tutelata per difetto dei requisiti (Cass. Sez. I civile 4 settembre 2004 n. 17903, Aida 2005, 1022/2).

Il titolo di un’opera non configura opera dell’ingegno ma ha natura di accessorio con funzione distintiva dell’opera dell’ingegno, onde in relazione ad esso non sussiste il diritto morale (di paternità) dell’autore (Trib. Milano, 22 settembre 2004, Aida 2005, 1046/1).

Costituisce violazione dell’art. 100 l.a. l’adozione della testata di un quotidiano specializzato quale domain name di un sito web che offre il medesimo tipo di informazioni (Trib. Torino, ordinanza 21 luglio 2000, Aida 2000, 735/1).

Sono tra loro affini i prodotti discografici e fonografici rispettivamente ad un’attività concertistica. (Trib. Milano, 19 maggio 1997, Aida 2000, 665/4)

L’interruzione di un’attività concertistica pluridecennale di un’associazione non determina automaticamente l’esclusione della tutela della sua denominazione contro il rischio di confusione: che è anzi esaltato quando una denominazione confondibile viene assunta per un’altrui iniziativa avviata in sequenza temporale immediata dopo l’interruzione ora detta. (Trib. Milano, 19 maggio 1997, Aida 2000, 665/3)

Sono tra loro confondibili due copie di denominazioni e marchi che abbiano il proprio cuore nelle parole Angelicum e rispettivamente Angelicumusica. (Trib. Milano, 19 maggio 1997, Aida 2000, 665/2)

Costituiscono elementi rilevanti per escludere la concreta confondibilità tra le testate deboli di due periodici (nella specie: « Extra » e « Nuovo Extra ») le circostanze: 1) che il primo sia un settimanale di spettacolo e costume e il secondo un quotidiano di informazione generale; 2) che il primo sia diffuso soltanto nei mesi estivi e prevalentemente indirizzato ai turisti della riviera romagnola e il secondo sia una pubblicazione a diffusione nazionale non distribuita, tranne qualche sporadica eccezione, in Romagna; 3) che il primo sia distribuito gratuitamente e l’altro venga venduto nelle edicole; 4) che il primo sia pubblicato in formato tabloid e il secondo abbia fogli delle dimensioni normali per un quotidiano; 5) che le testate dei due periodici siano scritte con caratteri di stampa di tipologia e di colore diversi (nero per il primo, rosso per il secondo); 6) che i due periodici differiscano nel sistema di impaginazione e nelle modalità di composizione della copertina (Trib. Rimini, ordinanza 1 ottobre 1996, G.D. FEDERICO, Cooperativa Editoriale Giornali Associati a r.l. c. Poligrafici Editoriali s.p.a., Aida 1997, Repertorio IV.7.1).

E’ debole una testata (nella specie: Extra) costituita da una parola che non sembra essere dotata di autonoma capacità caratterizzante, né aver assunto una specifica capacità distintiva (Trib. Rimini, ordinanza 1 ottobre 1996, G.D. FEDERICO, Cooperativa Editoriale Giornali Associati a r.l. c. Poligrafici Editoriali s.p.a., Aida 1997, Repertorio IV.7.1).

Poiché per le cause relative ai diritti di obbligazione derivanti da fatti illeciti è competente a conoscere della domanda, ex art. 20 c.p.c., il giudice del luogo in cui si è verificato l’evento dannoso, ancorché non coincidente con quello in cui è stato posto in essere il comportamento antigiuridico, un’azione in materia di imitazione di una testata può venire radicata in ciascuno dei fori compresi nell’area di diffusione della testata che si pretende imitata (Trib. Rimini, ordinanza 1 ottobre 1996, G.D. FEDERICO, Cooperativa Editoriale Giornali Associati a r.l. c. Poligrafici Editoriali s.p.a., Aida 1997, Repertorio IV.7.1).

Non costituisce concorrenza sleale ex art. 2598 nn. 1 e 3 c.c. la registrazione di una testata preusata da altri: quando la testata sia debole e descrittiva del carattere di city magazine proprio del periodico, e la registrazione sia avvenuta non in mala fede ed in un’ipotesi in cui i due editori avevano elaborato pressoché coevamente due diversi progetti entrambi di city magazine (Lodo arbitrale, 23 marzo 1992, Aida 1993, 145/6).

La pubblicizzazione della testata di un periodico attuata attraverso la diffusione di un modello avente tutte le caratteristiche del prodotto finale presso la clientela acquirente gli spazi pubblicitari, e presso le agenzie di pubblicità, operatori delle intermediazioni pubblicitarie, assume i connotati del preuso quando le attività prodromiche abbiano sbocco, in un ragionevole intervallo di tempo, sul mercato del consumo: e fonda un diritto del preutente all’utilizzazione esclusiva del segno nell’ambito del preuso anche contro l’editore che abbia successivamente registrato la medesima testata come marchio (Lodo arbitrale, 23 marzo 1992, Aida 1993, 145/5).

Quando si abbia riguardo alla funzione che il titolo riveste con particolare riferimento alle pubblicazioni periodiche intese quali prodotti industriali di serie non si può negare la sua natura sostanziale di segno distintivo, volto ad individuare la fonte e l’origine del prodotto nell’editore ‑imprenditore e a garantire uniformità formale e sostanziale del prodotto, che pur mantenendo alcune caratteristiche costanti nel tempo (titoli, rubriche, caratteri di stampa, formato), di volta in volta necessariamente muta i propri contenuti o si moltiplica a seconda delle esigenze del target cui è destinato (Lodo arbitrale, 23 marzo 1992, Aida 1993, 145/3).

 

7.2 sfera di applicazione della legge

7.3 diritto internazionale privato

In base all’art. 62 l. dip gli atti di concorrenza sleale per uso di domain name realizzati via Internet contro una società avente sede in Italia sono regolati dalla legge italiana (Trib. Crema, ordinanza 24 luglio 2000, Aida 2001, 775/1).

L’art. 56 l.m. fonda una giurisdizione esclusiva del giudice italiano, con una regola che non è abrogata né dall’art. 16.4 della convenzione di Bruxelles né per effetto dell’abrogazione dell’art. 4.2 c.p.c. prevista dall’art. 73 della legge 218/95 (nella specie il titolare del marchio registrato in Italia aveva esercitato in via cautelare un’inibitoria dell’uso di questo marchio in un domain name registrato negli USA e relativo ad un sito USA) (Trib. Roma, ordinanza 9 marzo 2000, Aida 2000, 723/1).

L’art. 56 l.m., coordinato con la legge 218/1995 e con la convenzione di Bruxelles, fonda la giurisdizione del giudice italiano a conoscere delle azioni di contraffazione di un marchio italiano allorché in Italia si sia consumato “l’evento dannoso” per il titolare del marchio e cioè si siano verificati i “fatti che si assumono lesivi del diritto di marchio” ex art. 57 l.m. (Trib. Roma, ordinanza 1 febbraio 2000, Aida 2000, 716/3).

L’art. 16 n.4 della convenzione di Bruxelles non fonda la giurisdizione esclusiva dei giudici italiani a conoscere delle azioni di contraffazione di un marchio italiano (Trib. Roma, ordinanza 1 febbraio 2000, Aida 2000, 716/2).

Le regole degli artt. 669ter co.3 c.p.c. e 10 legge 218/1995 che attribuiscono al giudice italiano giurisdizione in materia cautelare ove il provvedimento cautelare debba essere eseguito in Italia non fondano la giurisdizione italiana a pronunciare ex art. 700 un’inibitoria dell’uso di un domain name registrato dalla naming authority statunitense e relativo ad un sito gestito da server statunitensi: posto che quest’inibitoria non costituisce un provvedimento da eseguirsi in Italia (Trib. Roma, ordinanza 1 febbraio 2000, Aida 2000, 716/1).

7.4 trattamento dello straniero

7.5 convenzioni internazionali

In un settore al quale si applica l’accordo TRIPs e nel quale la Comunità ha già legiferato le autorità giudiziarie degli stati membri sono tenute, ai sensi del diritto comunitario, quando sono chiamate ad applicare le loro norme nazionali per disporre misure provvisorie a tutela dei diritti rientranti in tale settore, a farlo nel limite del possibile alla luce del testo delle finalità dell’art. 50 dell’accordo TRIPs: mentre in un settore nel quale la Comunità non ha ancora legiferato e che pertanto rientra nella competenza degli stati membri, la tutela dei diritti di proprietà intellettuale e le misure adottate a tal fine dalle autorità giudiziarie non ricadono sotto il diritto comunitario, e questo pertanto non impone né esclude che l’ordinamento giuridico di uno stato membro riconosca ai singoli il diritto di invocare direttamente l’art. 50.6 dell’accordo TRIPs o prescriva al giudice l’obbligo di applicarlo d’ufficio (Corte di Giustizia CE, 14  dicembre 2000, in cause riunite C 300/98 e C 392/98, Aida 2002,  814/2).

La competenza della Corte Ce ad interpretare ex art. 177 Ce l’art. 50 dell’accordo TRIPs non è limitata alle sole situazioni che rientrano nel diritto dei marchi ma è estesa a tutte quelle che rientrano nel campo di applicazione dell’art. 50 siano esse disciplinate dal solo diritto nazionale o da quello comunitario (cittadini (Corte di Giustizia CE, 14  di-cembre 2000, in cause riunite C 300/98 e C 392/98, Aida 2002, 814/1).

 

7.6 diritto comunitario

L’art. 5 n. 1 lett.b) della direttiva 89/104/Ce sui marchi deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio registrato non è legittimato a far vietare l’uso da parte di un terzo, in una pubblicità comparativa, di un segno simile a tale marchio per prodotti e servizi identici o simili a quelli per cui esso è stato registrato, quando tale uso non da adito ad un rischio di confusione per il pubblico (Corte CE 12 giugno 2008, in causa C-533/06, Aida 2009, 1254/1).

L’avvio, previo consenso del titolare di un diritto di proprietà intellettuale (nella specie: un marchio) e dell’importatore (nella specie: un agente in dogana), della procedura semplificata ex art. 11 del regolamento 1383/2003/Ce sul controllo doganale delle contraffazioni, non priva le autorità nazionali competenti del potere di infliggere ai responsabili dell’importazione nel territorio doganale europeo una sanzione ex art. 18 del regolamento, come un’ammenda (Corte Ce 12 febbraio 2009, in causa C-93/08, Pres. C.W.A. Timmermans, Est. C. Toader, Schenker SIA c. Valsts ienemumu dienests, Aida 2009, Repertorio IV.7.6).

In un settore al quale si applica l’accordo TRIPs e nel quale la Comunità ha già legiferato le autorità giudiziarie degli stati membri sono tenute, ai sensi del diritto comunitario, quando sono chiamate ad applicare le loro norme nazionali per disporre misure provvisorie a tutela dei diritti rientranti in tale settore, a farlo nel limite del possibile alla luce del testo delle finalità dell’art. 50 dell’accordo TRIPs: mentre in un settore nel quale la Comunità non ha ancora legiferato e che pertanto rientra nella competenza degli stati membri, la tutela dei diritti di proprietà intellettuale e le misure adottate a tal fine dalle autorità giudiziarie non ricadono sotto il diritto comunitario, e questo pertanto non impone né esclude che l’ordinamento giuridico di uno stato membro riconosca ai singoli il diritto di invocare direttamente l’art. 50.6 dell’accordo TRIPs o prescriva al giudice l’obbligo di applicarlo d’ufficio (Corte di Giustizia CE, 14  dicembre 2000, in cause riunite C 300/98 e C 392/98, Aida 2002, 814/2).

7.6.1 della libera circolazione di merci e servizi

La tutela conferita dal diritto d’autore (nella specie: su un marchio grafico e sulla forma dei prodotti marcati) per quanto riguarda la riproduzione delle opere tutelate nel materiale pubblicitario di un rivenditore non può essere più ampia di quella conferita nelle medesime circostanze al titolare del marchio (Corte di giustizia CE 4 novembre 1997, in causa C‑337/95, Aida 1998, 504/5).

Il diritto del titolare di un marchio e di un diritto d’autore (nella specie: relativo ad un marchio grafico ed alla forma dei prodotti marcati) di utilizzare i relativi diritti esclusivi per inibire ad un rivenditore la pubblicità dei relativi prodotti di marca connessa all’ulteriore conimercializzazione di detti prodotti può costituire una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa ex art. 30 del Trattato Cee (Corte di giustizia CE 4 novembre 1997, in causa C‑337/95, Aida 1998, 504/3).

Il titolare di un marchio non può inibire, in forza dell’art. 7 n. 2 della direttiva 89/104, a un rivenditore, che smercia abitualmente articoli della medesima natura ma non necessariamente della medesima qualità dei prodotti contrassegnati con il marchio, l’uso del marchio stesso, conformernente alle modalità correnti nel suo settore di attività al fine di promuovere l’ulteriore commercializzazione di quei prodotti, a meno che non venga dimostrato, alla luce delle circostanze di ciascun caso di specie, che l’uso del marchio a tal fine nuoce gravemente al prestigio del marchio stesso (Corte di giustizia CE 4 novembre 1997, in causa C‑337/95, Aida 1998, 504/2).

Gli artt. 5 e 7 della direttiva 89/104 devono essere interpretati nel senso che, qualora vengano immessi sul mercato comunitario prodotti contrassegnati con un marchio dal titolare stesso del marchio o con il suo consenso, il rivenditore ha, oltre alla facoltà di mettere in vendita tali prodotti, anche quella di usare il marchio per promuovere l’ulteriore commerci alizzazione dei prodotti stessi (Corte di giustizia CE 4 novembre 1997, in causa C‑337/95, Aida 1998, 504/1).

 

 

7.7 esaurimento internazionale