11. Autodisciplina pubblicitaria

Il Giurì dell’Autodisciplina pubblicitaria, che per la sua natura di «collegio giudicante» (in senso atecnico) cui gli aderenti rimettono un giudizio sulla legittimità dei comunicati pubblicitari difficilmente può configurarsi come soggetto dotato di una sia pur limitata capacità giuridica, è così strettamente connaturato allo IAP che l’offesa arrecatagli da un noto pubblicitario si riverbera immediatamente sulla reputazione e sulla credibilità dell’istituto medesimo, originando un’obbligazione di risarcire allo IAP i danni così cagionati (Trib. Milano, 14 giugno 2001, Aida 2002, 847/1).

La soggezione di un annuncio oggettivamente pubblicitario (nella specie costituito da una scritta della copertina di un periodico) al codice di autodisciplina pubblicitaria non può essere esclusa dal fatto che l’annuncio sia stato eventualmente creato da un giornalista: per le medesime ragioni che assoggetterebbero un messaggio di un giornalista al codice di autodisciplina anche quando esso non fosse una pubblicità nascosta ex art. 7 c.a. (Giurì, 21 dicembre 1999, pronuncia n. 393, Aida 2000, 710/2).

Il messaggio della copertina di un periodico che ne vuole segnalare immediatamente al lettore un particolare contenuto costituisce pubblicità ai sensi delle norme preliminari e generali del codice di autodisciplina pubblicitaria (Giurì, 21 dicembre 1999, pronuncia n. 393, Aida 2000, 710/1).

Il codice deontologico di un’associazione di imprese farmaceutiche, di cui sia assicurata la cogenza attraverso un apparato istruttorio e sanzionatorio, che per un verso vieti lo svolgimento di determinate attività informativo-promozionali permesse dalla legge, e per altro verso amplii la portata dei divieti legislativi, comporta una limitazione della libertà di azione di ciascuna impresa e dunque una riduzione del confronto concorrenziale, in contrasto con l’art. 2 legge 287/1990 (Autorità 7 dicembre 1999 n. 7807, Aida 2000, 737/1).

Il codice deontologico di un’associazione di imprese farmaceutiche, di cui sia assicurata la cogenza attraverso un apparato istruttorio e sanzionatorio, che per un verso vieti lo svolgimento di determinate attività informativo-promozionali permesse dalla legge, e per altro verso amplii la portata dei divieti legislativi, comporta una limitazione della libertà di azione di ciascuna impresa e dunque una riduzione del confronto concorrenziale, in contrasto con l’art. 2 legge 287/1990 (Autorità 7 dicembre 1999 n. 7807, Aida 2000, 737/1).

Chi alleghi la natura pubblicitaria di un articolo che si presenta come un « pezzo » di informazione giornalistica ha l’onere di provare tale allegazione (Giurì 16 giugno 1995, pronuncia 101/95, Pres. LIVOLSI, Est. UBERTAZZI, Comitato di controllo c. Rovagnati s.p.a., Sogedit s.p.a., S.P.E., Aida 1995, Repertorio V.11).

Formulata dalla parte istante la domanda di ingannevolezza con riferimento al marchio e al suo uso pubblicitario genericamente considerato, il Giuri non ha il potere di modificare autoritativamente il petitum e di considerare la domanda come proposta con riferimento agli specifici comunicati prodotti (Giuri 2 maggio 1995, pronuncia 83‑90/95, Pres. FALABRINO, Est. SPADA, Principe S. Daniele s.p.a. c. Parmacotto s.p.a., RAI ‑Radiotelevisione Italiana s.p.a. , Aida 1995, Repertorio V.11).

Non appartiene alla cognizione del Giuri dichiarare la decettività di un marchio ‑valutazione che è di competenza dell’autorità giudiziaria, in applicazione delle norme di legge in materia di marchi ‑ né dichiarare la decettività dell’uso pubblicitario del marchio, se non correlato a comunicati che è onere della parte istante indicare (Giurì 2 maggio 1995, pronuncia 83‑90/95, Pres. FALABRINO, Est. SPADA, Principe S. Daniele s.p.a. c. Parmacotto s.p.a., RAI ‑ Radiotelevisione Italiana s.p.a., Aida 1995, Repertorio V.11).

Il vaglio di conformità ai precetti del c.a. deve ritenersi consentito solo con riferimento a comunicati pubblicitari dati, e non già con riferimento all’attività pubblicitaria o alla comunicazione d’impresa genericamente considerate (Giuri 2 maggio 1995, pronuncia 83‑90/95, Pres. FALABRINO, Est. SPADA, Principe S. Daniele s.p.a. c. Parmacotto s.p.a., RAI ‑ Radiotelevisione Italiana s.p.a., Aida 1995, Repertorio V.11).

La linea di confine tra informazione giornalistica e pubblicità, e dunque tra irrilevanza e rilevanza autodisciplinare deve esser tracciata tenendo conto dell’esistenza o non di un autonomo interesse giornalistico alla segnalazione del bene o del servizio e della insussistenza o non di un rapporto di commissione tra produttore del bene o del servizio segnalato e mezzo: e posto che tra autonomo interesse giornalistico e rapporto di commissione corra una relazione di proporzionalità inversa, l’uno e l’altro elemento possono essere accertati anche avvalendosi di presunzioni, purché gravi, precise e concordanti (Giurì, 17 dicembre 1993, pronuncia n. 208/93, Aida 1994, 260/1).

L’illecito autodisciplinare è illecito oggettivo, che resta tale nonostante l’eventuale buona fede di chi lo compie (Giuri, 19 novembre 1993, pronuncia n. 186/93, Aida 1994, 254/3).

Per la protezione ex art. 13 c.a. è sufficiente l’ideazione pubblicitaria, la sua diffusione sui mezzi indicati dallo IAP, ed il suo deposito presso la segreteria dello IAP: ma non è invece necessaria anche la pubblicità/notizia del deposito sul notiziario IAP (Giuri, 19 novembre 1993, pronuncia n. 186/93, Aida 1994, 254/2).

Agli effetti del codice di autodisciplina il termine pubblicità comprende ogni comunicazione, anche istituzionale, diretta a promuovere la vendita di beni o servizi, quali che siano i mezzi utilizzati. La comunicazione può riferirsi ai prodotti o ai servizi non solo trattandone, ma anche semplicemente ricordandone l’esistenza al pubblico. L’importante è che essa abbia una funzione promozionale dell’impresa che ne attua la diffusione (Giurì, 26 ottobre 1993, pronuncia n. 161/93, Aida 1994, 249/2).

 

11.1 natura giuridica

Posto che dalle norme del codice di autodisciplina della comunicazione commerciale e da quelle del regolamento sui tempi tecnici di attuazione delle decisioni autodisciplinari si evince l’esigenza di celerità nella cessazione della pubblicità contraria alle norme del codice, non è conforme a buona fede un’interpretazione di detto regolamento che consenta di immettere sul mercato confezioni di prodotto recanti il messaggio inibito dal Giurì fino alla scadenza del termine massimo ivi previsto (Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 20 aprile 2011, G.D. Orlando, L’Oreal Italia s.p.a. c. Beiersdorf s.p.a., Aida 2012, Repertorio IV.11.1).

Non costituisce motivo legittimo di opposizione al trattamento di dati personali consistente nella pubblicazione per estratto delle decisioni del Giurì, prevista dall’art. 40 c.a., il pregiudizio economico e all’immagine allegato dall’impresa interessata: e ciò anche perché alle regole contenute nel codice di autodisciplina è stata riconosciuta la natura di principi della correttezza professionale, cui far riferimento anche ai fini di una valutazione dei comportamenti degli imprenditori ex art. 2598 c.c. (Garante dati personali 26 ottobre 2006, Aida 2007, 1188/2).

Non esiste conflitto fra le decisioni emesse, in relazione ad una stessa fattispecie, rispettivamente dall’autorità giudiziaria, dall’autorità garante della concorrenza e del mercato e dal giurì dell’autodisciplina: stante la diversa natura di tali organi, e la diversa portata degli interessi che nelle rispettive sedi vengono tutelati (App. Milano, 2 febbraio 2001, Aida 2001, 806/3).

Le regole del codice di autodisciplina pubblicitaria sono rilevanti ai fini dell’individuazione del contenuto dei principi della correttezza professionale, la cui violazione integra la concorrenza sleale ex art. 2598 n. 3 c.c., e ciò anche se l’autore del comportamento oggetto di valutazione non abbia accettato il codice di autodisciplina (App. Milano, 2 febbraio 2001, Aida 2001, 806/1).

Le decisioni del Giurì sono vincolanti per tutti i soggetti che hanno preso parte al procedimento autodisciplinare e non sono sindacabili dall’autorità giudiziaria né dai soggetti che hanno elaborato il codice di autodisciplina e che hanno conferito al Giurì il potere di interpretarlo con decisione definitiva: con la conseguenza che delle pronunce rese tra le parti non può essere ritenuto responsabile l’Istituto per l’autodisciplina pubblicitaria (Trib. Roma, 30 gennaio 2001, Aida 2001, 803/1).

Senza verificare se il codice di autodisciplina pubblicitaria costituisca un ordinamento giuridico frutto della libertà di autonormazione riconosciuta dall’ordinamento statale, ed anche ammesso che contenga solo regole meramente deontologiche, in ogni caso le sue regole (nella specie: l’art. 13 c.a.), quali espressione dell’etica professionale e commerciale, costituiscono parametri di valutazione della correttezza professionale ex art. 2598 n.3 c.c. (Cass. 15 febbraio 1999 n. 1259, Aida 1999, 586/2).

Attraverso la previsione dell’art. 2598 n. 3 c.c. si verifica una interferenza fra i due “ordinamenti” statale e autodisciplinare, che consente di qualificare come sleale il comportamento dell’impresa aderente all’autodisciplina che non si uniformi ad un provvedimento di inibitoria emesso dal Giurì (Trib. Torino, ordinanza 9 dicembre 1998, Aida 1999, 627/2).

Poiché l’imprenditore mediamente corretto e leale osserva non solo le regole sostanziali del codice di autodisciplina, ma anche le decisioni dell’organo cui ha conferito il potere di dirimere le controversie circa la loro osservanza, l’emanazione della decisione di accertamento e di inibitoria del Giurì permette di per sé sola di qualificare la successiva protrazione del messaggio pubblicitario come atto di concorrenza sleale non conforme ai principi della correttezza professionale (Trib. Torino, ordinanza 30 ottobre 1998, Aida 1999, 621/3).

La prevalente adesione delle grandi imprese al sistema di autodisciplina pubblicitaria consente di sussumere le relative regole nell’ordinamento statale attraverso la norma di richiamo dell’art. 2598 n. 3 c.c., quanto meno nei rapporti tra imprese che hanno liberamente aderito a tale sistema (Trib. Torino, ordinanza 30 ottobre 1998, Aida 1999, 621/2).

A fronte di una valutazione di illiceità ex art. 2598 n. 3 c.c. basata sulla semplice esistenza oggettiva di un provvedimento del Giurì di autodisciplina pubblicitaria che ha accertato e inibito un’imitazione pubblicitaria contrastante con l’art. 13 co. 1 c.a., sono irrilevanti le argomentazioni della parte resistente relative al difetto di novità e di originalità della rappresentazione pubblicitaria già protetta dal Giurì (Trib. Torino, ordinanza 30 ottobre 1998, Aida 1999, 621/1).

I principi della correttezza professionale ex art. 2598 n.3 includono necessariamente anche il rispetto del codice di autodisciplina pubblicitaria liberamente accettato e in ogni caso notoriamente osservato dalla maggioranza delle imprese operanti sul mercato, e comunque soprattutto delle decisioni assunte dal Giurì in contraddittorio tra le parti (nella specie: con una pronuncia di accertamento ed inibitoria di un’imitazione pubblicitaria illecita ex art. 13 co.1 c.a.) (Trib. Torino, decreto 16 ottobre 1998, Aida 1999, 620/1).

Dichiarato che una pubblicità comparativa non è ingannevole e non costituisce concorrenza sleale nemmeno ex art. 2598 n.2 c.c., il tribunale non può accogliere la domanda proposta dall’inserzionista nei confronti dell’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria di astenersi dal prendere qualsiasi provvedimento che di fatto limiti il suo diritto ad effettuare la pubblicità dichiarata lecita dal tribunale, quando l’inserzionista sia già vincolato da una decisione precedente del Giurì dell’Autodisciplina pubblicitaria, che abbia qualificato la medesima pubblicità come contraria agli artt.14 e 15 c.a. (Trib. Milano, 15 ottobre 1998, Aida 1999, 619/1).

Se è vero che l’ordinamento autodisciplinare è autonomo rispetto a quello statale e che quindi il giudice ordinario non può sindacare le decisioni rese in sede autodisciplinare, è vero anche che l’ordinamento autodisciplinare non può sovvertire il contenuto delle pronunce assunte dal giudice ordinario e passate in giudicato (Trib. Milano, 8 luglio 1998, Aida 1998, 574/1).

L’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, per quanto concretamente abbia acquistato grande autorevolezza per la elevatissima qualificazione professionale dei componenti del Giurì attuale e dei Giurì precedenti, è sempre espressione di un’autonomia negoziale privatistica; la tutela dei consumatori è indubbiamente una finalità nobile di rango primario, ma l’estrinsecazione dell’attività dell’Istituto, la cui rilevanza è pure riconosciuta dal decreto legislativo 25 gennaio 1992 n. 74, è priva di quel riconoscimento pubblico specifico e non generico, tale da attribuire al suo giudizio una valenza di rango superiore, od a sopprimere o a limitare diritti soggettivi dei singoli, tanto più se di rango equivalente, quale quello di iniziativa economica (Pret. Roma, 4 febbraio 1993, Aida 1993, 177/5).

 

11.2 profili soggettivi

La clausola di accettazione del codice di autodisciplina, contenuta nelle condizioni generali di contratto in uso presso le concessionarie di pubblicità, è efficace nei confronti dell’inserzionista se da lui conosciuta o conoscibile secondo l’ordinaria diligenza: e rende lecito il trattamento di dati personali consistente nella pubblicazione per estratto delle decisioni del Giurì, prevista dall’art. 40 c.a. (Garante dati personali 26 ottobre 2006, Aida 2007, 1188/1).

Quando una parte abbia divulgato la propria pubblicità attraverso mezzi aderenti all’autodisciplina pubblicitaria, e abbia svolto le proprie difese nel merito davanti al giurì, si deve presumere che abbia spiegato efficacia nei suoi confronti la clausola di accettazione contenuta nei contratti di inserzione pubblicitaria, la quale non necessita di espressa sottoscrizione (App. Milano, 2 febbraio 2001, Aida 2001, 806/2).

L’inserzionista che non aderisce al sistema pubblicitario è soggetto al codice di autodisciplina ed alla giurisdizione del Giurì limitatamente alla pubblicità diffusa attraverso mezzi che vi aderiscono (Giurì, 11 maggio 1999 pronuncia n. 166, Pres. Est. AUTERI, Plasmon Dietetici Alimentari s.r.l. c. Del Monte Italia s.p.a., Aida 2000, Repertorio V.11.2).

L’impresa leader nel settore delle crociere-vacanze è legittimata ad agire contro una pubblicità di un’impresa di trasporti aerei che la prima ritenga lesiva del proprio interesse alla tutela dell’immagine di sicurezza, affidabilità e piacevolezza del viaggio in nave e della crociera (Giurì, 10 novembre 1998, pronuncia n. 3701, Aida 1999, 622/2).

La conclusione anche verbale di un contratto di inserzione pubblicitaria attribuisce valore vincolante alla clausola di accettazione del codice di autodisciplina pubblicitaria compresa nelle condizioni contrattuali standard, posto che tale patto non richiede una specifica approvazione scritta ex art. 1341 co.2 c.c. (Giurì, 10 novembre 1998, pronuncia n. 3701, Aida 1999, 622/1).

L’utente pubblicitario che ha aderito al sistema autodisciplinare è obbligato a rispettare le regole del codice di autodisciplina anche prima e indipendentemente dall’intervento del Giurì (Giurì, 7 aprile 1998, pronuncia 140/98, Aida 1998, 561/2).

Non può considerarsi vessatoria, e quindi soggetta a specifica approvazione scritta ai sensi dell’art. 1341 co. 2 c.c. la clausola di accettazione del sistema di autodisciplina, il quale non è in sé particolarmente oneroso; né comporta deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria una clausola di arbitrato irrituale, quale è quella che prevede il procedimento davanti al Giurì (Giurì 23 gennaio 1998, pronuncia 2/98, Pres. AUTERI, Est. LANZILLO, Quaker Beverages Italia s.p.a., Armando Testa s.p.a. c. Scaringi s.p.a., Magazine s.r.l., Publitalia ’80 s.p.a., Mediaset s.p.a., Aida 1998, Repertorio V.11.2).

In mancanza di adesione diretta dell’inserzionista all’Istituto di autodisciplina pubblicitaria, per affermare il potere di decisione del Giurì è sufficiente che all’lstituto aderiscano i mezzi di comunicazione attraverso i quali la pubblicità viene diffusa, poiché mediante la stipulazione del contratto di pubblicità l’inserzionista accetta ex art. 1341 co. 1 c.c. anche la clausola che lo assoggetta al sistema dell’autodisciplina (Giurì 23 gennaio 1998, pronuncia 2/98, Pres. AUTERI, Est. LANZILLO, Quaker Beverages Italia s.p.a., Armando Testa s.p.a. c. Scaringi s.p.a., Magazine s.r.l., Publitalia ’80 s.p.a., Mediaset s.p.a., Aida 1998, Repertorio V.11.2).

La regola generale dell’art. 1 c.a. secondo cui la pubblicità deve essere onesta impone di rileggere gli artt. 44‑45 c.a. nel senso che il deposito di un annuncio isolato effettuato in mala fede non è valido ai fini della tutela della creazione pubblicitaria ex art. 44 c.a., e che il deposito di un esemplare della pubblicità svolta all’estero effettuato in malafede non conferisce alcun diritto di priorità ex art. 45 c.a. (Giurì 11 luglio 1997, pronuncia 213/97, Pres. Est. FLORIDIA, Beiersdorf s.p.a. c. L. Manetti H. Roberts & C. s.p.a., Aida 1997, Repertorio V.11.2).

La società italiana di un gruppo multinazionale ha titolo per agire in Italia a difesa degli interessi del gruppo a diffondere la medesima pubblicità in tutti i paesi, compatibilmente con le regole che vigono in ciascun paese (Giurì 11 luglio 1997, pronuncia 213/97, Pres. Est. FLORIDIA, Beiersdorf s.p.a. c. L. Manetti H. Roberts & C. s.p.a., Aida 1997, Repertorio V.11.2).

A differenza di ciò che avviene nell’ordinamento dello stato, in quello autodisciplinare le pronunce dell’organo giudicante hanno effetto non soltanto tra le parti che hanno partecipato al procedimento ma anche nei confronti di soggetti terzi, che sono tenuti ad ottemperarvi in funzione del fatto che gestiscano uno qualsiasi dei media sui quali la pubblicità può essere veicolata e siano contrattualmente tenuti a garantire l’effettività del sistema autodisciplinare (Giurì, 10 ottobre 1995, pronuncia 213/95, Aida 1996, 410/1).

Come l’ordinamento statale, così anche l’autodisciplina non protegge tutti gli autori indipendenti di una medesima ideazione pubblicitaria. Essa regola piuttosto il conflitto tra autori indipendenti attribuendo anch’essa rilievo ad un elemento diverso dalla priorità della prestazione intellettuale a risultato protetto: elemento che nell’art. 13 c.a. è dato dalla priorità della pubblicazione della ideazione della pubblicità nella pubblicìtà; mentre nell’art. 44 c.a. è costituito dalla priorità della pubblicazione dell’annuncio preemption (Giuri, 19 novembre 1993, pronuncia n. 186/93, Aida 1994, 254/1).

Il Giurì puö pronunciarsi sulle campagne pubblicitarie di un’impresa italiana la cui consociata di Lugano avente il compito di gestire i rapporti con i media relativi alle campagne pubblicitarie e promozionali del gruppo abbia sottoscritto una clausola di accettazione con una concessionaria pubblicitaria italiana (nella specie: Benetton) (Giuri, 26 ottobre 1993, pronuncia n. 161/93, Aida 1994, 249/1).

L’inserzionista ed il produttore di un film realizzante un product placement debbono entrambi interloquire di fronte alla contestazione della violazione dell’art. 7 c.a., anche se uno solo di essi sia in ipotesi negozialmente vincolato a rispettare questa regola: onde iniziato il giudizio autodisciplinare contro i soli coproduttori dell’opera cinematografica vincolati al codice di autodisciplina, deve essere disposta l’integrazione del contraddittorio anche nei confronti del coproduttore ad essa non legato per consentirgli comunque di esprimere la propria opinione. (Giurì, 20 aprile 1993, pronuncia n. 62/93, Aida 1993, 185/3).

Gli autori e gli attori di un’opera cinematografica concretante un’ipotesi di product placement non assumono alcun obbligo autodisciplinare, ma al contempo non hanno alcun diritto di opporsi all’attuazione del regolamento autodisciplinare, che può avere conseguenze solo indirette sull’integrità dell’opera cinematografica e sulla sua diffusione, e precisamente conseguenze nel rapporto interno tra produttore vincolato all’autodisciplina e autori ed attori che non lo siano: onde la partecipazione di questi ultimi al giudizio autodisciplinare non è necessaria. (Giurì, 20 aprile 1993, pronuncia n. 62/93, Aida 1993, 185/2).

Il fatto che una campagna pubblicitaria sia decisa e gestita da una holding a favore dell’intero gruppo, nell’esercizio dei poteri di direzione dell’attività del gruppo e in relazione ai suoi fini istituzionali è sufficiente a rendere la holding responsabile del rispetto del codice di autodisciplina da parte della campagna pubblicitaria, insieme alle società del gruppo a nome delle quali è stato concretamente conferito l’incarico all’agenzia pubblicitaria (essenzialmente allo scopo di ripartire i relativi costi) (Giurì, 12 maggio 1992, pronuncia 60/92, Aida 1992, 106/1).

 

11.3 imitazione pubblicitaria

La valutazione della liceità autodisciplinare (nella specie: ex artt. 2, 13 ed 1 c.a.) dello sfruttamento pubblicitario delle immagini di un calciatore deve ponderare l’interesse di quest’ultimo allo sfruttamento della propria immagine e quello della FIGC allo sfruttamento dell’immagine della Nazionale (cui il calciatore appartenga): e non può vietare modalità che siano oggettivamente giustificate dal primo interesse e non determinino rischi di confusione sull’esistenza di rapporti di sponsorizzazione o approfittamenti della notorietà altrui (GIURI’ 8 luglio 2014, Aida 2015, II.63/1).

L’art. 13 co.1 c.a. presuppone la novità ed elementi di originalità della comunicazione pubblicitaria: e l’originalità del messaggio deve attenere al momento comunicativo del messaggio e non ai rapporti contrattuali tra imprese (nella specie è stato escluso che l’originalità necessaria possa consistere nell’esistenza di un rapporto di sponsorizzazione esclusiva della FIGC) (GIURI’ 8 luglio 2014, Aida 2015, II.63/2).

Lo sponsor della nazionale italiana di calcio non è legittimato a far valere ex art. 13 co.2 c.a. lo sfruttamento non dell’immagine propria ma di quella della FIGC e della nazionale (GIURI’ 8 luglio 2014, Aida 2015, II.63/3).

Un gioco di parole avente una propria ed autosufficiente capacità espressiva, ed in particolare la capacità di suscitare un effetto sorpresa che attira su di sé l’attenzione del pubblico può costituire oggetto di protezione autonoma ex art. 13 co.1 c.a. anche quando venga utilizzato dall’imitato e dall’imitatore in due situazioni completamente diverse sia dal punto di vista dell’ambientazione sia dal punto di vista dell’ispirazione concettuale (Giurì, 21 dicembre 1999, pronuncia n. 394, Pres. Est. FLORIDIA, Panaria Industrie Ceramiche s.p.a. c. Autogerma s.p.a., Verba DDB s.r.l., Aida 2000, Repertorio V.11.3).

Una pubblicità può essere protetta dall’imitazione anche in ragione della scelta e dell’utilizzazione congiunta di una pluralità di elementi rappresentativi della realtà produttiva e quelli di per sé privi di originalità, ma ciò non anche quando tutti gli elementi utilizzati siano essenziali per rappresentare la realtà produttiva pubblicizzata (Giurì, 11 maggio 1999 pronuncia n. 166, Pres. Est. AUTERI, Plasmon Dietetici Alimentari s.r.l. c. Del Monte Italia s.p.a., Aida 2000, Repertorio V.11.3).

L’idea pubblicitaria di un’oasi ecologica non può essere protetta nel suo contenuto concettuale-ideologico nella misura in cui consiste nel dire che i prodotti provengono da terreni coltivati con metodi biologici accuratamente controllati dal produttore dei prodotti finiti: e reciprocamente la tutela può ricordare solo i singoli mezzi simbolici ed espressivi con cui tale idea viene tradotta in immagini, in quanto essi non siano meramente descrittivi o comunemente utilizzati nella comunicazione pubblicitaria, ovvero la forma espressiva complessiva della pubblicità risultante dalla scelta di aspetti della realtà produttiva e/o dal trattamento estetico (Giurì, 11 maggio 1999 pronuncia n. 166, Pres. Est. AUTERI, Plasmon Dietetici Alimentari s.r.l. c. Del Monte Italia s.p.a., Aida 2000, Repertorio V.11.3).

Se l’intento ironico o comico di un filmato pubblicitario non esime dal rispetto delle regole del codice di autodisciplina, tuttavia la capacità di una scena comica di ledere le convinzioni legate alla sensibilità individuale o sociale e di violare dunque l’art. 10 c.a. deve tuttavia essere misurata sul metodo e la capacità riconoscibile alla grande maggioranza dei consumatori di non restare ottusamente insensibili alla comicità (Giurì, 26 marzo 1999, pronuncia n. 144, Aida 1999, 636/2).

Quando la struttura narrativa, la situazione rappresentata, l’atteggiamento della protagonista e degli astanti, e fin anche la battuta finale di un filmato pubblicitario siano sostanzialmente identici a quelli di una scena di un film generalmente ritenuta come comica, non vi sono motivi per valutare diversamente il risultato comunicazionale del filmato pubblicitario (Giurì, 26 marzo 1999, pronuncia n. 144, Aida 1999, 636/1).

Quando l’attore abbia chiesto la repressione ex art. 2598 n.3 c.c. di un’imitazione pubblicitaria servile ex art. 13 co.1 c.a. di un’idea promozionale di un quotidiano il giudice deve verificare se sussista una violazione di quest’ultima norma (Cass. 15 febbraio 1999 n. 1259, Aida 1999, 586/4).

La promozione consistente nell’offerta di un prodotto omaggio in aggiunta o in connessione a quello principale (nella specie costituito da un giornale) rientra nella nozione di pubblicità rilevante secondo il codice di autodisciplina pubblicitaria, e la relativa idea può essere protetta ex art. 13 co.1 c.a. (Cass. 15 febbraio 1999 n. 1259, Aida 1999, 586/3).

L’art. 13 co.2 c.a. postula che tra il prodotto e la pubblicità dell’imitato e rispettivamente dell’imitatore vi sia un differenziale di notorietà che dia luogo ad un travaso dal primo al secondo (Giurì, 22 settembre 1998, pronuncia n. 281, Aida 1999, 617/8).

La tolleranza dell’imitazione pubblicitaria altrui può comportare la perdita del diritto all’esclusiva utilizzazione dell’idea pubblicitaria quando ha comportato la generalizzazione dell’idea pubblicitaria oppure quando si è protratta per un tempo tale per cui l’idea è divenuta fattore di avviamento dell’imitatore (Giurì, 22 settembre 1998, pronuncia n. 281, Aida 1999, 617/7).

Se pure si dovesse riferire all’idea pubblicitaria ed al requisito della novità assoluta (e cioè di un’adozione anteriore rispetto a qualsiasi altra adozione della stessa idea e non rispetto all’adozione dell’imitatore) certamente non potrebbe tale requisito della novità sussistere anche in relazione a paesi che non abbiano nulla a che vedere con quello che definisce il confine territoriale dell’autodisciplina italiana (Giurì, 22 settembre 1998, pronuncia n. 281, Aida 1999, 617/6).

E’ tutelabile ex art. 13 co.1 c.a. l’idea pubblicitaria di visualizzare la resistenza della carta da cucina bagnata utilizzandola come un vassoio per trasportare un oggetto posto su di essa (Giurì, 22 settembre 1998, pronuncia n. 281, Aida 1999, 617/5).

L’art. 13 co.1 c.a. non vuole instaurare monopoli del linguaggio e creare difficoltà nella comunicazione che ciascun produttore ha il diritto di compiere per segnalare ai consumatori le caratteristiche di ciò che reclamizza: onde nell’analisi comparativa dei messaggi preordinata all’applicazione del divieto dell’imitazione occorre applicare un criterio largo quanto basta per lasciar passare come irrilevanti gli elementi riconducibili alla galassia dei luoghi comuni immaginifici volti a sottolineare le caratteristiche tipiche del prodotto, e rigoroso quanto necessario per isolare come salienti le sole specificazioni estreme in cui si individualizzi quella generica e non tutelabile matrice ideativa (Giurì, 22 settembre 1998, pronuncia n. 281, Aida 1999, 617/4).

L’art. 13 co.1 c.a. protegge l’idea pubblicitaria nella misura in cui costituisce concettualmente il centro della comunicazione e contribuisce in maniera determinante a fornire il contenuto del messaggio promozionale che si caratterizza in funzione di essa (Giurì, 22 settembre 1998, pronuncia n. 281, Aida 1999, 617/3).

L’imitazione pubblicitaria è vietata dall’art. 13 co.1 c.a. in quanto realizza un’appropriazione dell’idea pubblicitaria altrui, anche se relativa a prodotti non concorrenti ed anche se non determini effetti confusori (Giurì, 22 settembre 1998, pronuncia n. 281, Aida 1999, 617/2).

L’art. 13 co.1 c.a. tutela l’idea pubblicitaria non in funzione dei mezzi espressivi con i quali viene estrinsecata ma in funzione quantomeno anche del suo contenuto concettuale (Giurì, 22 settembre 1998, pronuncia n. 281, Aida 1999, 617/1).

Deve essere valutato ex art. 42 c.a. il messaggio che, riprendendo integralmente il visual e il parlato di una pubblicità già giudicata ingannevole dal Giurì, presenti rispetto a detta pubblicità varianti innocue o addirittura peggiorative (Giurì, 7 aprile 1998, pronuncia 140/98, Aida 1998, 561/1).

L’antitesi tra inferno e paradiso, scelti come ambientazione di due diverse pubblicità di prodotti concorrenti, attrae certo la curiosità della stampa e crea così un ulteriore allargamento della sfera di notorietà di entrambe le pubblicità: ma questo vantaggio, ammesso che si riconduca alla categoria del profitto, è reciproco, nel senso che di esso beneficiano entrambi gli inserzionisti (Giurì, 27 gennaio 1998, pronuncia 3/98, Aida 1998, 556/6).

L’illecito autodisciplinare configurato dall’art. 13 co. 2 c.a. ha due elementi costitutivi, e precisamente lo sfruttamento della notorietà altrui ed il fine di trarne ingiustificato profitto: e la novella dell’art. 13 co. 2 c.a. ha modificato questa norma proprio per rendere la ricerca dì un ingiustificato profitto elemento essenziale e non solo eventuale della fattispecie (Giurì, 27 gennaio 1998, pronuncia 3/98, Aida 1998, 556/5).

Oggetto della protezione ex art. 44 c.a. è, sia pure con una certa inevitabile approssimazione, ciò che viene narrato nell’avviso preemption (Giurì, 27 gennaio 1998, pronuncia 3/98, Aida 1998, Aida 1998, 556/4).

Quando una campagna pubblicitaria ha come nucleo semantico forte il messaggio di un caffè così buono da meritare di essere bevuto anche ìn paradiso, anzi capace di rappresentare un momento di particolare beatitudine anche in paradiso, non ricorre un’illecita imitazione della relativa ideazione pubblicitaria in una campagna in cui il caffè costituisce pausa di riflessione e di piacere che interrompe una sequenza di sofferenze ambientata all’inferno (Giurì, 27 gennaio 1998, pronuncia 3/98, Aida 1998, 556/3).

La novità e l’anteriorità sono elementi essenziali chiamati a comporre la fattispecie dell’ideazione pubblicitaria protetta ex artt. 13 e 44 c.a. (Giurì, 27 gennaio 1998, pronuncia 3/98, Aida 1998, 556/2).

Se è vero che l’art. 13 c.a. tutela l’idea pubblicitaria in funzione non dei suoi mezzi espressivi ma del suo contenuto concettuale ‑ideologico, non è men vero che la protezione è limitata all’idea che costituisce il centro della comunicazione di cui si tratta: e reciprocamente non è consentito risalire dall’ídea costituente il nucleo ideologico del messaggio pubblicitario diffuso o anticipato ex art. 44 c.a. ad un concetto più generale che tale idea possa ricomprendere in linea logica, al fine di invocare tutela contro un’altra idea diversa da quella iniziale, ma riconducibile al medesimo insieme concettuale sovrastato dal concetto generale (Giurì, 27 gennaio 1998, pronuncia 3/98, Aida 1998, 556/1).

Quanto lo spot di cui si lamenta l’imitazione non sia mai stato diffuso, non sussiste la violazione dell’art. 13 co. 2 c.a. (Giurì 23 gennaio 1998, pronuncia 2/98, Pres. AUTERi, Est. LANZILLO, Quaker Beverages Italia s.p.a., Armando Testa s.p.a. c. Scaringi s.p.a., Magazine s.r.l., Publitalia ’80 s.p.a., Mediaset s.p. a., Aida 1998, Repertorio V.11.3) .

La procedura prevista dall’art. 44 c.a. garantisce obiettivamente la tutela dell’idea pubblicitaria oggetto del deposito, a prescindere dalla buona fede di chi abbia successivamente utilizzato la medesima idea in pubblicità (Giurì 23 gennaio 1998, pronuncia 2/98, Pres. AUTERI, Est. LANzILLO, Quaker Beverages Italia s.p.a., Armando Testa s.p.a. c. Scaringi s.p.a., Magazine s.r.l., Publitalia ’80 s.p.a., Mediaset s.p.a. , Aida 1998, Repertorio V.11.3).

Anche l’utilizzazione pubblicitaria di un proverbio può costituire oggetto della tutela offerta dall’art. 13 co. 1 c.a.: quando il proverbio non sia universalmente noto, e quando il contesto nell’ambito del quale esso è utilizzato esprima un’idea pubblicitaria originale (Giurì 23 gennaio 1998, pronuncia 2/98, Pres. AUTERI, Est. LANZILLO, Quaker Beverages Italia s.p.a., Armando Testa s.p.a. c. Scaringi s.p.a., Magazine s.r.l., Publitalia ’80 s.p.a., Mediaset s.p.a., Aida 1998, Repertorio V.11.3).

Una formula pubblicitaria che non presenti caratteri di originalità non è suscettibile di sfruttamento imitativo illecito; in assenza di pericolo di confusione, è da escludere pertanto che si ponga in contrasto con l’art. 13 co. 1 c.a. una pubblicità che ne riprenda alcuni elementi (Giurì, 3 dicembre 1996, pronuncia 290/ 96, Aida 1997, 482/2).

Il carattere di altruità degli elementi utilizzati pubblicitariamente è coessenziale alla fattispecie oggetto del divieto contenuto nell’art. 13 co. 2 c.a.; tale fattispecie dunque non si realizza qualora la pubblicità di un’opera editoriale sia imperniata, con il consenso dell’autore, sul nome, sull’immagine e sulla notorietà di quest’ultimo, e ciò anche nel caso in cui il nome dell’autore risulti registrato come marchio a favore del precedente editore della medesima opera (Giurì, 3 dicembre 1996, pronuncia 290/96, Aida 1997, 482/1).

Non è proteggibile l’ideazione pubblicitaria priva di originalità (nella specie: l’idea di narrare il ciclo naturale dell’acqua nella pubblicità di un’acqua minerale) (Giurì 16 febbraio 1996, pronuncia 29/96, Pres. FALABRINO, Est. ARMANI, SO, GRAM. s.p.a. c. Acqua Minerale San Benedetto s.p.a., Laser s.r.l., Aida 1996, Repertorio V.11.3).

I consensi necessari ex lege 633/1941 all’utilizzazione dell’opera musicale che costituisce la colonna sonora di una pubblicità altrui protetta ex art. 13 co. 1 c.a. non sono ancora sufficienti a rendere leciti l’imitazione di questa pubblicità e l’utilizzo della sua colonna sonora (Giurì, 6 febbraio 1996, pronuncia 262/95, Aida 1996, 422/4).

Viola l’art. 13 co. 1 c.a. l’impresa che utilizza una propria elaborazione di un’ideazione pubblicitaria altrui senza il consenso dell’autore di quest’ultima (Giurì, 6 febbraio 1996, pronuncia 262/95, Aida 1996, 422/3).

La cessione e l’acquisto a non domino della pretesa alla protezione ex art. 13 co. 1 c.a. non può giovare all’acquirente (Giurì, 6 febbraio 1996, pronuncia 262/ 95, Aida 1996, 422/2).

La pretesa alla protezione ex art. 13 co. 1 c.a. di un’ideazione pubblicitaria può essere azionata dal titolare anche quando ne abbia interrotto l’utilizzo, se l’interruzione non corrisponde ad una sua volontà di rinuncia e l’ideazione pubblicitaria è ancora molto presente nella memoria di un numero importante di consumatori (Giurì, 6 febbraio 1996, pronuncia 262/95, Aida 1996, 422/1).

Quando un marchio sia costituito da una parola composta, scindibile in due termini di autonomo significato (nella specie: Roadstar), l’effetto di traino non si verifica quando tali termini siano inseriti in altra pubblicità con valenza chiaramente descrittiva (nella specie: « La road star del momento ») (Giurì 6 giugno 1995, pronuncia 139/95, Pres. LIVOLSI, Est. BERNARDINI DE PACE, Roadstar Management s.a., Roadstar Italia s.p.a. c. Opel Italia s.p.a., Publitalia 80, R.C.S. Editoriale Quotidiani s.p.a., R.C.S. Pubblicità s.p.a., Aida 1995, Repertorio V.11.3).

Perché l’agganciamento vietato dall’art. 13 co. 2 possa essere accertato e censurato, è indispensabile che venga raggiunta la prova della realistica ed effettiva facilitazione comunicazionale sfruttata dal preteso trainato per raggiungere il territorio pubblicitario del trainante (Giurìì 6 giugno 1995, pronuncia 139/95, Pres. LIVOLSI, Est. BFRNARDINI DE PACE, Roadstar Management s.a., Roadstar Italia s.p.a. c. Opel Italia s.p.a., Publitalia 80, R.C.S. Editoriale Quotidiani s.p.a., R.C.S. Pubblicità s.p.a., Aida 1995, Repertorio V.11.3).

Costituisce oggettivamente sfruttamento della notorietà di chi ha ampiamente e lungamente utilizzato un’idea pubblicitaria nella propria comunicazione la ripresa di quella stessa idea in altra pubblicità, per di più con il medesimo interprete (Giuri 23 maggio 1995, pronuncia 126/95, Aida 1995, 357/3).

L’utilizzazione dell’idea pubblicitaria altrui in una pubblicità di contenuto parodistico contrasta con l’art. 13 co. 1 c.a., non costituendo critica giustificabile ex art. 70 l.a., ma attività unicamente economica finalizzata alla conquista di quote di mercato (Giurì 23 maggio 1995, pronuncia 126/95, Aida 1995, 357/2).

La semplice interruzione dell’uso di un’ideazione pubblicitaria da parte dell’impresa per la quale tale ideazione è stata realizzata e che la ha utilizzata per lungo tempo non rileva come fatto estintivo della tutela (Giuri 23 maggio 1995, pronuncia 126/95, Aida 1995, 357/1).

Quando la rielaborazione creativa dell’altrui notoria campagna pubblicitaria comporti uno svilimento della stessa dal punto di vista stilistico, e determini una pericolosa diluizione dell’impatto di tale campagna sul pubblico dei consumatori, la pubblicazione per estratto della pronuncia ex art. 40 co. 2 c.a. si configura come una forma appropriata di risarcimento del danno sofferto dall’istante (Giurìì 12 maggio 1995, pronuncia 113/95, Aida 1995, 356/4).

Pur essendo la tutela ex art. 13 c.a. di natura disponibile, il perfezionamento dell’atto di rinuncia a detta tutela esige una manifestazione univoca di volontà, senza la quale il diritto permane nella sua integrità (Giurì 12 maggio 1995, pronuncia 113/95, Aida 1995, 356/3).

La rielaborazione creativa di una campagna pubblicitaria altrui che ha acquisito presso il pubblico grandissima notorietà si traduce in uno sfruttamento abusivo di tale notorietà, e perciò viola l’art. 13 co. 2 c.a.: poiché la norma mira ad impedire il cd. travaso di notorietà (Giuri 12 maggio 1995, pronuncia 113/95, Aida 1995, 356/2).

Quando una pubblicità, anziché mutuare la propria efficacia persuasiva dall’efficacia persuasiva della pubblicità già nota del concorrente, si contr L’elaborazione creativa dell’altrui campagna pubblicitaria rientra nell’ambito di tutela che l’art. 13 co. 1 c.a. accorda all’opera dell’ingegno pubblicitaria (arg. ex artt. 4 e 18 l.a.) (Giuri 12 maggio 1995, pronuncia 113/95, Aida 1995, 356/1).

appone polemicamente a questa, la violazione dell’art. 13 co. 2 c.a. è assorbita dalla violazione dell’art. 14 (Giuri 4 aprile 1995, pronuncia 83‑90/95, Aida 1995, 355/2).

Non sussiste la violazione dell’art. 13 co. 1 c.a. quando sia la pubblicità che si assume imìtata sia la pubblicità che si assume imitante si avvalgano di stereotipi da tempo diffusi nelle produzioni teatrali e cinematografiche di genere comico (Giuri 4 aprile 1995, pronuncia 83‑90/95, Aida 1995, 355/1).

In una situazione nella quale l’autorizzazione ad utilizzare un’immagine è stata concessa dal titolare dei relativi diritti a più di un’impresa, ciò che rileva agli effetti dell’art. 13 co. 1 c.a. è solo la priorità nell’uso dell’immagine stessa (Giurìì 4 aprile 1995, pronuncia 79/95, Pres. Est. FALABRINO, Anema s.n.c. c. Prontotel, R.C.S. Pubblicità s.p.a., A. Mondadori Editore s.p.a., Mondadori Pubblicità, Edizioni Cioè s.r.l., P.R.S. s.r.l., Aida 1995, Repertorio V.11.3).

Quando una pubblicità è frutto di un impegno creativo originale, che si traduce nella studiata ricerca del particolare al fine di trasmettere un messaggio di eleganza e perfezione, la pedissequa riproduzione del medesimo risultato da parte di pubblicità divulgata posteriormente costituisce violazione dell’art. 13 co. 1 c.a. (Giurì 17 gennaio 1995, pronuncia 185/94, Pres. FALABRINO, Est. BERNARDINI DE PACE, Flou s.p.a. c. I.P.E. s.p.a., R.C.S. Pubblicità s.p.a., Aida 1995, Repertorio V.11.3).

Poiché il divieto dell’art. 13 co. 2 c.a è posto a protezione di chi abbia diritto di usare il marchio o di usufruire della notorietà, un terzo non ha alcuna legittimazione ad invocare la protezione offerta dalla norma (Giuri 16 dicembre 1994, pronuncia 170/94, Pres. VANZETTI, Est. FLORIDIA, Associazione commercianti della provincia di Arezzo, Delegazione di San Giovanni Valdarno dell’Associazione Commercianti della provincia di Arezzo, Bruno Raponi c. Valdarno Ipercoop Firenze s.p.a., Aida 1995, Repertorio V.11.3).

Non sussiste la violazione dell’art. 13 co. 2 c.a. quando chi utilizzi il marchio appartenga al consorzio che è titolare del marchio stesso e artefice della sua notorietà pubblicitaria (Giuri 16 dicembre 1994, pronuncia 170/94, Pres. VANZETTI, Est. FLORIDIA, Associazione commercianti della provincia di Arezzo, Delegazione di San Giovanni Valdarno dell’Associazione Commercianti della provincia di Arezzo, Bruno Raponi c. Valdarno Ipercoop Firenze s.p.a., Aida 1995, Repertorio V.11.3).

Non è applicabile l’art. 13 co. 2 c.a. qualora, nell’ambito di una comunicazione diffusa attraverso la stampa e volta a ricostruire la storia della sua comunicazione pubblicitaria, un’impresa rievochi le campagne condotte da un noto attore già testimonial per lungo tempo dei suoi prodotti e all’epoca dei fatti di causa testimonial dei prodotti di altra impresa: giacché chi effettua tale rievocazione sfrutta la notorietà dei suoi simboli e del suo patrimonio comunicazionale, e non la notorietà dei simboli e del patrimonio altrui (Giuri, 15 luglio 1994, pronuncia n. 93/94, Aida 1994, 278/1).

L’idea pubblicitaria di manipolare un puzzle come un foglio di carta presen­ta un tasso di disobbedienza alle regole dell’esperienza tale da conferirle quel tanto di originalità che dà accesso alla tutela prestata dall’art. 13 c.a. contro l’i­mitazione servile (Giurì 5 luglio 1994, pronuncia 79/94, Pres. BUGGE, Est. SPA­DA, Ravensburger s.p.a. c. Clementoni s.p.a., Nim s.r.l., Aida 1995, Repertorio V.11.3).

Lo slogan formato dal semplice abbinamento della parola « sì » al marchio (nella specie: Campari Soda sì) non esprime una risposta affermativa ad una specifica domanda, ma una generale ed indeterminata adesione a ciò che il prodotto è e che il marchio vuole rappresentare ed evocare. Questa forma espressiva non è usuale nel linguaggio comune e neppure in quello pubblicitario possiede quindi originalità sufficiente a giustificare la protezione dell’art. 13 c.a. senza creare monopoli su mezzi di espressione necessari alla comunicazione pubblicitaria. E d’altro canto quando sia stato usato intensamente, con investimento di rilevanti risorse, e sia divenuto l’elemento distintivo della comunicazione pubblicitaria dell’impresa, lo slogan merita protezione contro imitazioni idonee ad indebolirne la capacità distintiva (Giuri 18 marzo 1994, pronuncia 33/94, Pres. VANZETTI, Est. AUTERI, Davide Campari Milano s.p.a. c. Seat Italia s.p.a., Editoriale La Repubblica s.p.a., Publitalia 80 s.p.a., Rai ‑ Radiotelevisione Italiana, Aida 1995, Repertorio V.11.3).

Per la tutela ex art. 13 co. 1 c.a. è sufficiente anche un modesto grado di novità e originalità (Giurì, 28 maggio 1993, pronuncia n. 88/93, Pres. VANZETTI, Est. MARCHETTI, Boots Italia s.p.a. c. Schiapparelli Salute s.p.a., RAI ‑ Radiotelevisione Italiana s.p.a., Max Information, Aida 1994, Repertorio V.11.3).

La dichiarazione di illegittimità di una pubblicità comparativa diretta di impronta suggestiva ex artt. 14 e 15 c.a., fondata anche sull’uso dei segni distintivi del concorrente da parte della pubblicità litigiosa, assorbe il problema della valutazione della compatibilità del messaggio con l’art. 13 co.2 c.a. (Giurì, 18 maggio 1993, pronuncia n. 82/93, Pres. FALABRINO, Est. UBERTAZZI, Coca Cola Italia s.r.l. c. Pepsi Cola Mediterranean Ltd., R.T.I. Reti Televisive Italiane, Publitalia 80, Aida 1993, Repertorio V.11.3).

Non sussiste alcun illecito autodisciplinare ex art. 13 co. 1 c.a. quando le pubblicità a confronto non sono confondibili, e ciò che si vorrebbe protetto altro non è che la visualizzazione del confronto fra prodotti in funzione di caratteristiche merceologiche ritenute rilevanti per il pubblico (Giurì, 11 gennaio 1993, pronuncia 164/92, Pres. FALABRINO, Est. FLORIDIA, Mira Lanza s.p.a. c. Unil‑It Divisione Lever, Lintas s.p.a., Aida 1993, Repertorio V.11.3).

La visualizzazione side by side del confronto fra prodotti non è appropriabile da alcuno ex art. 13 co.1 c.a. (Giurì, 11 gennaio 1993, pronuncia 164/92, Pres. FALABRINO, Est. FLORIDIA, Mira Lanza s.p.a. c. Unil‑It Divisione Lever, Lintas s.p.a., Aida 1993, Repertorio V.11.3).

Il conflitto tra due soggetti, uno dei quali abbia utilizzato un’idea pubblicitaria quando l’altro a sua volta era in procinto di far altrettanto, é regolato dal legislatore autodisciplinare con la disciplina ad hoc dell’art. 44 c.a., e non può essere risolto al di fuori di questa norma sulla base della priorità di un’utilizzazione isolata dell’idea pubblicitaria. (Giurì, 20 ottobre 1992, pronuncia 115/92, Aida 1993, 159/3).

La regola di lealtà concorrenziale del divieto dell’imitazione pubblicitaria ex art. 13 co.1 c.a. opera solo quando la pubblicità imitata sia presente nel ricordo dei consumatori come mezzo di promozione dei prodotti pubblicizzati per primi: altrimenti il divieto assumerebbe una connotazione di totale gratuità, in contrasto con l’esigenza di applicare restrittivamente qualsiasi vincolo che ostacoli la libera esplicazione della concorrenza e il dinamismo del mercato concorrenziale (Giurì, 20 ottobre 1992, pronuncia 115/92, Aida 1993, 159/2).

L’art. 13 c.a. contiene due disposizioni diverse. La prima vieta l’imitazione della pubblicità altrui quando concerne prodotti concorrenti perché ciò comporta una confusione sul mercato fra le imprese, le relative attività ed i relativi prodotti. La seconda vieta l’imitazione della pubblicità altrui anche se relativa a prodotti non concorrenti e cioè anche quando essa non rileva nella fattispecie come strumento di rivalità fra le imprese, ma come ideazione e creazione intellettuale per se stessa considerata. Sotto questo secondo profilo il divieto dell’imitazione non é una regola di lealtà concorrenziale ma é il mezzo della protezione dell’opera dell’ingegno pubblicitario (Giurì, 20 ottobre 1992, pronuncia 115/92, Aida 1993,159/1).

Quando si giudichi dell’originalità dell’ideazione pubblicitaria necessaria ex art. 13 co. 1 c.a. un ruolo determinante assume la circostanza che quella ideazione, nel momento del giudizio, abbia l’effetto di ricondurre il pubblico al prodotto pubblicizzato. In altri termini, l’ideazione pubblicitaria è protetta anche in funzione della sua capacità distintiva e poco importa che questa vi sia stata fin dall’origine o piuttosto sia stata conseguita come secondary meaning (Giurì, 9 giugno 1992, pronuncia 77/92, Aida 1992, 108/3).

Per esser protetta ex art. 13 co.1 c.a. la creazione pubblicitaria deve presentare il requisito dell’originalità e comunque non deve trattarsi di un’idea a contenuto essenzialmente descrittivo del prodotto pubblicizzato (Giurì, 9 giugno 1992, pronuncia 77/92, Aida 1992, 108/2).

L’art. 13 co.1 c.a. attua nell’ordinamento autodisciplinare la protezione dell’ideazione pubblicitaria considerata come opera dell’ingegno meritevole di tutela come tale. E’ una protezione concettualmente riconducibile nell’ambito di quelle garantite nell’ordinamento dello stato dalla legge sul diritto d’autore, benché questo riferimento abbia un valore solo genericamente orientativo, sia per l’autonomia dell’ordinamento autodisciplinare sia perché la protezione che l’art. 13 accorda alle creazioni pubblicitarie ha presupposti, finalità e portata diversi da quelli della protezione del diritto d’autore (Giurì, 9 giugno 1992, pronuncia 77/92, Aida 1992, 108/1).

L’idea di rappresentare un occhio con il globo terrestre al posto dell’iride è priva di novità e non può essere protetta ex art. 13 co. 1 c.a., essendo stata più volte utilizzata sempre per esprimere sostanzialmente lo stesso concetto, del guardare lontano nello spazio e nel tempo, pur adattato di volta in volta all’oggetto delle singole comunicazioni (Giurì, 12 maggio 1992,Aida 1992, pronuncia 60/92, 106/2).

Non ricorre una violazione del divieto di imitazione pubblicitaria previsto dall’art. 13 co.1 c.a. quando l’idea pubblicitaria che si vorrebbe tutelare descrive la funzione del prodotto reclamizzato ed è d’altro canto espressa nella pubblicità delle parti con modalità completamente diverse sia nella parte scritta (headline, testo e pay off) sia nella parte visiva (Giurì, 24 aprile 1992, pronuncia 56/92, Aida 1992, 104/1).

Dovendosi verificare l’originalità pubblicitaria di un messaggio ai fini della sua protezione ex art. 13 co. 1 c.a. si può dare rilievo alla preregistrazione di marchi in cui sia presente la medesima idea pubblicitaria per escludere che l’idea lesa sia il risultato nuovo di uno sforzo creativo autonomo (Giurì, 24 aprile 1992, pronuncia 47/92, Aida 1992, 103/1).

Non ricorre l’imitazione pubblicitaria vietata dall’art. 13 co. 1 c.a. quando le due pubblicità hanno in comune unicamente il profilo concettuale del riferimento onomatopeico ad una caratteristica (la croccantezza) del prodotto, ma questo riferimento avviene in contesti completamente diversi ed inconfondibili (Giurì, 20 marzo 1992, pronuncia 23/92, Aida 1992, 96/2).

L’idea di sfruttare pubblicitariamente una caratteristica del prodotto è in sé e per sé inappropriabile ex art. 13 co. 1 c.a., essendo descrittiva del prodotto (Giurì, 20 marzo 1992, pronuncia 23/92, Aida 1992, 96/1).

La protezione dell’idea pubblicitaria ex art. 13 co.1 c.a. è concettualmente riconducibile nell’ambito di quella garantita nell’ordinamento dello stato dalla legge sul diritto d’autore, benché questo riferimento abbia valore solo genericamente orientativo sia per l’autonomia dell’ordinamento autodisciplinare sia perché la protezione che l’art. 13 accorda alle creazioni pubblicitarie ha presupposti, finalità, e portata diversi da quelli della protezione del diritto d’autore (Giurì, 13 dicembre 1991, pronuncia 180/91, Aida 1992, 81/3).

L’ideazione pubblicitaria è protetta dall’art. 13 co. 1 c.a. anche nei confronti di imitazioni poste in essere in pubblicità relative a prodotti e servizi non concorrenti (Giurì, 13 dicembre 1991, pronuncia 180/91, Aida 1992, 81/2).

L’art. 13 co.1 c.a. attua nell’ordinamento autodisciplinare la protezione dell’ideazione pubblicitaria considerata come opera dell’ingegno meritevole di protezione (Giurì, 13 dicembre 1991, pronuncia 180/91, Aida 1992, 81/1).

L’art. 13 c.a. vieta l’imitazione pubblicitaria servile e lo sfruttamento della notorietà altrui allo scopo di salvaguardare l’efficacia della comunicazione pubblicitaria e quindi anche in assenza di confondibilità (nella specie, nonostante la presenza sui prodotti dei rispettivi marchi denominativi assai noti, il Giurii ha ritenuto in violazione dell’art. 13 co. 1 e 2 c.a. l’aver dato alla confezione di un prodotto un’immagine molto simile a quella della confezione del prodotto concorrente precedente, indebolendo con ciò l’effetto di richiamo di tale immagine nella campagna pubblicitaria che su di essa è incentrata e traendone profitto per introdurre il proprio prodotto sul mercato con un’immagine nota e gradita al pubblico) (Giurì, 29 ottobre 1991, pronuncia 164/91, Aida 1992, 69/4).

Anche nell’ambito dell’autodisciplina si può considerare illecito il comportamento dell’impresa che imiti in modo sistematico tutte le iniziative pubblicitarie del concorrente, quand’anche nessuna di queste sia in sé dotata di originalità, purché la campagna abbia nella sua progettazione complessiva una sua caratterizzazione e l’imitazione sia arbitraria. La valutazione sulla base del codice di autodisciplina può comunque riguardare solo le comunicazioni pubblicitarie e non gli altri elementi della strategia di marketing, ed in particolare non le scelte relative al prodotto e alla sua distribuzione (Giurì, 29 ottobre 1991, pronuncia 164/91, Aida 1992, 69/3).

Nella pubblicità di una bevanda, le idee di usare come testimoni o di sponsorizzare campioni sportivi, di ritrarli nell’atto di bere da una bottiglia o la scelta di determinati spazi pubblicitari mancano in sé di originalità, sia perché utilizzate precedentemente e/o comunemente da altri, sia perché ispirate dalle caratteristiche e dalla destinazione del prodotto (Giuri, 29 ottobre 1991, pronuncia 164/91, Aida 1992, 69/2).

Il contrasto con l’art. 13 co.1 c.a. presuppone che la pubblicità che si assume imitata sia originale, o per l’originalità delle idee o delle forme espressive di cui si avvale o per l’innovativa progettazione di insieme, e che la pubblicità posta in essere dai concorrenti abbia imitato in modo sistematico gli elementi anche solo d’insieme che caratterizzano la prima (Giurì, 29 ottobre 1991, pronuncia 164/91, Aida 1992, 69/1).

E’ proteggibile ex art. 13 co.1 c.a. lo slogan che presenti entrambi i presupposti della novità e della creatività (Giuri, 29 ottobre 1991, pronuncia 157/91, Aida 1992, 68/1).

Il titolo di appropriazione dell’idea pubblicitaria ex art. 13 c.a. è dato dalla priorità di adozione: priorità che, avuto riguardo alla protezione dell’opera dell’ingegno applicata al campo della comunicazione, postula unicamente l’esistenza anteriore della creazione intellettuale e si risolve nella data certa di tale creazione (Giurì, 16 luglio 1991, pronuncia 118/91, Aida 1992, 55/4).

L’art. 13 c.a. protegge l’ideazione pubblicitaria come opera dell’ingegno umano applicata alla comunicazione commerciale: con una protezione subordinata ad una valutazione positiva in ordine alla originalità dell’idea pubblicitaria che si assume imitata ed alla sussistenza di una imitazione rilevante, tale cioè che faccia sì che il contenuto dell’ideazione sia comune ad entrambe le comunicazioni (Giurì, 16 luglio 1991, pronuncia 118/91, Aida 1992, 55/3).

La normativa statale ed autodisciplinare considerano entrambe illecita l’imitazione pubblicitaria servile che determini pericolo di confusione tra prodotti o attività concorrenti, mentre solo l’art. 13 c.a. protegge l’ideazione pubblicitaria in sé considerata, anche contro l’imitazione da parte di una pubblicità relativa a prodotti o attività non concorrenti o comunque non idonea a creare confusione con la pubblicità che contiene l’ideazione imitata (Giurì, 16 luglio 1991, pronuncia 118/91, Aida 1992, 55/2).

Lo slogan è una tipica creazione intellettuale a contenuto pubblicitario la cui protezione è garantita nell’ordinamento autodisciplinare da una norma ad hoc che non ha equivalente nell’ordinamento dello stato e precisamente dall’art. 13 c.a. (Giurì, 16 luglio 1991, pronuncia 118/91, Aida 1992, 55/1).

Sono legittimate in via tra loro concorrente a far valere il divieto dell’imitazione pubblicitaria ex art. 13 c.a. sia l’impresa inserzionista committente dell’ideazione, sia l’agenzia che dell’ideazione è autrice: ciascuna potendo porre a fondamento della propria iniziativa un titolo proprio ed autonomo di protezione (Giuri, 25 giugno 1991, pronuncia 103/91, Aida 1992, 50/2).

L’art. 13 c.a. non si limita a vietare l’imitazione pubblicitaria per i riflessi di confondibilità che questa produce nel mercato e nella considerazione delle imprese concorrenti, ma vieta l’imitazione pubblicitaria anche a prescindere del tutto da qualsiasi effetto confusorio: da ciò si trae che nell’ordinamento autodisciplinare l’ideazione pubblicitaria è protetta come creazione intellettuale oltre che come mezzo di concorrenza (Giurì, 25 giugno 1991, pronuncia 103/91, Aida 1992, 50/1).

Non viola il divieto di imitazione pubblicitaria ex art. 13 co.1 c.a. una campagna pubblicitaria che sia nettamente differenziata, sia per quanto concerne le forme che i contenuti, rispetto a quella altrui precedente: onde, se pure un pericolo di sovrapponibilità fra le due società può esistere nella mente del consumatore, tale pericolo vada imputato alla complessità della situazione caratterizzante i rapporti all’interno del gruppo cui appartengono entrambe le società, ed al forte alone di notorietà che circonda l’elemento comune alle due campagne pubblicitarie, costituito dal marchio generale del gruppo (nella specie: Mitsubishi), e con ciò da un elemento che si colloca al di fuori dell’ambito di competenza del Giurì (Giurì, 12 giugno 1991, pronuncia 87/91, Aida 1992, 48/1).

 

11.4 altre fattispecie illecite

Viola gli artt. 2 ed 8 c.a. uno spot contro la pirateria informatica che pretende di rappresentare il carcere nella sua espressione brutale come conseguenza necessaria della consumazione del reato di duplicazione abusiva del software previsto dall’art. 181bis l.a. (Giurì, 12 dicembre 2000, pronuncia n. 357, Aida 2001, 794/1).

Il divieto della pubblicità ingannevole si estende anche ai messaggi che siano eventualmente qualificabili come titolo di opera dell’ingegno, come si estende ad ogni uso pubblicitario ingannevole di un marchio (Giurì, 21 dicembre 1999, pronuncia n. 393, Aida 2000, 710/3).

La pubblicità che qualifica un prodotto come “sicuro e certificato” ed una produzione come “certificata da un ente riconosciuto a livelli internazionali” non è ingannevole per il fatto che la certificazione avvenga ad opera non di enti pubblici ma di organismi privati e accreditati a loro volta soggetti a controllo da parte degli enti di normazione.  (Giurì, 11 maggio 1999 pronuncia n. 166, Pres. Est. AUTERI, Plasmon Dietetici Alimentari s.r.l. c. Del Monte Italia s.p.a., Aida 2000, Repertorio V.11.4).

La contrarietà di uno spot televisivo agli artt. 2, 8, 14 e 15 non è di per sé esclusa dalla circostanza che lo spot proponga la parodia comica e burlesca di un film notissimo (Giurì, 10 novembre 1998, pronuncia n. 3701, Aida 1999, 622/3).

Viola l’art. 2 c.a. lo spot in cui il giornalista reclamizza un prodotto in un finto telegiornale (Giurì 27 febbraio 1996, pronuncia 46/96, Pres. BALDASSARRE, Est. FLORIDIA, Comitato di controllo c. Procter & Gamble Italia s.p.a., Prenatal s.p.a., Publitalia 80, Rai Radiotelevisìone Italiana s.p.a., Aida 1996, Repertorio V.11.4).

Non viola l’art. 7 c.a. un siparietto pubblicitario ospitato in una trasmissione televisiva: quando la sua natura pubblicitaria sia immediatamente percepibile anche allo spettatore meno provveduto (Giurì 16 febbraio 1996, pronuncia 29/96, Pres. FALABRINO, Est. ARMANI, SO.GE.AM. s.p.a. c. Acqua Minerale San Benedetto s.p.a., Laser s.r.l., Aida 1996, Repertorio V.11.4).

Deve essere qualificato come pubblicità un dialogo fra due presentatori di un programma televisivo, quando esso riguarda il prodotto reclamizzato, si limita ad anticipare il contenuto di uno spot che lo segue immediatamente., prepara il pubblico a ricevere il messaggio, e fa tutt’uno con esso, costituendo soltanto un « trucco » per prolungare la durata dell’inserto pubblicitario ospitato dalla trasmissione televisiva (Giurì 16 febbraio 1996, pronuncia 29/96,, Pres. FALABRINO, Est. ARMANI, SO.GE.AM. s.p.a. c. Acqua Minerale San Benedetto s.p.a., Laser s.r.l., Aida 1996, Repertorio V.11.4).

Non viola l’art. 2. c.a. la pubblicità di un settimanale che rivendica un primato di diffusione sulla base dei dati relativi alla diffusione accertati da ADS, senza precisare che la maggior parte della diffusione avviene gratuitamente (Giurì 26 settembre 1995, Pronuncia n. 178/95, Pres. FALABRINO., Est. AUTERI, Comitato di controllo, Publikompass s.p.a. c. Editore Ediservice s.r.l., MMP, Genesis s.r.l., Aida 1996, Repertorio V.11.4).

Viola l’art. 2 c.a. la pubblicità di un settimanale che presenta come media giornaliera dei propri lettori quella che in realtà è una loro media settimanale, ed attribuisce così al settimanale una diffusione che non corrisponde alla realtà e che non può essere comparata con la diffusione giornaliera media di un quotidiano (Giurì 26 settembre 1995, Pronuncia n. 178/95, Pres. FALABRINO, Est. AuTERI, Comitato di controllo, Publikompass s.p.a. c. Editore Ediservice s.r.l., MMP, Genesis s.r.l., Aida 1996, Repertorio V.11.4).

La finalità di critica, che a norma dell’art. 70 l.a. rende lecita la riproduzione satirica o parodistica dell’opera altrui, è da correlarsi ai valori costituzionali che legittimano il diritto d’autore e fra questi all’art. 9 Cost.: e quindi non è invocabile ove si tratti di promuovere non già lo sviluppo della cultura, ma la vendita dei propri prodotti (Giurì 4 aprile 1995, pronuncia 83‑90/95, Aida 1995, 355/4).

Costituisce violazione dell’art. 14 c.a. l’avvalersi dello schema comunicazionale altrui in termini parodistici, sostituendo alla valenza persuasiva dell’altrui pubblicità una valenza dissuasiva (Giurìì 4 aprile 1995, pronuncia 83‑90/95, Aida 1995, 355/3).

Contrasta con l’art. 14 c.a. il messaggio che presenti l’interruzione pubblicitaria come uno sgarbo gratuito rivolto dalle emittenti private ai telespettatori (Giur 10 marzo 1995, pronuncia 12/95, Aida 1995, 352/3).

Contrasta con l’art. 15 c.a. la comparazione instaurata tra due forme di emittenza ‑rispettivamente pubblica e privata ‑ notoriamente disomogenee tra loro, posto che la seconda vede negli introiti pubblicitari l’unica fonte di finanziamento (Giurìì 10 marzo 1995, pronuncia 12/95, Aida 1995, 352/2).

Non confligge con l’art. 2 c.a. il messaggio pubblicitario a favore della RAI nel quale si afferma che lo spettacolo offerto dall’emittente televisiva pubblica non è « spolpato »da interruzioni, posto che tale affermazione ‑ non veritiera ove riferita all’insieme dei programmi trasmessi su RAI ‑ corrisponde a verità ove correttamente riferita agli «spettacoli », ossia film e programmi di fiction (Giurì 10 marzo 1995, pronuncia 12/95, Aida 1995, 352/1).

Non è idonea a screditare la pubblicità e pertanto non contrasta con l’art. 1 c.a. una campagna pubblicitaria che utilizzi riferimenti di tipo ideologico‑emozionale a supporto di un’attività economica lecita, pur se contrastante con valori e ideologie condivise da una certa parte dell’opinione pubblica (Giurì 20 gennaio 1995, pronuncia 182/94, Pres. VANZETTI, Est. MARCHETTI, Comitato di controllo c. Associazione Italiana Pellicceria, P.D.A. Studio, SMA ‑ Società Manifesti e Affissioni, A. Mondadori Editore s.p.a., Mondadori Pubblicità, Aida 1995, Repertorio V.11.4).

Non costituisce scorrettezza rilevante ai sensi dell’art. 1 c.a. la rievocazione storica delle diverse fasi dell’impegno pubblicitario di una determinata azienda, quando la rievocazione corrisponde a verità e non si risolve in un pregiudizio ingiustificato del concorrente (Giuri, 15 luglio 1994, pronuncia n. 93/94, Aida 1994, 278/3).

Non viola l’art. 7 c.a. la pubblicità che rievochi campagne pubblicitarie del passato: giacché non si tratta di una pubblicità camuffata, ma di una pubblicità palese sia pure presentata come un frammento della storia aziendale dell’inserzionista (Giuri, 15 luglio 1994, pronuncia n. 93/94, Aida 1994, 278/2).

Poiché dall’omessa citazione del dato a sé meno favorevole derivano sia l’ingannevolezza del messaggio per il pubblico, sia il pregiudizio dell’interesse del concorrente cui il dato omesso era favorevole, dalla violazione dell’art. 3 conseguono la violazione dell’art. 2 e dell’art. 15 c.a. (Giuri, 12 aprile 1994, pronuncia n. 46/94, Pres. BUGGE, Est. FALABRINO, Is Pubblicità Immagine e Suono s.n.c. c. Punto Radio 96, Società Gestione Periodici s.r.l., Corriere di Novara, Aida 1994, Repertorio V.11.4).

In presenza di un’indagine campionaria che misura secondo criteri fra loro diversi una realtà molto varia e mutevole (nella specie: dati di ascolto di emittenti radiofoniche locali), viola l’art. 3 c.a. la citazione ad opera di uno degli interessati del solo dato a sé più favorevole, con l’omissione di quello meno favorevole (nella specie: citazione del solo dato relativo all’ascolto nella settimana, con l’omissione del dato relativo all’ascolto nel c.d. giorno medio‑ieri) (Giurì, 12 aprile 1994, pronuncia n. 46/94, Pres. BUGGE, Est. FALABRINO, Is Pubblicità Immagine e Suono s.n.c. c. Punto Radio 96, Società Gestione Periodici s.r.l., Corriere di Novara, Aida 1994, Repertorio V.11.4).

Viola gli artt. 1 e 10 c.a. una campagna pubblicitaria che ha come impostazione di scegliere un tema sufficientemente delicato e cioè tale da provocare profonda risonanza a livello psicologico sociale; di proporlo con un trattamento estremizzato, a tinte forti, indossando l’armatura di chi svolge una battaglia contro i tabù e l’ipocrisia e di chi porta avanti un discorso liberatorio; e di tacciare infine, di fronte alle giuste rimostranze sollevate, gli oppositori come retrogradi, codini e moralisti superati (nella specie: la campagna di Benetton raffigurante immagini di sieropositivi con marchio HIV e numero) (Giuri, 26 ottobre 1993, pronuncia n. 161/93, Aida 1944, 249/5).

Non tutto ciò che è lecito in sede di manifestazione del pensiero lo è in pubblicità. Qui, proprio perché la funzione della comunicazione non è speculativo‑politica o ideologica ma commerciale, è giusto esigere che i messaggi non investano direttamente di cariche negative le convinzioni profonde dei cittadini: e tanto può imporre anche un’istituzione privata come quella dell’autodisciplina pubblicitaria avvalendosi di un meccanismo negoziale (Giurì, 26 ottobre 1993, pronuncia n. 161/93, Aida 1994, 249/4).

Una pubblicità istituzionale a contenuto ideologico non è censurabile sotto il profilo della verità, poiché non contiene affermazioni verificabili sotto questo profilo, ma può esserlo sotto profili diversi (Giurì, 26 ottobre 1993, pronuncia n. 161/93, Aida 1994, 249/3).

Viola l’art. 7 c.a. una comunicazione pubblicitaria, che appaia non pubblicitaria al pubblico dei lettori, benché sia agevole per un esperto individuarne la finalità prettamente promozionale (Giurì, 12 ottobre 1993, pronuncia n. 139/93, Pres. DOGANA, Est. FLORIDIA, Comitato di controllo c. R.C.S. Pubblicità s.p.a., Aida 1994, Repertorio V.11.4).

Costituisce pubblicità ai sensi del codice di autodisciplina una rubrica di una pubblicazione periodica che assume oggettivamente un contenuto ed una funzione pubblicitari, anche se la redazione della rubrica procede in piena autonomia alla presentazione dei prodotti ed all’illustrazione delle loro caratteristiche ed opera a prescindere da un rapporto di commissione con l’impresa inserzionistica e dal pagamento di un corrispettivo per il servizio pubblicitario reso (nella specie la redazione operava tuttavia su sollecitazione delle imprese interessate, che inviavano il materiale illustrativo dei propri prodotti descritti dalla rubrica del periodico). (Giurì, 21 maggio 1993, pronuncia n. 83/93, Aida 1993, 191/2).

L’art. 7 c.a. non pone il problema di accertare se una determinata comunicazione è o non è una pubblicità, ma unicamente quello di accertare se appaia o no come tale: onde l’art. 7 non è violato dalla rubrica di un periodico curato dalla sua redazione che appaia chiaramente ed inequivocabilmente come pubblicitaria. (Giurì, 21 maggio 1993, pronuncia n. 83/93, Aida 1993, 191/1).

La dichiarazione di illegittimità di una pubblicità comparativa diretta di impronta suggestiva ex artt. 14 e 15 c.a., fondata anche sull’uso dei segni distintivi del concorrente da parte della pubblicità litigiosa, assorbe il problema della valutazione della compatibilità del messaggio con l’art. 13 co.2 c.a. (Giurì, 18 maggio 1993, pronuncia n. 82/93, Pres. FALABRINO, Est. UBERTAZZI, Coca Cola Italia s.r.l. c. Pepsi Cola Mediterranean Ltd., R.T.I. ‑ Reti Televisive Italiane, Publitalia 80, Aida 1993, Repertorio V.11.4).

E’  denigratoria, e contrasta perciò con l’art. 14 c.a., una pubblicità che rappresenti il prodotto concorrente con immagini e toni tali da suscitare sentimenti di valutazione negativa, e che esprima un giudizio di fortissimo dìsvalore nei confronti del prodotto concorrente, nel contesto di una pubblicità puramente suggestiva (Giurì, 18 maggio 1993, pronuncia n. 82/93, Pres. FALABRINO, Est. UBERTAZZI, Coca Cola Italia s.r.l. c. Pepsi Cola Mediterranean Ltd., R.T.I. ‑ Reti Televisive Italiane, Publitalia 80, Aida 1993, Repertorio V.11.4).

Una pubblicità comparativa diretta di impronta suggestiva non può essere scriminata dall’esimente dello stato di necessità, per il sol fatto che il concorrente contro il quale essa è rivolta riveste una posizione dominante sul mercato (Giurì, 18 maggio 1993, pronuncia n. 82/93, Pres. FALABRINO, Est. UBERTAZZI, Coca Cola Italia s.r.l. c. Pepsi Cola Mediterranean Ltd., R.T.I. ‑ Reti Televisive Italiane, Publitalia 80, Aida 1993, Repertorio V.11.4).

L’art. 15 c.a. consente la pubblicità comparativa indiretta solo quando essa sia volta ad offrire ai consumatori un supplemento di informazioni sui prodotti in campo, non quando sia volta a provocare suggestioni comparando due modi di vivere riconducibili rispettivamente ai prodotti oggetto del confronto (Giurì, 18 maggio 1993, pronuncia n. 82/93, Pres. FALABRINO, Est. UBERTAZZI, Coca Cola Italia s.r.l. c. Pepsi Cola Mediterranean Ltd., R.T.I. ‑ Reti Televisive Italiane, Publitalia 80, Aida 1993, Repertorio V.11.4).

Contrasta col divieto di pubblicità comparativa diretta un messaggio nel quale il prodotto concorrente, che rivesta la posizione di market leader, sia espressamente menzionato con la riproduzione del suo marchio e di un articolo accessorio (nella specie: un frigorifero di colore rosso) abitualmente presente negli ambienti dove esso viene venduto (Giurì, 18 maggio 1993, pronuncia n. 82/93, Pres. FALABRINO, Est. UBERTAZZI, Coca Cola Italia s.r.l. c. Pepsi Cola Mediterranean Ltd., R.T.I. ‑ Reti Televisive Italiane, Publitalia 80, Aida 1993, Repertorio V.11.4).

Ha natura comparativa il messaggio pubblicitario nel quale siano posti a confronto due prodotti, anche se la comparazione non abbia contenuto informativo, ma metta a raffronto due modelli di vita riconducibili rispettivamente ai due prodotti interessati (Giurì, 18 maggio 1993, pronuncia n. 82/93, Pres. FALABRINO, Est. UBERTAZZI, Coca Cola Italia s.r.l. c. Pepsi Cola Mediterranean Ltd., R.T.I. ‑ Reti Televisive Italiane, Publitalia 80, Aida 1993, Repertorio V.11.4).

Quando il sindacato del Giuri cade su un’opera cinematografica o televisiva che realizza l’ipotesi del product placement, e cioè l’ipotesi di una presentazione pubblicitaria del prodotto non distinguibile dal contenuto di altro genere della comunicazione, il Giurì deve limitarsi ad interdire l’ulteriore diffusione dell’opera stessa. Compete invece al produttore televisivo o cinematografico scegliere se eliminare dall’opera la presentazione del prodotto ritenuta scorretta oppure adottare accorgimenti idonei a distinguere le citazioni pubblicitarie dal resto della comunicazione, ferma restando la possibilità di una futura e diversa contestazione relativa alla idoneità di tali accorgimenti a soddisfare in concreto le finalità dell’art. 7 c.a. (Giurì, 17 maggio 1993, pronuncia n. 62/93, Aida 1993, 190/4).

Incombe a chi si duole della violazione dell’art. 7 c.a. l’onere di dimostrare la presenza nel contesto narrativo di un’opera cinematografica o televisiva di citazioni del prodotto che hanno un effetto oggettivamente promozionale: mentre una volta data questa dimostrazione grava sul produttore dell’opera televisiva l’onere di dimostrare che l’apparizione del prodotto nel contesto narrativo dell’opera è resa funzionalmente necessaria da una ragione artistica (Giurì, 17 maggio 1993, pronuncia n. 62/93, Aida 1993, 190/3).

La prova del product placement e più precisamente della natura pubblicitaria dell’apparizione del prodotto nel contesto narrativo di uno sceneggiato televisivo postula la prova dell’accordo tra il produttore dello spettacolo televisivo contenente la pubblicità nascosta e l’impresa che fabbrica il prodotto reclamizzato. Al fine di ravvisare un’inserzione pubblicitaria clandestina è tuttavia sufficiente che vi sia un effetto obiettivamente promozionale della citazione del prodotto, e che questo effetto sia voluto e perseguito come tale dal produttore dell’opera televisiva e dall’impresa inserzionista, essendo per contro del tutto irrilevante che l’accordo sia stato o no formalizzato e che sia stato o no pattuito e/o pagato un corrispettivo da parte dell’impresa che beneficia dell’effetto promozionale. (Giurì, 17 maggio 1993, pronuncia n. 62/93, Aida 1993,190/2).

L’istituto della legittima difesa, quale adeguata e non eccessiva reazione a comportamenti ingiusti, fa sicuramente parte dell’ordinamento di autodisciplina e, ove ne ricorrano i presupposti, dovrebbe comunque applicarsi ad una particolare comparazione diretta, ove si ritenesse che essa sia illegittima anche in condizione di duopolio e quando siano integrati gli estremi della fattispecie di cui all’art. 15 c.a.. (Giurì, 30 aprile 1993, pronuncia n. 67/93, Aida 1993, 187/4).

Quando per la situazione di duopolio in cui le parti contendenti (nella specie: RAI e Fininvest) si trovino una comparazione indiretta non sia possibile, quella diretta deve ritenersi lecita «quando sia utile ad illustrare sotto l’aspetto tecnico ed economico caratteristiche e vantaggi oggettivamente rilevanti e verificabili dei beni e dei servizi pubblicizzati» (art. 15 c.a.): onde consentire così che anche in queste singolari situazioni di mercato possa realizzarsi una concorrenza sostanzialmente basata sull’informazione del consumatore (Giurì, 30 aprile 1993, pronuncia n. 67/93, Aida 1993, 187/3).

Nell’ambito delle trasmissioni televisive RAI e Fininvest si trovano sostanzialmente in una situazione di duopolio, onde il riferimento di una pubblicità comparativa di RAI al «principale concorrente» rende quest’ultimo sicuramente ed immediatamente identificabile con Fininvest, e fa sì che il caso sia assimilabile pienamente ad una comparazione diretta (Giuri, 30 aprile 1993, pronuncia n. 67/ 93, Aida 1993, 187/2).

Il riconoscimento della liceità della comparazione indiretta ex art. 15 c.a. è dovuto al fatto che i compilatori del codice di autodisciplina pubblicitaria hanno ritenuto preminente, nelle condizioni descritte dalla norma, l’interesse collettivo alla salvaguardia di una concorrenza basata sull’informazione del consumatore e su una scelta consapevole di questi tra i vari prodotti e servizi che gli sono offerti sul mercato: scelta che sarebbe impossibile ove fosse vietato comparare i propri prodotti e servizi con quelli del concorrente anche quando questa comparazione sia necessaria per descriverne le caratteristiche reali. (Giurì, 30 aprile 1993, pronuncia n. 67/93, Aida 1993,187/1).

L’art. 7 c.a. si riferisce sia alla pubblicità redazionale che al product placement, che consiste nella promozione di un prodotto o di un servizio mediante uno spettacolo cinematografico o televisivo, in cui il prodotto e il servizio appaiono come naturalmente presenti nella vicenda narrativa e come prescelti dal protagonista in funzione della loro superiorità, sulla base di un accordo che coinvolge tutti i soggetti che concorrono a diverso titolo nella realizzazione dell’opera cinematografica o televisiva (Giurì, 20 aprile 1993, pronuncia n. 62/93, Aida 1993,185/1).

Viola l’art. 11 ed i principi dell’onestà e della correttezza del messaggio pubblicitario ex art. 1 c.a. un annuncio che reclamizzi i prodotti di una linea di giochi annunciando ai loro acquirenti la donazione di un piccolo oggetto (nella specie: una spilletta) che posto davanti al televisore può accendersi durante il passaggio di spots pubblicitari o di trasmissioni TV sponsorizzate dal produttore dei giochi, senza tuttavia precisare quando vi siano le occasioni pubblicitarie propizie e senza precisare che l’oggetto è utilizzabile solo una volta (Giuri, 11 dicembre 1992, pronuncia n. 183/92, Pres. VANZETTI, Est. BERNARDINI DE PACE, Comitato di controllo c. Giochi Preziosi s.p.a., Publitalia 80, Aida 1993, Repertorio V.11.4).

Chi abbia per professione quella di giudicare e consigliare prodotti (nella specie: alimenti in funzione dei loro effetti sulla salute e sulla bellezza) e sia giunta a rivestire una posizione di esperto autorevole e riconosciuto, per definizione obiettiva, non può far pubblicità nel settore di sua specifica competenza senza che si determini un rischio di inganno del pubblico circa la reale natura del messaggio che gli viene proposto: con possibilità di equivoco idonea a pregiudicare sia i consumatori sia i concorrenti dell’utente pubblicitario: onde la sua utilizzazione in una pubblicità viola non tanto l’art. 8 quanto l’art. 2 c.a. (Giuri, 30 ottobre 1992, pronuncia 146/92, Aida 1993, 161/1).

 

11.5 sanzioni autodisciplinari

Il messaggio (nella specie espresso dalla copertina di un periodico) che si limiti ad annunciare il contenuto del periodico per promuoverne la vendita non potrebbe essere considerato manifestazione di pensiero protetta dall’art. 21 cost. ma pubblicità riconducibile all’art. 41 cost.: e d’altro canto la pronuncia del Giurì non comporta il sequestro del periodico ma solo l’inibitoria dell’ulteriore diffusione del (periodico con il) messaggio litigioso, ed anche sotto questo profilo non si pone comunque in contrasto con l’art. 21 cost. (Giurì, 21 dicembre 1999, pronuncia n. 393, Aida 2000, 710/4).

Poiché l’imprenditore mediamente corretto e leale osserva non solo le regole sostanziali del codice di autodisciplina, ma anche le decisioni dell’organo cui ha conferito il potere di dirimere le controversie circa la loro osservanza, l’emanazione della decisione di accertamento e di inibitoria del Giurì permette di per sé sola di qualificare la successiva protrazione del messaggio pubblicitario come atto di concorrenza sleale non conforme ai principi della correttezza professionale (Trib. Torino, ordinanza 30 ottobre 1998, Aida 1999, 621/3).

I tempi tecnici normalmente necessari all’emittente per l’inserimento nel palinsesto del materiale pubblicitario da diffondere non possono essere assunti come parametro per determinare i tempi tecnici necessari all’adempimento di un ordine di giustizia autodisciplinare (Giurì, 7 aprile 1998, pronuncia 140/98, Aida 1998, 561/5).

L’utente che alleghi in fatto un impeditivo dell’adempimento dell’obbligazione ex artt. 38 e 42 c.a. ha l’onere di darne la prova, ex art. 2697 c.c. (Giurì, 7 aprile 1998, pronuncia 140/98, Aida 1998, 561/4).

Le pronunce del Giurì sono efficaci già dal momento della lettura del dispositivo in udienza: a quel momento, l’obbligazione ex art. 382 e 42 c.a. di non diffondere uno spot contrario ad un’inibitoria del Giurì si aggiunge all’obbligazione di rispettare il codice di autodisciplina, e deve essere adempiuta secondo diligenza (Giurì, 7 aprile 1998, pronuncia 140/98, Aida 1998, 561/3).

La complessità del l’organizzazione dell’attività editoriale impone al gestore di un mezzo di organizzare al proprio interno un apposito ufficio destinato a controllare la pubblicità per adempiere all’obbligo assunto ex art. 41 c.a. di rifiutare le pubblicità censurate dal sistema autodisciplinare (Giurì, 10 ottobre 1995, pronuncia 213/95, Aida 1996, 410/4).

In linea di principio, tranne che non siano intervenute ragioni particolari, i gestori dei media hanno conoscenza delle pronunce autodisciplinari nel momento in cui esse compaiono sul notiziario all’uopo predisposto dallo IAP (Giurì, 10 ottobre 1995, pronuncia 213/95, Aida 1996, 410/3).

Non vi è violazione dell’art. 42 c.a. quando il gestore del medium sia venuto a conoscenza della pronuncia in tempo non utile per garantirne Fosservanza eliminando dalla pubblicazione il messaggio censurato (Giurì, 10 ottobre 1995, pronuncia 213/95, Aida 1996, 410/2).

Quando il sindacato del Giuri cade su un’opera cinematografica o televisiva che realizza l’ipotesi del product placement, e cioè l’ipotesi di una presentazione pubblicitaria del prodotto non distinguibile dal contenuto di altro genere della comunicazione, il Giurì deve limitarsi ad interdire l’ulteriore diffusione dell’opera stessa. Compete invece al produttore televisivo o cinematografico scegliere se eliminare dall’opera la presentazione del prodotto ritenuta scorretta oppure adottare accorgimenti idonei a distinguere le citazioni pubblicitarie dal resto della comunicazione, ferma restando la possibilità di una futura e diversa contestazione relativa alla idoneità di tali accorgimenti a soddisfare in concreto le finalità dell’art. 7 c.a.. (Giurì, 17 maggio 1993, pronuncia n. 62/93, Aida 1993, 190/4).