6. Contratti. Merchandising

Il consenso alla pubblicazione di un ritratto fotografico può essere soggetto a limitazioni soggettive ed oggettive, così che il fatto che sia stato espresso dalla persona ritratta per la pubblicazione di un calendario non autorizza i terzi a riutilizzare l’immagine per produrre magliette (Trib. Bologna, Sezione IP, 14 dicembre 2011, Aida 2015, 1660/1).

L’uso non autorizzato dell’immagine di una persona non nota è illecito ex artt. 10 e 2043 c.c. ed obbliga al risarcimento del danno patrimoniale, che corrisponde al presumibile prezzo del consenso e va determinato in via equitativa, avuto riguardo al vantaggio economico presumibilmente conseguito dell’autore dell’illecito in relazione alla diffusione della pubblicazione, alle finalità perseguite e ad ogni altra circostanza congruente con lo scopo della liquidazione, e del danno non patrimoniale da determinarsi equitativamente, tenendo conto nella specie che l’immagine era già stata pubblicata su un calendario di un esercizio commerciale nella stessa zona e che il nuovo utilizzo è avvenuto previa modifica dell’immagine originale (Trib. Bologna, Sezione IP, 14 dicembre 2011, Aida 2015, 1660/2).

Gli enti organizzatori di eventi sportivi che acquisiscono il diritto di riproduzione delle immagini degli atleti in virtù del consenso prestato (anche implicitamente) dagli atleti stessi ben possono disporre di questi diritti attraverso la cessione a terzi (Trib. Milano, 9 febbraio 2015, Aida 2015, 1703/2).

Ex artt. 110 l.a. e 2581 c.c. per la prova di un patto fra le parti avente ad oggetto la cessione dei diritti d’immagine è necessaria la forma scritta ad probationem, che manca quando la società non esibisca alcun accordo scritto e l’artista non confermi di aver sottoscritto un atto di cessione (Trib. Milano, Sez. lavoro, 27 marzo 2014, Aida 2015, II.54/1).

Il consenso all’utilizzazione del proprio ritratto in un servizio fotografico, nella consapevolezza della sua destinazione alla pubblicazione ed in pose che rendano facilmente prevedibili finalità pubblicitarie di particolari prodotti (nella specie, prodotti per capelli) fa presumere il consenso alla diffusione del ritratto in relazione ad attività di comunicazione commerciale relative ai prodotti medesimi (Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 9 luglio 2008, G.I. Contini, Vittoria Belvedere c. Farmen International Cosmetics Distribution s.p.a., Aida 2009, Repertorio III.6).

L’acquisto dei diritti di utilizzazione di un servizio fotografico dal fotografo dante causa non può ritenersi comprensivo dell’acquisto del consenso all’utilizzazione dell’immagine della persona ritratta dal servizio, che deve essere prestato personalmente dalla persona ritratta e che comunque è revocabile da quest’ultima (Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 9 luglio 2008, G.I. Contini, Vittoria Belvedere c. Farmen International Cosmetics Distribution s.p.a., Aida 2009, Repertorio III.6).

In assenza di elementi che lascino ipotizzare una tolleranza del ritrattato alla diffusione del proprio ritratto è ammissibile un ordine di inibitoria cautelare di questa diffusione che pur risulti in atto da lungo tempo (nella specie, dall’inizio degli anni ’90) (Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 9 luglio 2008, G.I. Contini, Vittoria Belvedere c. Farmen International Cosmetics Distribution s.p.a., Aida 2009, Repertorio III.6).

Vertendosi in tema di diritto proprio della persona, il consenso della persona fotografata all’utilizzazione della fotografia è valido esclusivamente a favore del soggetto o dei soggetti per i quali fu prestato e la sua efficacia è illimitata dai fini ed eventualmente dalle modalità di divulgazione per i quali è stato dato (Trib. Roma, Sezione IP, 18 agosto 2008, Pres. Marvasi, Est. Costa, Luca Dotti, Sean Ferrer c. Archivio Immagini Cinema, Immagine dello spattacolo Coop. a. r.l., Marco Capitelli, Aida 2009, Repertorio III.6).

La legge non prevede forme particolari per la manifestazione del consenso all’utilizzo del proprio ritratto. Questo può essere espresso o tacito. E può contenere limiti in relazione ai soggetti in favore dei quali è prestato o alle modalità di divulgazione. L’accertamento dei limiti oggettivi e soggettivi del consenso prestato costituisce tema del giudizio di merito incensurabile in sede di legittimità (Cass. 1 settembre 2008 n. 21995, Aida 2009, 1264/1).

Il consenso alla pubblicazione alla propria immagine costituisce un negozio unilaterale che ha ad oggetto non il diritto personalissimo ed inalienabile all’immagine ma soltanto il suo esercizio. Sebbene possa essere occasionalmente inserito in un contratto il consenso alla pubblicazione della propria immagine ne resta tuttavia distinto ed autonomo. Esso è revocabile in ogni tempo, anche in difformità di quanto pattuito contrattualmente, salvo in questo caso il diritto dell’altra parte al risarcimento del danno. Ma se non vi sia stata una revoca tempestiva anteriore all’utilizzazione dell’immagine, il consenso precedentemente prestato resta efficace e legittima l’uso che di essa sia fatto in conformità alle previsioni contrattuali (Cass. 19 novembre 2008 n. 27506, Aida 2009, 1265/1).

Non può essere escluso che informazioni relative ad utenti di telefonia siano inserite lecitamente nelle banche dati proprie degli operatori che forniscono servizi di marketing, provenendo da altre modalità di raccolta dati ovvero da una relazione di clientela preesistente, purché sia assicurata la previa acquisizione di un consenso informato dell’interessato al trattamento; chi alleghi illecite attività di trattamento dati ha perciò l’onere di provare l’assenza di un consenso scritto a questo trattamento (Trib. Roma, ordinanza 28 dicembre 2006, Aida 2008, 1212/9).

Il consenso all’utilizzazione pubblicitaria della propria immagine ex art. 96 l.a. può essere anche tacito, ed è insindacabile in cassazione il giudizio di merito sulla presenza del consenso effettuato sulla base di una ricostruzione dei fatti altamente plausibile (Cass. Sez. I, 16 maggio 2006 n. 11491, Pres. Luccioli, Est. Nappi, Daniela Falcone  c. Henkel s.p.a., Aida 2007, Repertorio III.6).

E’ insindacabile in cassazione l’accertamento del giudice di merito secondo cui la clausola di un contratto tra una nota soubrette ed una impresa di produzione di scarpe che consenta alla seconda l’uso come marchio del nome d’arte della prima (nella specie: Sabrina) privo di capacità distintiva e preveda compensi dalla seconda alla prima deve essere interpretata nel senso che il diritto a compenso sia contrattualmente dovuto solo a fronte di prestazioni della show girls “in una qualsiasi forma di spettacolo” idonea a rendere evidente che quest’ultima prediligeva le scarpe della sua licenziataria (Cass. 3 giugno 2006 n. 13674, Aida 2007, 1138/1).

Il contraente che agisca per l’adempimento di un’obbligazione contrattuale (nella specie di pagamento di compenso per l’autorizzazione all’uso del nome d’arte di una show girl) ha l’onere di provare la fonte negoziale del suo diritto ed il relativo termine di scadenza e di allegare la circostanza dell’inadempimento della controparte: mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere di provare il proprio adempimento e così il fatto estintivo della pretesa dell’attore (Cass. 3 giugno 2006 n. 13674, Aida 2007, 1138/2).

Quando è convenuto per l’adempimento di un contratto (nella specie relativo al nome di una show girl) il debitore che si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. può limitarsi ad allegare l’inadempimento dell’attore, ed in questo caso il creditore agente avrà l’onere di dimostrare il proprio adempimento ovvero la non ancora intervenuta scadenza della propria obbligazione (Cass. 3 giugno 2006 n. 13674, Aida 2007, 1138/3).

Il consenso all’utilizzazione della propria immagine prestato dalla persona ritratta deve ritenersi limitato al tempo, allo spazio ed alle finalità per le quali è stato prestato, ed è revocabile (Trib. Bari, ordinanza 13 giugno 2006, Aida 2007, 1166/2).

In caso di revoca del consenso della persona ritratta all’utilizzazione della sua immagine su un sito, l’host provider deve rimuoverla immediatamente ex artt. 16 e 17 dlgs 70/2003: anche quando non abbia ricevuto dal titolare del sito risposta alle proprie domande di istruzioni (Trib. Bari, ordinanza 13 giugno 2006, Aida 2007, 1166/3).

Nelle relazioni tra i soggetti che svolgono professionalmente le attività di modella e fotografo altro è l’autorizzazione all’esecuzione di un servizio fotografico ed altro l’autorizzazione al suo utilizzo e sfruttamento commerciale, comportante i due fatti compensi di ordine decisamente diverso ed evidenti limitazioni temporali alla prestazione di attività analoghe da parte della medesima modella: onde dall’autorizzazione alla prima non è inferibile il consenso alla seconda delle attività ora dette (Trib. Milano, 28 aprile 2007, Giud. Bonaretti, Elisa Alloro c. Ixo Publishing Iberica s.l., Moda e Servizi s.r.l., Aida 2007, Repertorio III.6).

Il consenso alla pubblicazione su una rivista straniera del ritratto di un noto calciatore non si estende alla pubblicazione in Italia del servizio fotografico (Trib. Milano, 17 novembre 2005, Aida 2006, 1105/4).

Quando il consenso al proprio ritratto sia stata prestato esclusivamente in una data occasione per un determinato fine (nella specie: la documentazione pubblicitaria di un evento cui la ragazza ritratta partecipava) la fotografia non può essere riutilizzata ad altro fine otto anni dopo senza il consenso della persona ritratta (Trib. Milano, 2 dicembre 2005, Giud. Tarantola, Giorgia Fraccapani c. Poligrafici Editoriale s.p.a., Fotogramma s.r.l., Aida 2006, Repertorio III.6).

La sottoposizione spontanea ad un servizio fotografico al di fuori di una specifica commissione implica in generale un consenso tacito alla diffusione della propria immagine, e ciò in particolare per l’agenzia fotografica, che diversamente dal comune fotografo, se non ha ricevuto alcun compenso dalla persona fotografata ha lo scopo primario di ricavare il proprio profitto dalla divulgazione della foto (Trib. Roma, 24 gennaio 2002, Giud Rizzo, Gabriella Califana  c. Rusconi Editore s.p.a., Paolo Scarano, Sandro Mayer, Aida 2003, Repertorio III.6).

Il consenso tacito allo sfruttamento della propria immagine deve essere certo ed inequivoco: e dunque deve potersi desumere da un comportamento complessivo e sistematico che necessariamente trascende atti neutri come uscire di casa, recarsi e trattenersi per un certo tempo su una spiaggia pubblica (Trib. Milano, 21 marzo 2002, Aida 2003, 910/2).

L’atto di autorizzazione all’utilizzazione della propria immagine ex art. 10 c.c. non è a forma scritta ab substantiam o ad probationem: e reciprocamente il relativo consenso può essere espresso per fatti concludenti (App. Milano, 4 ottobre 2002, Aida 2003, 926/1).

La negoziazione dei diritti di immagine dei calciatori da parte della loro associazione di categoria configura un’attività di impresa (Cons. stato 17 febbraio 1999 n. 172, Aida 1999, 590/2).

La legittimazione di una società a dare in licenza il diritto all’immagine di un cantante è provata dall’affermazione del licenziante di essere legittimato a disporre del diritto licenziato, suffragata dalla firma dell’artista in calce al contratto di licenza (Trib. Modena, ordinanza 11 agosto 1998, Aida 1999, 612/2).

L’imprenditore che abbia ricevuto una licenza del diritto all’immagine di un complesso limitata allo sfruttamento di un materiale fotografico specificato in contratto non è legittimato a chiedere (nella specie in via cautelare) l’inibitoria dello sfruttamento di altre immagini del medesimo complesso da parte di un concorrente (Trib. Modena, ordinanza 11 agosto 1998, Aida 1999, 612/1).

Il contratto di cessione dei diritti di utilizzazione sportiva di un giocatore di pallacanestro non può essere risolto ex artt. 1492 c.c. ed 1 e 17 del regolamento esecutivo della FIP (approvato dal Coni in virtù dei poteri normativi e regolamentari conferitigli con legge 426/42) per dolo omissivo del cedente, che non ha comunicato al cessionario che lo sportivo aveva condizioni fisiche non perfette a motivo di postumi di un intervento chirurgico al menisco, quando il cessionario ha fruito delle prestazioni del giocatore anche nel periodo immediatamente successivo all’accertamento di questi postumi, ed ha tenuto con ciò un comportamento incompatibile con la volontà e le finalità di provocare l’immediato scioglimento del vincolo (Cass. 4 aprile 1998 n. 3500, Aida 1999, 581/1).

La pubblicazione di un fotografia che ritrae un’attrice senza veli nel corso di uno spettacolo in un locale aperto al pubblico integra una lesione del suo diritto all’immagine soltanto quando essa provi l’esistenza di un accordo per escludere questa pubblicazione, che diversamente deve ritenersi autorizzata in modo tacito a seguito del consenso allo spettacolo ed alla realizzazione delle fotografie (Trib. Firenze, 16 marzo 1998, Pres. PAVONE, Est. ROCCHI, Beauvogui Mato Delphine c. Rivista Musica Inn, Aida 2000, Repertorio III.6).

Nella cessione di ritratti fotografici dall’autore della fotografia ad una rivista (od al suo editore che agisca nella specifica qualità), il consenso della persona ritratta alla diffusione dell’immagine costituisce ex art. 1497 c.c. qualità essenziale della cosa, in riferimento all’uso cui è destinata (Cass. 10 giugno 1997 n. 5175, Aida 1998, 507/4).

L’accertamento dei limiti oggettivi e soggettivi del consenso prestato alla diffusione del proprio ritratto costituisce giudizio di merito incensurabile in sede di legittimità (Cass. 10 giugno 1997 n. 5175, Aida 1998, 507/3).

La sottoposizione spontanea all’esecuzione di un servizio fotografico presso un’agenzia fotografica fa presumere il consenso tacito alla diffusione del proprio ritratto (Cass. 10 giugno 1997 n. 5175, Aida 1998, 507/2).

L’autore della fotografia di una persona che ne ceda i diritti asserendo il consenso della persona ritratta alla pubblicazione ha l’onere di provare direttamente questo consenso (Trib. Milano, 28 novembre 1996, Aida 1997, 481/4).

L’agenzia di stampa fotografica che sia terzo subacquirente dei diritti relativi ad una fotografia di una persona e li ceda ad un editore garantendo l’esistenza del consenso del ritrattato alla sua pubblicazione, senza aver verificato presso il proprio dante causa l’avvenuta concessione del consenso e senza essere anche per questo in grado di provarlo, risponde dei danni che l’editore debba pagare alla persona ritratta per violazione del suo diritto all’ìmmagine (Trib. Milano, 28 novembre 1996, Aida 1997, 481/3).

Il consenso del soggetto ritratto alla pubblicazione della sua immagine può essere anche implicito, purché inequivocabilmente interpretabile in tal senso (Trib. Milano, 28 novembre 1996, Aida 1997, 481/2).

Il consenso a farsi ritrarre non è di per sé sufficiente a far presumere un’implicita autorizzazione alla pubblicazione del ritratto (Trib. Milano, 28 novembre 1996, Aida 1997, 481/1),

Se è vero che la legge 287/90 attribuisce alla Corte d’appello la competenza anche cautelare in ordine alle violazioni della normativa antitrust, tuttavia il giudice delegato dal presidente del tribunale a conoscere un ricorso cautelare con cui un editore di figurine assume di aver acquisito i diritti all’immagine di calciatori e chiede l’inibitoria del loro uso non autorizzato da parte del convenuto può conoscere incidenter tantum la questione se i contratti di acquisto dell’editore siano dunque nulli: e ciò al limitato scopo di verificare la fondatezza del diritto che l’attore intende proteggere con l’azione cautelare (Trib. Modena, ordinanza 30 aprile 1996, Aida 1997, 461/1).

Il consenso ex art. 96 l.a. all’utilizzazione dell’immagine può essere anche tacito. La valutazione della volontà della persona ritratta deve tuttavia essere condotta con la necessaria prudenza. Ed il suo consenso può essere escluso quando, pur essendosi prestata alla realizzazione di una serie di fotografie da parte di un fotografo professionista, la persona ritratta si sia riservata di dare il suo consenso alla pubblicazione con accordi successivi, in un incontro ulteriore, mediante la firma di una «liberatoria, come di consueto » (Trib. Roma, ordinanza 2 novembre 1994, Aida 1995, 334/2).

Il diritto allo pseudonimo è oggetto di un valido atto di disposizione per effetto del contratto con cui i membri di un complesso musicale si impegnano nei confronti di un produttore fonografico ad eseguire un certo numero di incisioni, ed inoltre prevedono che in caso di fuoriuscita di alcuni membri dal gruppo il nome del complesso rimanga acquisíto ai componenti superstiti; questo negozio dispositivo dello pseudonimo ha tuttavia efficacia limitata al periodo di durata del contratto stipulato fra il complesso musicale e la casa discografica (Trib. Velletri, ordinanza 29 settembre 1994, Aida 1996, 378/4).

Il diritto allo pseudonimo (nella specie rappresentato dal nome di un complesso musicale) è disponibile da parte del titolare (Trib. Velletri, ordinanza 29 settembre 1994, Aida 1996, 378/3).

L’utilizzazione separata dell’immagine di un componente (nella specie: Zenga) della squadra nazionale di calcio da parte di un’impresa non è autorizzata dal contratto che questa abbia concluso con la Federazione gioco calcio, che la qualifichi come fornitore ufficiale della federazione e la autorizzi ad utilizzare l’immagine ufficiale collettiva delle squadre nazionali di calcio (Trib. Roma, 14 gennaio 1994, Pres. LO TURCO, Est. ATTENNI, Pantrem & C. s.p.a. c. Zenga, No Problem s.r.l., Aida 1995, Repertorio III.6).

L’esistenza di un rapporto di procacciamento d’affari tra una società ed una modella, nel cui ambito la società prenda cura degli interessi della modella, non è sufficiente per affermare ex art. 2729 c.c. l’esistenza di un accordo tra di essi relativo anche alla cessione del diritto di sfruttamento economico dell’immagine della modella (App. Milano, 16 giugno 1992, Aida 1994, 218/2).

Il diritto all’utilizzazione economica dell’immagine fotografica di una modella in caso di ritratto su sua commissione, spetta in primo luogo al soggetto raffigurato nella fotografia, che può consentire contrattualmente ad altri di utilizzare il proprio ritratto entro limiti determinati, ed è l’unico legittimato a dolersi dell’eventuale altrui violazione delle clausole contrattuali relative a tali limiti: mentre il fotografo per parte sua conserva unicamente la proprietà sul materiale fotografico originario ed ha diritto al corrispettivo ed all’eventuale indicazione del suo nome sulla fotografia, ma non può disporre dell’immagine del soggetto ritrattato (App. Milano, 16 giugno 1992, Aida 1994, 218/1).

Ogni persona fisica ha ex art. 10 c.c. lo ius excludendi nei confronti di ogni divulgazione di un proprio ritratto (aspetto negativo del diritto esclusivo). Può consentirvi, ed il consenso si concreta assai spesso in una manifestazione di volontà contrattuale, ove alla obbligazione di pati che sorge in capo al ritrattato fa riscontro un’obbligazione a contenuto patrimoniale in capo alla controparte. Fuori dell’ipotesi di consenso ogni divulgazione dell’immagine altrui rimane vietata, salve le eccezioni previste dall’art. 97 l.a. (Cass. 2 maggio 199 1 n. 4785, Aida 1992, 13/1).

Il consenso all’uso pubblicitario del proprio ritratto concreta normalmente un negozio avente per oggetto un pati in funzione di una controprestazione a carattere patrimoniale. Questo negozio è diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico: salve le ipotesi in cui la pubblicazione lede il decoro o la reputazione, e cioè beni non patrimoniali del tutto indisponibili sicché relativamente ad essi si potrebbe parlare solo di consenso dell’avente diritto sempre revocabile (Cass. 16 aprile 1991 n. 4031, Aida 1992, 12/1).