5. Azioni e sanzioni civili

Il sistema di trascrizione previsto dal r.d. 21.6.1942 n. 929 in materia di marchi è modellato su quello della trascrizione immobiliare e costituisce uno strumento destinato a derimere il conflitto tra più acquirenti di uno stesso diritto aventi causa dal medesimo titolare: e per conseguenza quando il titolare del marchio lo costituisce in pegno a garanzia di un finanziamento bancario, lo cede poi ad altro soggetto, e trascrive la cessione prima della trascrizione del pegno quest’ultimo non è opponibile al cedente (prima) ed al suo fallimento (poi) (Trib. Ferrara, 20 maggio 2010, Aida 2010, 1383/1).

Non è ammissibile l’ordine di cancellazione di un domain name appartenente a soggetto terzo rispetto alle parti del giudizio cautelare (Trib. Genova, ordinanza 4 dicembre 2007, Aida 2008, 1239/4).

Al momento dello scioglimento di un gruppo musicale (nella specie: i New Trolls) il marchio registrato congiuntamente da tutti i componenti del gruppo non può più essere usato lecitamente da nessuno di essi, se non insieme ad altri segni (come ad esempio “già New Trolls”) che evidenzino una trascorsa situazione di appartenenza al gruppo: e correlativamente ciascuno dei membri del gruppo può chiedere (nella specie in via cautelare) l’inibitoria dell’uso del segno, da solo, nell’attività professionale di altro membro del gruppo disciolto (Trib. Genova, ordinanza 7 dicembre 1998, Aida 1999, 626/2).

L’affittuario di un’azienda teatrale ha un diritto ad usarne in via esclusiva la ditta (precedente al contratto di affitto) che deriva da questo contratto, e non può lecitamente registrarla come marchio a proprio nome senza il consenso dell’affittante: che reciprocamente è legittimato ed ha interesse ad agire per far dichiarare la nullità del marchio costituito dalla ditta dell’azienda teatrale eventualmente registrato dall’affittuario (App. Bari, 2 dicembre 1998, Aida 1999, 625/1).

Costituiscono elementi rilevanti per escludere la concreta confondibilità tra le testate deboli di due periodici (nella specie: « Extra » e « Nuovo Extra ») le circostanze: 1) che il primo sia un settimanale di spettacolo e costume e il secondo un quotidiano di informazione generale; 2) che il primo sia diffuso soltanto nei mesi estivi e prevalentemente indirizzato ai turisti della riviera romagnola e il secondo sia una pubblicazione a diffusione nazionale non distribuita, tranne qualche sporadica eccezione, in Romagna; 3) che il primo sia distribuito gratuitamente e l’altro venga venduto nelle edicole.; 4) che il primo sia pubblicato in formato tabloid e il secondo abbia fogli delle dimensioni normali per un quotidiano; 5) che le testate dei due periodici siano scritte con caratteri di stampa di tipologia e di colore diversi (nero per il primo, rosso per il secondo); 6) che i due periodici differiscano nel sistema di impaginazione e nelle modalità di composizione della copertina (Trib. Rimini, ordinanza 1 ottobre 1996, G.D. FEDERICO, Cooperativa Editoriale Giornali Associati a r.l. c. Poligrafici Editoriali s.p.a., Aida 1997, Repertorio IV.5).

Le sanzioni dell’inibitoria, del risarcimento dei danni e della pubblicazione della sentenza sono applicabili all’affittuario di azienda teatrale che ne registri indebitamente la ditta come marchio e la usi dopo la cessazione dell’affitto (Trib. Bari, 26 marzo 1993, Aida 1994, 231/3).

 

5.1 legittimazione attiva e passiva. Intervento

Il licenziatario esclusivo è legittimato ad agire in contraffazione nei confronti del licenziante e del terzo che concorrano nella violazione dei diritti oggetto del contratto anche se quest’ultimo riservi al licenziante la tutela del marchio (Trib. Napoli, Sezione specializzata in materia di impresa, ordinanza 19 settembre 2014, Aida 2015, 1692/3).

L’interesse ad agire del licenziatario esclusivo di un marchio all’esercizio dell’azione di contraffazione non viene meno per effetto della risoluzione del contratto di licenza, sempre che la contraffazione ed il conseguente danno si siano realizzati quando il contratto era ancora in corso (Trib. Napoli, Sezione specializzata in materia di impresa, ordinanza 19 settembre 2014, Aida 2015, 1692/4).

Il licenziatario esclusivo di un marchio è legittimato a farne valere la violazione (Trib. Torino, Sezione IP, 9 dicembre 2011, Pres. Scotti, Est. Vitrò, L’Oreal Italia s.p.a. c. Johnson & Johnson s.p.a., Aida 2013, Repertorio IV.5.1).

Quando un’impresa abbia registrato un marchio, ed un’altra impresa adotti poi un segno confondibile come testata di un proprio periodico, ceda il relativo ramo d’azienda ad altro editore, rimanga tuttavia iscritta nel registro della stampa come titolare della relativa testata, cedente e cessionario sono legittimati passivi ad un’azione di inibitoria dell’uso della testata per contraffazione del marchio altrui (Trib. Milano, Sezione specializzata in materia di impresa, 6 dicembre 2012, Pres. Est. Tavassi, Walter D’Errico titolare di Bit House Informatica c. Alberto Peruzzo Editore s.r.l. in liquidazione., G&A Giornali Associati s.r.l., MTM More Than Media s.r.l., Aida 2013, Repertorio IV.5.1).

Quando il titolare di diritti d’autore chieda misure cautelari contro il noleggio non autorizzato di libri scolastici da parte di una società italiana che lo promuove attraverso un sito dotato di domain name che riproduce la denominazione del resistente, la circostanza che la registrazione del nome a dominio sia stata effettuata formalmente da soggetto diverso dal resistente ed i singoli contratti di noleggio siano conclusi tra quest’ultimo ed il consumatore non esclude la partecipazione del resistente all’attività complessivamente illecita contestata dal ricorrente e la sua responsabilità concorrente con eventuali altri soggetti (Trib. Milano, Sezione IP, ordinanza 26 febbraio 2008, Aida 2010, 1323/2).

È ammissibile l’intervento volontario ad adiuvandum nell’ambito di un giudizio cautelare (nella specie: per violazione di un diritto all’uso di un marchio ed all’organizzazione di un festival) (Trib. Firenze, Sezione IP, ordinanza 16 giugno 2008, Aida 2010, 1331/2).

Il provvedimento concernente la titolarità del nome di un complesso musicale pronunciato tra alcuni soltanto dei membri del complesso medesimo spiega i propri effetti anche nei confronti di coloro i quali non abbiano partecipato al procedimento, in quanto titolari di diritti necessariamente legati a quello degli altri componenti del gruppo ed il cui accertamento non può che essere unitario (Trib. Genova, ordinanza 22 luglio 2008, Aida 2010, 1337/1).

Quando A abbia registrato come marchio il titolo di un film, e successivamente A e B stipulino con C una donazione avente per contenuto una licenza del marchio ora detto e per forma quella verbale (e dunque non la forma dell’atto pubblico previsto dall’art. 782 c.c.), C è carente di legittimazione attiva ad agire contro D per contraffazione del marchio: e d’altro canto non può acquistare in base alla regola dell’art. 783 c.c. che non richiede la forma notarile per la donazione di modico valore, quando il marchio era economicamente così rilevante da contraddistinguere tutta la produzione musicale fonografica dei due donatari, e non ricorre l’elemento della tradizione della cosa donata richiesta dall’art. 783 c.c., non essendosi la denominazione materializzata in una cosa concreta (App. Roma, Sezione IP, 5 febbraio 2007, Pres. Fancelli, M.R. c. A., D.P. s.r.l., D.R., Aida 2009, Repertorio IV.5.1).

Concorre nell’illecito per violazione dei diritti di marchio registrato per attività di spettacolo chi contribuisca a realizzare uno spettacolo analogo promosso utilizzando segni distintivi confondibili, pubblicizzando l’iniziativa e la partecipazione di artisti presentati per la loro partecipazione allo spettacolo originale (Trib. Milano, Sezione IP, 27 ottobre 2008, Pres. De Sapia, Est. Bonaretti, Fascino, Produzione Gestione Teatro s.r.l. c. Bruno Gaggiotti, Music Time Production, Divier Togni 2 s.r.l., Aida 2009, Repertorio IV.5.1).

Anche se l’art. 100 l.a. è norma destinata a disciplinare essenzialmente i rapporti concorrenziali tra editori l’autore che non abbia ceduto integralmente i suoi diritti di utilizzazione economica è legittimato a far valere il diritto sul titolo dell’opera (Trib. Milano, Sezione IP, 10 marzo 2005, Aida 2005, 1061/3).

L’inibitoria della riproduzione e distribuzione di un DVD contenente un’opera cinematografica può essere disposta anche nei confronti del soggetto che il distributore abbia incaricato della duplicazione dei DVD per conto suo (Trib. Milano, ordinanza 15 maggio 2005, G.D. De Sapia, Cinehollywood s.r.l. c. Finson s.p.a., Kdg Italia s.r.l., Aida 2005, Repertorio IV.5.1 .

E’ legittimato passivo all’azione di contraffazione di marchio e di violazione del diritto al nome l’utilizzatore di un DNS asseritamente lesivo dell’altrui nome o marchio, ancorché non abbia direttamente in proprio registrato il DNS presso la registration authority (Trib. Bolzano sezione di Brunico, 30 agosto 2003, Aida 2004, 988/1).

Il licenziatario di diritti di marchio, d’autore e connessi su trasmissioni televisive è legittimato ad agire per la violazione dei diritti medesimi (Trib. Milano, ordinanza 12 marzo 2004, Aida 2004, 1005/1).

Quando seguiti a fornire i propri servizi a chi sfrutta illecitamente la notorietà di un marchio altrui nei propri domain names, pagine web e metatags l’ISP che ne sia stato reso indiscutibilmente edotto concorre nell’illecito di concorrenza sleale (Trib. Napoli, ordinanza 28 dicembre 2001, Aida 2003, 904/1).

Rispondono della contraffazione di marchio commessa mediante l’adozione di un segno con esso confondibile come domain name non solo il titolare del domain name stesso, ma anche il soggetto che offra a terzi spazi nel sito corrispondente e vi abbia inserito la propria denominazione con indirizzo e recapito telefonico (Trib. Roma, 27 marzo 2002, Giud. Iofrida,  International Hospitality Management s.p.a. c. Travel In Reservetion Service s.r.l., Aida 2003, Repertorio IV.5.1).

La competenza a conoscere una domanda cautelare di inibitoria dell’uso di un domain name per contraffazione di un marchio registrato del concorrente spetta al giudice del luogo in cui il convenuto predispone e gestisce il proprio sito (Trib. Verona, 18 dicembre 2000, Aida  2002, 833/1).

Il d.lgs. 447/1999 ha novellato l’art. 59 l.m. introducendo una norma processuale in tema di legittimazione all’azione di nullità del marchio (nella specie, costituito dalla figura e dal nome di un personaggio di fantasia comparso in un cartone animato di una pubblicità-progresso, successivamente registrato da un’impresa terza), applicabile perciò anche ai marchi anteriori (Trib. Modena, ordinanza 24 gennaio 2001, Aida 2001, 802/1).

La mancata evocazione in giudizio della Registration Authority italiana impone il rigetto per difetto di contraddittorio di una domanda cautelare di inibitoria dell’uso di un domain name assegnato da questa medesima Authority. (Trib. Modena, ordinanza 7 dicembre 2000, Aida 2001, 792/1)

Dopo la novella dell’art. 59 l.m. introdotta dal d.lgs 447/1999 la validità di un marchio costituito da un personaggio di fantasia simile a quello precedentemente apparso in una pubblicità-progresso non può  essere eccepita da un terzo che faccia valere l’anteriorità costituita dalla pubblicità (Trib. Modena sezione distaccata Sassuolo, ordinanza 30 ottobre 2000, Aida 2001, 786/2).

La Registration Authority italiana è un soggetto privo di qualunque connotazione o funzione pubblica, istituito su base puramente privata e convenzionale quale filiazione di una più vasta organizzazione sorta a livello mondiale attorno ad Internet, ed avente compiti di coordinamento e integrazione del sistema che si fondano esclusivamente sul consenso di tutti i soggetti operanti professionalmente nella rete, al fine di stabilire e fare osservare talune regole fondamentali nell’assegnazione e nella gestione dei nomi a dominio. (Trib. Roma, ordinanza 28 agosto 2000, Aida 2001, 779/1)

Non ricorre un litisconsorzio necessario delle autorità di registrazione ICANN e IANA quando la causa petendi azionata non sia la violazione delle regole di attribuzione dei nomi di dominio di Internet ma un preteso illecito extracontrattuale in relazione al quale la registrazione di un dominio con top level .com costituisce solo una sua modalità di realizzazione (Trib. Crema, ordinanza 24 luglio 2000, Aida 2001, 775/3).

Poiché l’azione cautelare per concorrenza sleale confusoria è rivolta ad inibire all’assegnatario l’uso del nome a dominio litigioso la legittimazione passiva grava su questo utilizzatore, e non sulla Registration Authority, che è del tutto estranea al rapporto concorrenziale tra gli utenti dei segni distintivi in conflitto. (Trib. Roma, ordinanza 18 luglio 2000, Aida 2001, 773/1)

L’Internet Service Provider che si limiti a fornire ad un Content Provider, dietro pagamento di un canone di abbonamento, l’accesso alla rete telematica e lo spazio per la pubblicazione dei suoi contenuti attraverso un Personal Computer del Content Provider ed una serie di password fornite dall’Internet Services Provider, in una situazione in cui il contenuto del sito può essere costantemente modificato ed aggiornato dal Content Provider, non può essere considerato corresponsabile degli illeciti commessi attraverso il sito web (Trib. Velletri, ordinanza 20 maggio 2000, Aida 2000, 732/2).

Il giudice italiano non può adottare provvedimenti cautelari nei confronti della naming authority statunitense quando questa non sia stata evocata e sia rimasta estranea al giudizio (Trib. Roma, ordinanza 22 dicembre 1999, Aida 2000, 711/7)

In un procedimento giudiziale che vede un conflitto tra nomi di dominio già “assegnati” e nomi di identico contenuto (esprimenti o meno una realtà giuridica tutelata o tutelabile in termini di marchio) non è possibile prendere in esame una domanda mirata ad ottenere un ordine di cancellazione e/o revocazione della registrazione del domain name litigioso da pronunciarsi nei confronti della registration authority che non sia parte del procedimento (Trib. Genova, ordinanza 17 luglio 1999, Aida 2000, 700/1).

Quando l’avente diritto alla registrazione del segno notorio (nella specie: la FIFA ‑Federation Internationale de Football Association), piuttosto che avvalersi di tale diritto onde sfruttarlo commercialmente attraverso il sistema delle licenze d’uso consente ad altri detta registrazione in sua vece, l’avente diritto pone in essere un negozio che, comunque qualificato, comporta ex lege l’insorgenza esclusiva in capo al registrante di tutti i diritti e le facoltà connesse alla titolarità del marchio, tra le quali è senz’altro ricompresa quella di vietarne l’uso a terzi non autorizzati: e reciprocamente l’avente diritto non è più legittimato ad agire contro terzi in contraffazione (Trib. Modena, ordinanza 26 giugno 1994, Aida 1995, 324/2).

Quand’anche si avvalga nella denominazione sociale del nome patronimico di una persona fisica una società commerciale non è legittimata ad agire in difesa del diritto di questa all’immagine ed al nome, a meno che non provi di essere stata investita del potere di esercitare in nome e per conto della persona fisica i diritti ad essa spettanti ai sensi degli articoli da 6 a 10 c.c. (Cass. 6 febbraio 1993 n. 1503, Aida 1993, 131/1).

 

5.2 giurisdizione

La competenza dei tribunali dei marchi comunitari previsti all’art. 91.1 reg. 40/94 a conoscere delle azioni e delle domande di cui al successivo articolo 92 deriva dalle regole stabilite direttamente dal medesimo regolamento, le quali hanno natura di lex specialis rispetto alle regole enunciate dal reg. 44/2001 (Corte Giustizia UE 5 giugno 2014, in causa C‑360/12,  Coty Germany GmbH, già Coty Prestige Lancaster Group GmbH c. First Note Perfumes NV, Aida 2014, Repertorio IV.5.2).

Il criterio di collegamento previsto dall’art. 93.5 reg. 40/94 si riferisce al territorio dello Stato membro in cui il fatto all’origine dell’affermata contraffazione è avvenuto o rischia di avvenire, e non al territorio dello Stato membro in cui detta contraffazione produce i propri effetti; questo criterio in particolare non consente di radicare una competenza giurisdizionale a conoscere di un’azione per contraffazione diretta contro il venditore che non ha operato in prima persona nello Stato membro cui appartiene il giudice adito (Corte Giustizia UE 5 giugno 2014, in causa C‑360/12,  Coty Germany GmbH, già Coty Prestige Lancaster Group GmbH c. First Note Perfumes NV, Aida 2014, Repertorio IV.5.2).

La competenza a conoscere delle azioni fondate sul diritto nazionale relativo alla concorrenza sleale dev’essere determinata sulla base delle disposizioni del reg. 44/2001 (Corte Giustizia UE 5 giugno 2014, in causa C‑360/12,  Coty Germany GmbH, già Coty Prestige Lancaster Group GmbH c. First Note Perfumes NV, Aida 2014, Repertorio IV.5.2).

I termini «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire», utilizzati dall’art. 5.3 reg. 44/2001, applicabile alla materia della concorrenza sleale, indicano sia il luogo in cui il danno si è concretizzato sia il luogo del fatto generatore di tale danno (Corte Giustizia UE 5 giugno 2014, in causa C‑360/12,  Coty Germany GmbH, già Coty Prestige Lancaster Group GmbH c. First Note Perfumes NV, Aida 2014, Repertorio IV.5.2).

L’art. 5.3 reg. 44/01 non consente di radicare la competenza giurisdizionale a conoscere di un’azione per responsabilità fondata sulla legge relativa alla repressione della concorrenza sleale dello Stato membro cui appartiene il giudice adito e diretta contro uno dei presunti autori del danno che non ha operato nel distretto del giudice adito (Corte Giustizia UE 5 giugno 2014, in causa C‑360/12,  Coty Germany GmbH, già Coty Prestige Lancaster Group GmbH c. First Note Perfumes NV, Aida 2014, Repertorio IV.5.2).

Una controversia relativa ad una violazione della legge sulla concorrenza sleale può essere sottoposta ai giudici di uno stato membro quando il fatto commesso in un altro Stato membro abbia causato o rischi di causare un danno nel distretto del giudice adito (Corte Giustizia UE 5 giugno 2014, in causa C‑360/12,  Coty Germany GmbH, già Coty Prestige Lancaster Group GmbH c. First Note Perfumes NV, Aida 2014, Repertorio IV.5.2).

In applicazione del principio generale stabilito dall’art. 2 co.1 reg. CE 44/2001 sussiste la giurisdizione del giudice italiano anche quando la società ricorrente sia straniera (e segnatamente francese) se la società resistente ha sede legale in Italia (nella specie la società estera lamentava la contraffazione del marchio registrato «Meetic» realizzata dalla convenuta con l’uso di un domain name confondibile per offrire servizi internet dello stesso genere, vale a dire un social network) (Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 21 luglio 2010, Aida 2011, 1432/1).

In presenza di domande connesse contro più convenuti uno dei quali è residente in Italia, il criterio di cui all’art. 6 n. 1 della convenzione di Bruxelles del 1968 consente al giudice italiano di conoscere anche di una domanda di trasferimento di un marchio (nella specie: per fisarmoniche) registrato negli Stati Uniti d’America, e più in generale di diritti e fatti sorti o verificatisi all’estero, qualora l’articolazione delle domande proposte comporti la cognizione preliminare della causa petendi che, determinando la connessione, impone l’unitaria trattazione di tutte le cause (Trib. Ancona, 14 ottobre 2008, Pres. Mogetta, Est. Betti, Gabbanelli Accordions & Imports L.L.C. c. Gabbanelli Ubaldo di Elio Gabbanelli, Aida 2010, Repertorio IV.5.2).

Le funzioni di conciliazione attribuite all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dall’art. 1 l. 249/97 non escludono la giurisdizione del giudice ordinario, specie per controversie relative alla violazione di diritti di marchio e d’autore (Trib. Milano, ordinanza 22 aprile 2004, Aida 2004, 1007/1).

Poiché il rinvio alla legge sulla stampa ex art. 21 co. 3 cost. va riferito ad ogni disposizione di carattere generale riguardante la materia si deve ritenere che la previsione del sequestro ex artt. 63ss. l.m. e la coincidenza della contraffazione di marchio con numerose fattispecie incriminatrici  (artt. 473, 474 e 517 c.p.) assolvono le condizioni stabilite dal costituente per il sequestro delle pubblicazioni a stampa (Tribunale di Bologna, ordinanza 30 marzo 2001, Giud. FERRO, Bologna F.C. 1909 s.p.a. c. Grafica San Matteo s.r.l., Aida 2002, Repertorio IV.5.2).

In base all’art. 93 reg. CE 40/1994 sussiste la giurisdizione italiana per le azioni di contraffazione di un marchio comunitari (nella specie, che ne lamentino l’uso quale metat-tag) o esperite da un licenziatario di fatto avente nazionalità sanmarinese contro un convenuto privo di sede o organizzazione stabile nel territorio di un paese membro della UE (Trib. Milano, ordinanza 8 febbraio 2002, Aida 2002, 867/1).

In base all’art. 62 l. dip gli atti di concorrenza sleale per uso di domain name realizzati via Internet contro una società avente sede in Italia sono regolati dalla legge italiana (Trib. Crema, ordinanza 24 luglio 2000, Aida 2001, 775/1).

L’art. 56 l.m. fonda una giurisdizione esclusiva del giudice italiano, con una regola che non è abrogata né dall’art. 16.4 della convenzione di Bruxelles né per effetto dell’abrogazione dell’art. 4.2 c.p.c. prevista dall’art. 73 della legge 218/95 (nella specie il titolare del marchio registrato in Italia aveva esercitato in via cautelare un’inibitoria dell’uso di questo marchio in un domain name registrato negli USA e relativo ad un sito USA) (Trib. Roma, ordinanza 9 marzo 2000, Aida 2000, 723/1).

Ai fini della decisione sulla giurisdizione del giudice italiano a conoscere di un’azione di contraffazione di marchio integrata dall’uso di un domain name straniero, occorre fare riferimento alla situazione attuale, e non anche alle possibili prospettive eventuali di futura espansione della politica commerciale del titolare del sito straniero (Trib. Roma, ordinanza 1 febbraio 2000, Aida 2000, 716/5).

In materia di contraffazione di marchio tramite Internet il fatto lesivo che può fondare la giurisdizione del giudice italiano non può essere costituito dalla mera visibilità del marchio (che si assume contraffatto) sulla pagina web di un sito straniero e nemmeno dell’effettiva importazione in Italia del prodotto recante il marchio ora detto, occorrendo piuttosto un’effettiva “offerta in vendita” in Italia del prodotto o dei servizi reclamizzati dal sito straniero (Trib. Roma, ordinanza 1 febbraio 2000, Aida 2000, 716/4).

L’art. 56 l.m., coordinato con la legge 218/1995 e con la convenzione di Bruxelles, fonda la giurisdizione del giudice italiano a conoscere delle azioni di contraffazione di un marchio italiano allorché in Italia si sia consumato “l’evento dannoso” per il titolare del marchio e cioè si siano verificati i “fatti che si assumono lesivi del diritto di marchio” ex art. 57 l.m. (Trib. Roma, ordinanza 1 febbraio 2000, Aida 2000, 716/3).

L’art. 16 n.4 della convenzione di Bruxelles non fonda la giurisdizione esclusiva dei giudici italiani a conoscere delle azioni di contraffazione di un marchio italiano (Trib. Roma, ordinanza 1 febbraio 2000, Aida 2000, 716/2).

Le regole degli artt. 669ter co.3 c.p.c. e 10 legge 218/1995 che attribuiscono al giudice italiano giurisdizione in materia cautelare ove il provvedimento cautelare debba essere eseguito in Italia non fondano la giurisdizione italiana a pronunciare ex art. 700 un’inibitoria dell’uso di un domain name registrato dalla naming authority statunitense e relativo ad un sito gestito da server statunitensi: posto che quest’inibitoria non costituisce un provvedimento da eseguirsi in Italia (Trib. Roma, ordinanza 1 febbraio 2000, Aida 2000, 716/1).

L’art. 5 n.3 della convenzione di Bruxelles non si applica alle azioni di accertamento negativo della concorrenza sleale e della contraffazione di marchio (nella specie: in un’ipotesi di conflitto tra testate di periodici concorrenti) (Cass. 13 febbraio 1993 n. 1821, Aida 1994, 209/1).

L’art. 16 n.4 della convenzione di Bruxelles deve essere interpretato restrittivamente e non si applica né all’azione di accertamento negativo della contraffazione di un altrui marchio registrato né a quella di accertamento positivo del proprio diritto esclusivo all’uso di un marchio per preuso precedente all’altrui registrazione del medesimo segno (nella specie: in un’ipotesi di conflitto tra testate di periodici concorrenti) (Cass. 13 febbraio 1993 n. 1821, Aida 1994, 209/2).

La mera elezione di domicilio di un editore straniero in Italia ai sensi dell’art. 5 della legge 47/1948 sulla stampa non vale come domicilio ai sensi dell’art. 2 della convenzione di Bruxelles (Cass. 13 febbraio 1993 n. 1821, Aida 1994, 209/3).

Un collegio arbitrale rituale può conoscere della domanda di dichiarazione di nullità di un marchio registrato relativo alla testata di un periodico: in un’ipotesi in cui a) il titolare del marchio lo ha già ceduto all’altra parte, b) questa si è obbligata a pagare al cedente un corrispettivo per la sola ipotesi in cui il marchio non venga dichiarato nullo dagli arbitri, e c) questi debbano pronunciarsi sulla nullità del marchio e determinare se del caso il corrispettivo (Lodo arbitrale, 23 marzo 1992, Aida 1993, 145/1).

 

5.3 competenza

E’ sottratta alla competenza del giudice indicato in un contratto di licenza “per qualsiasi controversia inerente all’interpretazione, validità ed esecuzione” dello stesso la causa intentata dal licenziatario per reagire agli atti di contraffazione e di concorrenza sleale compiuti da un terzo col beneplacito del licenziante, entrambi convenuti in giudizio (Trib. Napoli, Sezione specializzata in materia di impresa, ordinanza 19 settembre 2014, Aida 2015, 1692/1).

Il locus commissi delicti degli atti di contraffazione e concorrenza sleale può individuarsi presso la sede operativa del loro autore, che coincide presuntivamente con quella legale e presso la quale si è svolta principalmente la vendita di prodotti contraffatti (Trib. Napoli, Sezione specializzata in materia di impresa, ordinanza 19 settembre 2014, Aida 2015, 1692/2).

La competenza a decidere sulla contraffazione di un marchio a mezzo internet spetta ad ogni sezione specializzata in proprietà industriale in applicazione del criterio del forum commissi delicti di cui all’art. 120 co. 6 cpi (nella specie l’illecito consisteva nell’uso come domain name per siti internet dedicati al social networking dei segni «lovemeetic» e «mymeetic», ritenuti confondibili con il marchio registrato «Meetic» ed utilizzato per servizi dello stesso tipo) (Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 21 luglio 2010, Aida 2011, 1432/2).

Le controversie in materia di violazioni di diritti d’autore e di diritti sui segni distintivi rientrano nella competenza delle sezioni specializzate per la proprietà intellettuale (Trib. Milano, Sezione IP, 20 marzo 2010, AID Aida 2005, Aida 2010,  1381/1).

Nel caso di contraffazione di marchio via Internet non può essere obiettivamente individuato un unico luogo di commissione del fatto, e dunque la scelta del giudice territorialmente competente ex art. 20 c.p.c. deve cadere su quello del luogo in cui si svolge l’attività pregiudizievole (nella specie: la sede del contraffattore) (Trib. Napoli, 14 giugno 2000, Aida 2002, 827/1 ).

Poiché per le cause relative ai diritti di obbligazione derivanti da fatti illeciti è competente a conoscere della domanda, ex art. 20 c.p.c., il giudice del luogo in cui si è verificato l’evento dannoso, ancorché non coincidente con quello in cui è stato posto in essere il comportamento antigiuridico, un’azione in materia di imitazione di una testata può venire radicata in ciascuno dei fori compresi nell’area di diffusione della testata che si pretende imitata (Trib. Rimini, ordinanza 1 ottobre 1996, G.D. FEDERICO, Cooperativa Editoriale Giornali Associati a r.l. c. Poligrafici Editoriali s.p.a., Aida 1997, Repertorio IV.5.3).

E’ competente a conoscere di un’azione cautelare in materia di violazione di denominazione sociale‑ditta il giudice del luogo in cui viene edita una rivista sulla quale la società resistente ha svolto pubblicità facendo uso della denominazione imitante (Trib. Milano, ordinanza 9 luglio 1996, G.D. DE SAPIA, HTG s.r.l. c. High Technology Group H.T.G. s.p.a. , Aida 1997, Repertorio IV.5.3).

Il luogo in cui è sorta l’obbligazione, ed il giudice sotto questo profilo competente ex art. 20 c.p.c. a conoscere di un’azione di inibitoria e risarcimento dei danni derivanti dall’uso di una testata per una rivista, devono essere individuati avendo riguardo al luogo di prima incidenza causale dell’azione lamentata nella scheda giuridica dell’attore, e dunque al luogo ove la rivista è stampata e così immediatamente resa pubblica (Trib. Milano, 24 marzo 1994, Pres. PATRONE, Est. BONARETTI, Ediber s.p.a. c. Hobby & Work Italiana Editrice s.r.l., Marshall Cavendish International Limited, Aida 1994, Repertorio IV.5.3).

 

5.4 onere della prova e prove

In mancanza di qualsiasi supporto documentale o altro elemento di prova non può darsi ingresso ad una richiesta di CTU (che sarebbe meramente esplorativa) volta alla quantificazione dei danni da contraffazione di marchio utilizzato per un periodico (Trib. Milano, Sezione specializzata in materia di impresa, 6 dicembre 2012, Pres. Est. Tavassi, Walter D’Errico titolare di Bit House Informatica c. Alberto Peruzzo Editore s.r.l. in liquidazione., G&A Giornali Associati s.r.l., MTM More Than Media s.r.l., Aida 2013, Repertorio IV.5.4).

Chi sostenga la legittimità dell’uso di segni distintivi altrui assumendo di essere distributore di prodotti originali marcati dai segni medesimi ha l’onere di provare questa sua affermazione (Trib. Monza, ordinanza 16 luglio 2002, Aida 2004, 966/5).

Ai fini dell’esistenza del fumus boni iuris in sede cautelare, la rinomanza di un marchio costituito da un domain name può ritenersi dimostrata in base alle comuni conoscenze indotte dalla pubblicità e dai giornali, nonché dalla diffusione di dischetti di accesso ad Internet da parte del provider titolare del segno (Trib. Brescia, ordinanza 30 novembre 2000, Aida 2003, 891/2).

Incombe all’editore convenuto per uso di testata confondibile con quella del concorrente l’onere di provare ex art. 100 co.4 l.a. il non uso biennale di quest’ultima (Trib. Milano, 7 febbraio 1994, Aida 1994, 265/1).

 

5.5 provvedimenti cautelari e possessori

Il periculum in mora sussiste solo in presenza di una violazione attuale del diritto di proprietà intellettuale; per conseguenza, va escluso qualora il diritto del ricorrente – nella specie un licenziatario esclusivo – sia prossimo a scadenza, consentendogli soltanto di smaltire le giacenze di magazzino, e, per altro verso, la condotta illegittima ed il rischio della sua reiterazione siano ormai venuti meno (Trib. Napoli, Sezione specializzata in materia di impresa, ordinanza 19 settembre 2014, Aida 2015, 1692/5).

Il periculum in mora sussiste solo in presenza di una violazione attuale del diritto di proprietà intellettuale; per conseguenza, va escluso qualora il diritto del ricorrente – nella specie un licenziatario esclusivo – sia prossimo a scadenza, consentendogli soltanto di smaltire le giacenze di magazzino, e, per altro verso, la condotta illegittima ed il rischio della sua reiterazione siano ormai venuti meno (Trib. Napoli, Sezione specializzata in materia di impresa, ordinanza 19 settembre 2014, Aida 2015, 1692/5).

Sussiste il periculum in mora in caso di utilizzo non autorizzato dello stemma di un ente pubblico territoriale (nella specie: lo stemma della regione Piemonte) qualora possa derivarne confusione nel settore di riferimento, suggerendo falsamente l’esistenza di un rapporto di partnership, ed un pregiudizio per l’autorevolezza del segno, normalmente associato ad attività aventi interesse e finalità pubbliche (Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 12 maggio 2010, G.I. Contini, Regione Piemonte c. Horizon s.r.l., Aida 2011, Repertorio IV.5.5).

Il periculum in mora è insito nella lesione del diritto di marchio nonché nell’idoneità del comportamento a creare confusione tra il pubblico e a sviare la clientela configurando un atto di concorrenza sleale, con danno non facilmente quantificabile e destinato con il tempo ad aumentare (nella specie l’illecito consisteva nell’uso come domain name per siti internet dedicati al social networking dei segni «lovemeetic» e «mymeetic», ritenuti confondibili con il marchio registrato «Meetic» ed utilizzato per servizi dello stesso tipo) (Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 21 luglio 2010, Aida 2011, 1432/4).

Non si presta ad esame in sede cautelare la questione di nullità del marchio «Motogiro» per conflitto con l’anteriore registrazione del marchio «Motogiro d’Italia», così che in questa sede non può essere inibito l’uso del primo marchio, in assenza di riferimenti a rapporti di collegamento con il titolare del secondo marchio (Trib. Bologna, Sezione IP, ordinanza 23 luglio 2010, Aida 2011, 1434/2).

Non esclude il fumus boni iuris della violazione di marchi anteriori la titolarità in capo al convenuto di domande di marchio relative ai segni contestati quando essi appaiano privi dei requisiti necessari per una valida registrazione (nella specie la controversia riguardava la produzione e commercializzazione non autorizzata di articoli di merchandising che recavano segni distintivi appartenenti al gruppo musicale U2) (Trib. Torino, ordinanza 16 agosto 2010, G.I. Contini, Not us Limited c. Leonardo Guiderdone e Ace Gadget Production, Aida 2011, Repertorio IV.5.5).

Non esclude il periculum in mora l’inerzia del titolare del marchio di fronte al deposito di un segno identico o simile da parte di un terzo, in quanto l’unica attività rilevante per verificare se vi sia stata o meno tolleranza consapevole dell’altrui comportamento è l’uso alieno del marchio (nella specie la controversia riguardava il deposito di segni confondibili con il marchio registrato anteriore «U2» corrispondente al nome di un noto gruppo musicale) (Trib. Torino, ordinanza 16 agosto 2010, G.I. Contini, Not us Limited c. Leonardo Guiderdone e Ace Gadget Production, Aida 2011, Repertorio IV.5.5).

Nell’ambito di un ricorso cautelare proposto in corso di causa sono inammissibili le domande che non hanno ad oggetto una materia che faccia già parte del giudizio di merito ((Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 22 luglio 2009, G.U. Grosso, Alex Angi, Daniela Cagna, Renzo Nucara, Charles Rizzetti, Marco Veronese, William Sweetlove – Gruppo Cracking Art c. Omar Aprile Ronda, Immobiliare Texman s.a.s., Aida 2010, Repertorio IV.5.5).

Non sussiste il requisito del periculum in mora necessario all’emanazione di una inibitoria cautelare quando gli atti denigratori lamentati siano stati posti in essere un anno prima della proposizione del ricorso (Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 22 luglio 2009, G.U. Grosso, Alex Angi, Daniela Cagna, Renzo Nucara, Charles Rizzetti, Marco Veronese, William Sweetlove – Gruppo Cracking Art c. Omar Aprile Ronda, Immobiliare Texman s.a.s., Aida 2010, Repertorio IV.5.5)

A seguito della novella del cpi di cui al dlgs 140/2006, che ha attenuato il nesso di strumentalità tra procedimento cautelare ante causam e giudizio di merito ed ha riformulato l’art. 131 cpi, prevedendo l’adozione dell’inibitoria cautelare a fronte di “qualsiasi violazione imminente del diritto e del proseguimento o della ripetizione delle violazioni in atto”, il requisito del periculum in mora, per le misure cautelari a tutela di un diritto di proprietà industriale potrà configurarsi in presenza di ogni rischio di pregiudizio anche meramente patrimoniale, suscettibile di espansione o – comunque – non agevolmente quantificabile ai fini del successivo risarcimento, tale dovendosi ritenere anche il rischio di diluizione della capacità distintiva di un segno (Trib. Napoli, Sezione IP, ordinanza 23 luglio 2009, G.D. Casaburi, Ivan Lavezzi Ezequiel, Società Sportiva Calcio Napoli s.p.a. c. Primal s.r.l., Aida 2010, Repertorio IV.5.5).

Ai fini della concessione di un provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. a tutela del nome di una persona giuridica il periculum in mora è insito nella perpetuazione degli illeciti e nella natura del danno contestato di difficile accertamento e liquidazione (Trib. Roma, ordinanza 4 novembre 2009, Aida 2010, 1369/3).

Al fine della concessione di provvedimenti cautelari a tutela di un marchio, la mera tolleranza, sia pure per un lungo periodo di tempo, non esclude la sussistenza del pericolo nel ritardo, che è connaturato al tipo di situazione giuridica violata, considerato anche che i danni conseguenti a tali violazioni sono irreparabili e in suscettibili di risarcimento monetario, anche perché di difficile determinazione (nella specie, la domanda cautelare era stata proposta a distanza di circa otto anni dalla domanda di registrazione del marchio contraffattorio, di quattro anni dal suo utilizzo anche su Internet e di due anni dall’inizio del giudizio di merito) (Trib. Bari. ordinanza, 14 novembre 2005, Pres. Napoleone, Est. Magaletti, C.T.M. Communication s.r.l. c. Telecom Italia Mobile s.p.a., Aida 2009, Repertorio IV.5.5 ).

Il giudicato formatosi sull’appartenenza del marchio e della denominazione di un gruppo musicale comporta un accertamento dei fatti che può essere utilizzato in un giudizio cautelare ai fini della valutazione del fumus boni juris anche nei confronti di un soggetto che non aveva partecipato al relativo giudizio (Trib. Genova, ordinanza 4 dicembre 2007, Aida 2008, 1239/2).

Il titolare di un marchio registrato per canali televisivi che non sia attualmente titolare di canali può lamentare un periculum in mora derivante dall’utilizzazione da parte di un terzo di un marchio confondibile, almeno quando sia concessionario di pubblicità e possa produrre programmi di intrattenimento televisivo montandoli con il proprio marchio (Trib. Bari, 9 maggio 2008, Aida 2008, 1249/3).

Il periculum in mora in materia di segni distintivi non può essere considerato in re ipsa, ma va verificato nel caso concreto, ed in particolare non sussiste quando il danneggiato abbia ormai perso il proprio patrimonio, e non appaia in grado di proseguire fruttuosamente l’attività imprenditoriale (Trib. Napoli, ordinanza 18 aprile 2006, Aida 2007, 1159/6).

Il periculum in mora rilevante nell’ambito del diritto industriale ai fini della concessione di provvedimenti cautelari si fonda su di una valutazione comparativa degli interessi contrapposti delle parti e come tale può identificarsi nel rischio di un pregiudizio anche solo patrimoniale per l’istante, purché significativo e suscettibile di sviluppi imprevedibili o incontrollabili, ovvero nella difficoltà probatoria di quantificare il danno nel successivo giudizio di merito (Trib. Napoli, ordinanza 18 aprile 2006, Pres. Lipani, Est. Casaburi, Salernitana Sport c. Salernitana Calcio 1919, Federazione Italiana Giuoco Calcio, Aida 2007, Repertorio IV.5.5)

E’ consolidato l’insegnamento secondo cui il requisito tradizionale del periculum in mora è di per sè stesso insito nella violazione di un segno distintivo qual è il titolo di un film (Trib. Milano, ordinanza 8 aprile 2005, G.D. Bonaretti, Time of my life Pty Ltd c. Brancati Antonia, Aida 2006, Repertorio IV.5.5).

Il periculum in mora è in re ipsa nell’utilizzazione del marchio e del nome di un gruppo musicale (Trib. Torino, ordinanza 20 dicembre 2005, Aida 2006, 1110/4).

Il titolare di una domanda di registrazione di marchio italiano e di due domain name corrispondenti può ottenere ex artt. 63 l.m. e 700 c.p.c. un’ordinanza giudiziale che ordini al titolare dei due domain name confondibili di trasferirgli immediatamente la loro titolarità (Trib. Firenze, ordinanza 16 dicembre 2004, G.D. Delle Vergini, APT Costa degli Etruschi c. Piramedia s.r.l., Aida 2005, Repertorio IV.5.5).

E’ opportuno ordinare in via d’urgenza la pubblicazione telematica nella home page del sito dell’autore dell’illecito di un estratto di un  provvedimento cautelare che abbia inibito l’utilizzazione (anche) telematica di un altrui segno distintivo (Trib. Monza, ordinanza 16 luglio 2002, Aida 2004, 966/7).

Il periculum in mora richiesto per la concessione di un provvedimento d’urgenza sussiste quando è attuale la ritrasmissione di un programma in violazione degli altrui diritti d’autore, connessi e di marchio (Trib. Milano, ordinanza 12 marzo 2004, Aida 2004, 1005/4).

Le funzioni di conciliazione attribuite all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dall’art. 1 l. 249/97 non escludono la proposizione di procedimenti cautelari (Trib. Milano, ordinanza 22 aprile 2004, Aida 2004, 1007/2).

La precedente instaurazione di un procedimento cautelare dinnanzi ad altro tribunale,  (nella specie, per contraffazione di un segno distintivo di un’emittente televisiva) anch’esso competente per effetto dei fori alternativi concorrenti, avente ad oggetto una domanda cautelare distinta rispetto a quella azionata, non dà luogo a litispendenza o continenza (Trib. Roma, ordinanza 22 giugno 2001, Aida 2002, 852/1).

Il  periculum in mora  non e’ escluso dalla avvenuta modifica del domain name (nella specie: da «bancaidea.com» a «forzaidea.com») quando la resistente non abbia intenzione di rinunciare al domain name e abbia mantenuto nel proprio sito web il riferimento al precedente domain name. (Trib. Milano, ordinanza 24 aprile 2001, Aida 2001, 810/6)

Sussiste un periculum in mora in re ipsa quando un imprenditore attiva un sito con un domain name confondibile con il marchio registrato da un concorrente che operi nel medesimo campo di attività (Trib. Modena sezione distaccata Sassuolo, ordinanza 30 ottobre 2000, Aida 2001, 786/3).

Il giudice italiano non può adottare provvedimenti cautelari nei confronti della naming authority statunitense quando questa non sia stata evocata e sia rimasta estranea al giudizio (Trib. Roma, ordinanza 22 dicembre 1999, Aida 2000, 711/7)

Il periculum in mora necessario alla concessione di un’inibitoria urgente dell’uso di un altrui marchio come domain name (nella specie: frette.com) non è escluso dal fatto che il medesimo segno può essere registrato con differenti top level domain names, quali .org, .net: perché le attività commerciali si svolgono notoriamente nell’ambito di siti caratterizzati dal suffisso com mentre i siti caratterizzati da diversi suffissi sono destinati a svolgere altre funzioni (Trib. Roma, ordinanza 22 dicembre 1999, Aida 2000, 711/6)

 

5.5.1 competenza

Nel caso di uso di un domain name che costituisce contraffazione di un altrui marchio registrato la disseminazione del pregiudizio sul territorio rende difficile l’individuazione di un singolo luogo e di un singolo giudice competente, ed induce ad adottare un criterio oggettivo unico di determinazione della competenza in base al forum commissi delicti, e precisamente un criterio che evidenzia il fatto che è causa originaria del danno, e cioè la predisposizione e gestione del sito con domain name illecito (Trib. Verona, 18 dicembre 2000, Aida 2002, 833/2).

Nel caso di concorrenza sleale confusoria a mezzo di Internet ha competenza per territorio ex art. 20 c.p.c. il giudice del luogo ove ha sede il concorrente che si pretende danneggiato (Trib. Crema, ordinanza 24 luglio 2000, Aida 2001, 775/2).

In presenza di condotte illecite consumate mediante l’uso di mezzi di comunicazione telematici e di massa, ed in particolare attraverso Internet, trattandosi di rete i cui dati sono accessibili in qualunque luogo, il giudice territorialmente competente a norma dell’art. 20 c.p.c. (nella specie: in una controversia sull’uso di un domain name confondibile con i propri segni distintivi) è il giudice di ciascun luogo in cui si è verificata la divulgazione idonea a pregiudicare l’altrui diritto (Trib. Cagliari, ordinanza 30 marzo 2000, Aida 2000, 726/2).

In tema di illecito extracontrattuale, nel cui ambito deve ricomprendersi l’azione di concorrenza sleale (nella specie: per l’uso di un domain name confondibile con il proprio segno distintivo) territorialmente competente a decidere la causa a norma dell’art. 20 c.p.c. è, alternativamente, il giudice del luogo in cui si realizza la condotta idonea a pregiudicare l’altrui diritto (forum commissi delicti), ovvero il giudice del luogo dove il danneggiante ha la residenza o il domicilio, essendo l’obbligazione da atto illecito un debito di valore il cui adempimento va effettuato al domicilio che il debitore aveva al tempo dell’illecito medesimo (Trib. Cagliari, ordinanza 30 marzo 2000, Aida 2000, 726/1).

Quando le diverse fasi della stampa (da un lato) e della preparazione e dell’immissione di un periodico sul mercato (dall’altro) si svolgono in luoghi diversi, questi due ultimi elementi appaiono prevalenti e fondano la competenza del giudice del loro luogo a conoscere una domanda di inibitoria urgente dell’uso della testata del periodico che si assume illecito ex art. 100 ss. I. a. (Pret. Milano, ordinanza 31 maggio 1991, Aida 1992, 43/1).

 

5.5.2 descrizione, sequestro e altre cautele tipiche

Quando l’uso di un nome a dominio generi effetti confusori derivanti da una situazione attuale di conflitto fra le parti, sussiste il periculum in mora richiesto per l’emissione di un provvedimento di inibitoria (periculum che appare ravvisabile pressoché in re ipsa) (Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 22 luglio 2009, G.U. Grosso, Alex Angi, Daniela Cagna, Renzo Nucara, Charles Rizzetti, Marco Veronese, William Sweetlove – Gruppo Cracking Art c. Omar Aprile Ronda, Immobiliare Texman s.a.s., Aida 2010, Repertorio IV.5.5.2).

Quando un’impresa diffonde via Internet un messaggio pubblicitario che usi illecitamente un marchio altrui senza il consenso del suo titolare, il giudice delegato investito ex art. 63 I.m. può inibire l’ulteriore uso dei marchio in questione, e disporre la pubblicazione dell’ordinanza su quotidiani ed anche sul sito Internet del ricorrente, per un determinato tempo, a cura del ricorrente ed a spese del resistente (Trib. Genova, ordinanza 23 gennaio 1997, Aida 1997, 485/1).

Qualora un brevetto per marchio di impresa (nella specie: per « prodotti » televisivi ed editoriali) sia stato richiesto ma non risulti ancora concesso, il suo titolare non può ottenere i provvedimenti cautelari previsti dall’art. 61 l.m. (Trib. Roma, ordinanza 26 marzo 1993, G.I. CAMPOLONGO, RAI‑Radiotelevisione Italiana s.p.a. c. Laservision s.r.l., Aida 1993, Repertorio IV.5.5.2).

 

5.5.3 provvedimenti ex art. 700 c.p. c.

Non può essere concessa ai componenti residui di un gruppo di “artisti”, dal quale uno dei componenti sia fuoriuscito, una generica autorizzazione ad utilizzare per il futuro “liberamente ed a propria discrezione” opere realizzate anche con l’apporto del soggetto fuoriuscito (Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 22 luglio 2009, G.U. Grosso, Alex Angi, Daniela Cagna, Renzo Nucara, Charles Rizzetti, Marco Veronese, William Sweetlove – Gruppo Cracking Art c. Omar Aprile Ronda, Immobiliare Texman s.a.s., Aida 2010, Repertorio IV.5.5.3).

Ai fini della concessione di un provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. a tutela del nome di una persona giuridica il periculum in mora è insito nella perpetuazione degli illeciti e nella natura del danno contestato di difficile accertamento e liquidazione (Trib. Roma, ordinanza 4 novembre 2009, Aida 2010, 1369/3).

La penale prevista a fronte del ritardo nell’esecuzione dell’inibitoria di diritti d’autore, connessi e di marchio deve essere fissata tenendo conto del valore economico dei diritti violati e della progressiva diminuzione delle probabilità di guadagno (Trib. Milano, ordinanza 12 marzo 2004, Aida 2004, 1005/5).

E’ inopportuno disporre la pubblicazione dell’inibitoria (devono rimanere estranee finalità riparatorie e sanzionatorie) per violazione di diritti d’autore, connessi e di marchio qualora l’autore dell’illecito non abbia pubblicizzato la propria attività (Trib. Milano, ordinanza 12 marzo 2004, Aida 2004, 1005/6).

L’uso quale domain name del marchio di un concorrente per un sito inattivo non integra il periculum in mora richiesto per la tutela cautelare, perché non è in grado di produrre uno sviamento nemmeno potenziale di clientela (Trib. Modena, ord. 1 agosto 2000, Aida 2003, 889/4).

In sede cautelare l’a.g.o. non può ordinare al preteso contraffattore di attivarsi per ottenere la cancellazione del domain name litigioso, dal momento che i provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c. devono essere sempre reversibili anche nei loro effetti sostanziali (Trib. Modena, ord. 1 agosto 2000, Aida 2003, 889/5).

Qualora l’uso di un marchio registrato come (parte di) domain name violi il diritto altrui sul segno l’a.g.o. può in via cautelare inibire l’utilizzazione ed ordinare alla Registration authority italiana la sospensione dell’assegnazione del nome a dominio litigioso, nonché il suo ripristino a favore del titolare del segno registrato. (Trib. Genova, ordinanza 18 dicembre 2000, Giud. Vigotti, Covim s.p.a. c. Nuova Ediltecno di Pistarino, Aida 2003, Repertorio IV.5.5.3).

L’ordine di rinunciare ad un domain name, per la sua definitività, appare incompatibile ed eccedente rispetto alle misure, di natura strumentale e provvisoria, assumibili in sede cautelare. (Trib. Milano, ordinanza 24 aprile 2001, Aida 2001, 810/7)

L’ordinanza cautelare che inibisce al titolare di un sito web di usare un segno distintivo altrui nell’intestazione delle pagine del proprio sito può disporre la pubblicazione dell’ordinanza anche sui siti del ricorrente e del resistente (Trib. Velletri, ordinanza 20 maggio 2000, Aida 2000, 732/3).

Le regole degli artt. 669ter co.3 c.p.c. e 10 legge 218/1995 che attribuiscono al giudice italiano giurisdizione in materia cautelare ove il provvedimento cautelare debba essere eseguito in Italia non fondano la giurisdizione italiana a pronunciare ex art. 700 un’inibitoria dell’uso di un domain name registrato dalla naming authority statunitense e relativo ad un sito gestito da server statunitensi: posto che quest’inibitoria non costituisce un provvedimento da eseguirsi in Italia (Trib. Roma, ordinanza 1 febbraio 2000, Aida 2000, 716/1).

L’ordinanza cautelare che inibisce l’uso di un domain name perché contraffazione di marchio e concorrenza sleale può ordinare la pubblicazione dell’ordinanza anche sui siti di ricorrente e resistente (Trib. Viterbo, ordinanza 24 gennaio 2000, G.D. LO SINNO, Touring Club Italiano, Touring Editore s.r.l. c. Maurizio Vecchi, Aida 2000, Repertorio IV.5.5.3).

Il ricorso ex art. 700 c.p.c. per inibitoria dell’uso di un domain name che il ricorrente assuma contraffazione di un proprio marchio registrato può essere formulato e proposto già con l’atto di citazione (Trib. Roma, ordinanza 22 dicembre 1999, Aida 2000, 711/1)

Nel procedimento cautelare ante causam ex art. 700 c.p.c. in cui due dei tre componenti di un complesso musicale disciolto abbiano chiesto un’inibitoria dell’uso del marchio di questo complesso da parte di uno di essi, quest’ultimo può proporre domanda riconvenzionale contro i ricorrenti per inibitoria del loro uso del medesimo marchio (Trib. Genova, ordinanza 12 marzo 1999, Aida 1999, 633/1).

Il diritto dell’imprenditore al proprio nome e ai propri marchi si estende anche all’uso dei medesimi come domain name su Internet (Pret. Valdagno, ordinanza 27 maggio 1998, Pret. PORCARI, Peugeot Automobili Italia s.p.a., Automobiles Peugeot s.a. c. GEL Automazione di Rubega Silvano, Int. Gold Service s.r.l., Aida 1999, Repertorio IV.5.5.3).

Non è fondato il ricorso ex art. 700 c.p.c. presentato da una società che la menti l’uso da parte di un terzo di un nome di dominio identificativo di un sito Internet identico alla propria denominazione sociale in quanto difetta il pericolo di confusione non avendo tale nome la funzione di identificare il soggetto che lo utilizza (Trib. Bari, ordinanza 24 luglio 1996, Aida 1998, 515/1)

         La lesione del diritto relativo al titolo di un periodico ex artt. 100 ss. l.a. pre­senta carattere di irreparabilità, e dunque integra il periculum in mora ex art. 700 C.P.C., tanto sotto il profilo della suscettibilità d’aggravamento in ipotesi di reite­razione del comportamento lesivo quanto sotto quello della non agevole monetiz­zabilità del pregiudizio (Trib. Milano, ordinanza 10 aprile 1995, Aida 1996, 392/3).

La prosecuzione dell’uso illecito di un altrui marchio di fatto (nella specie: per prodotti televisivi ed editoriali) comporta un danno non suscettibile di integrale reintegrazione patrimoniale, onde sussiste il requisito del pregiudizio imminente ed irreparabile necessario per inibire ex art. 700 c.p.c. la continuazione dell’illecito. (Trib. Roma, ordinanza 26 marzo 1993, G.I. CAMPOLONGO, RAI Radiotelevisione Italiana s.p.a. c. Laservision s.r.l., Aida 1993, Repertorio IV.5.5.3).

Non sussiste il periculum in mora necessario ad inibire ex art. 700 c.p.c. l’uso della testata di un telegiornale, che si assume confondibile con altro precedente, quando è assente ogni possibilità di confusione dei programmi da parte dei potenziali fruitori (Pret. Roma, ordinanza 15 maggio 1992, Aida 1992, 107/5).

Il promotore di una manifestazione culturale, cui spettino in concreto la paternità e la titolarità della rassegna, può ottenere un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. che inibisca ad altri di astenersi dall’utilizzare il logotipo della manifestazione e di organizzarne altre similari (Pret. Roma, 15 marzo 1991, Aida 1992, 38/3).

La previsione della misura cautelare tipica del sequestro ex art. 161 l.a. non esclude comunque l’adozione di provvedimenti cautelari atipici, quando il sequestro ad effetti territorialmente limitati sia inidoneo ad evitare un pregiudizio imminente ed irreparabile che può derivare da un illecito diffuso su tutto il territorio nazionale (Pret. Milano, ordinanza 1 febbraio 1991, Aida 1992, 31/1).

 

5.5.4 azioni possessorie

5.6 accertamento

 

5.7 azioni restitutorie

In base alla legislazione americana, l’uso di un marchio effettuato negli Stati Uniti dal distributore di prodotti importati già recanti all’origine tale marchio non legittima il distributore a registrare il marchio a nome proprio, cosicché della registrazione così illegittimamente effettuata può essere disposto il trasferimento al produttore, ai sensi dell’art. 6-septies CUP (nella specie: si trattava di marchi per fisarmoniche). ((Trib. Ancona, 14 ottobre 2008, Pres. Mogetta, Est. Betti, Gabbanelli Accordions & Imports L.L.C. c. Gabbanelli Ubaldo di Elio Gabbanelli, Aida 2010, Repertorio IV.5.7).

Nei confronti della registration authority può essere legittimamente dato non solo l’ordine di sospensione dell’assegnazione, ma anche quello di assegnazione provvisoria del nome a dominio al soggetto che, nel procedimento cautelare, appaia legittimato all’utilizzo del nome, salvi gli eventuali diritti di precedenza riconoscibili a terzi (Trib. Cagliari, ordinanza 30 marzo 2000, Aida 2000, 726/6).

In un procedimento giudiziale che vede un conflitto tra nomi di dominio già “assegnati” e nomi di identico contenuto (esprimenti o meno una realtà giuridica tutelata o tutelabile in termini di marchio) non è possibile prendere in esame una domanda mirata ad ottenere un ordine di cancellazione e/o revocazione della registrazione del domain name litigioso da pronunciarsi nei confronti della registration authority che non sia parte del procedimento (Trib. Genova, ordinanza 17 luglio 1999, Aida 2000, 700/1).

Nel caso di uso di domain name su Internet costituente violazione di un altrui diritto di marchio e sulla denominazione sociale può essere ordinato all’utilizzatore del domain name, con provvedimento cautelare, di cancellare la registrazione presso la R.A. Italiana, può essere inoltre disposta la pubblicazione del provvedimento cautelare per estratto su un quotidiano e sulla rete Internet, onerando la parte tenutavi all’apertura di un nuovo sito sostitutivo di quello contrassegnato con il domain name rimosso, al fine di eseguire l’ordine di pubblicazione sulla rete (Pret.  Valdagno, ordinanza 27 maggio 1998, Aida 2000, 666/2).

 

5.8 inibitoria

Il convenuto in contraffazione di marchio che lo abbia iscritto come testata nel registro della stampa può e deve essere condannato alla cancellazione della testata dal registro ora detto (Trib. Milano, Sezione specializzata in materia di impresa, 6 dicembre 2012, Pres. Est. Tavassi, Walter D’Errico titolare di Bit House Informatica c. Alberto Peruzzo Editore s.r.l. in liquidazione., G&A Giornali Associati s.r.l., MTM More Than Media s.r.l., Aida 2013, Repertorio IV.5.8).

Allorché un terzo faccia uso dello stemma (nella specie: lo stemma della regione Piemonte) senza il consenso del titolare, a prescindere dalla sua volontà di ottenerne la registrazione come marchio, spetta al titolare del segno il diritto di vietarne l’uso azionando i rimedi accordati dal cpi (nella specie la regione Piemonte aveva agito in giudizio per vietare l’uso del proprio stemma su un sito web relativo a servizi legati alle energie rinnovabili per rivendicare una partnership in effetti inesistente) (Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 12 maggio 2010, G.I. Contini, Regione Piemonte c. Horizon s.r.l., Aida 2011, Repertorio IV5.8).

Quando l’uso di un nome a dominio generi effetti confusori derivanti da una situazione attuale di conflitto fra le parti, sussiste il periculum in mora richiesto per l’emissione di un provvedimento di inibitoria (periculum che appare ravvisabile pressoché in re ipsa) ((Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 22 luglio 2009, G.U. Grosso, Alex Angi, Daniela Cagna, Renzo Nucara, Charles Rizzetti, Marco Veronese, William Sweetlove – Gruppo Cracking Art c. Omar Aprile Ronda, Immobiliare Texman s.a.s., Aida 2010, Repertorio IV.5.8).

La garanzia stabilita dall’art. 21 cost. vieta all’a.g.o. di disporre l’inibitoria della pubblicazione e della distribuzione di un periodico recante una testata confondibile con altra precedentemente registrata (Trib. Milano, ordinanza 3 giugno 2004, Aida 2004, 1012/1).

L’inibitoria dell’uso di un altrui marchio corrispondente all’indirizzo telematico di  un sito che offra servizi di informazione non può essere limitata a particolari settori merceologici qualora, alla luce della rinomanza del marchio contraffatto e dell’eterogeneità dei servizi di informazione offerti, non sia possibile determinare concrete possibilità di convivenza di utilizzazioni del nome di dominio (Trib. Brescia, ordinanza 30 novembre 2000, Aida 2003, 891/7).

La registrazione di un nome di dominio non ancora attivato è un’attività chiaramente preordinata alla sua utilizzazione per l’esercizio di un’attività commerciale: onde essa fonda il periculum in mora necessario per l’adozione di un’inibitoria dell’uso del domain name che costituisca contraffazione di un altrui marchio registrato (Trib. Reggio Emilia, ordinanza 30 maggio 2000, Aida 2000, 733/4).

In sede di attuazione di un provvedimento di inibitoria cautelare che abbia vietato l’utilizzazione quale domain name dell’espressione «bancalavoro», il giudice può ulteriormente vietare che la medesima espressione sia utilizzata anche soltanto per rinviare automaticamente ad un sito identificato attraverso un ulteriore e diverso domain name (nella specie, bancaprofessioni) (Trib. Milano, ordinanza 7 marzo 2000, Aida 2001, 761/1).

La chiusura di un sito internet ordinata in via cautelare ed eseguita dal resistente può essere assimilata non ad una cessazione della materia del contendere ma ad una spontanea attuazione dell’inibitoria giudiziale: e questa ricorre anche quando permangano eventualmente riferimenti ipertestuali (links) al sito nelle pagine web di una o più banche dati accessibili in internet (Trib. Trento, 22 febbraio 2000, Aida 2000, 721/2).

Non viola l’art. 21 cost. l’ordinanza giudiziale che in relazione ad una pubblicazione periodica a fascicoli non inibisce la pubblicazione dell’opera ma solo l’utilizzo di una determinata fotografia alla sua copertina. (Trib. Milano, ordinanza 31 marzo 1999, Aida 2000, 680/2)

Il luogo in cui è sorta l’obbligazione, ed il giudice sotto questo profilo competente ex art. 20 c.p.c. a conoscere di un’azione di inibitoria e risarcimento dei danni derivanti dall’uso di una testata per una rivista, devono essere individuati avendo riguardo al luogo di prima incidenza causale dell’azione lamentata nella scheda giuridica dell’attore, e dunque al luogo ove la rivista è stampata e così immediatamente resa pubblica (Trib. Milano, 24 marzo 1994, Pres. PATRONE, Est. BONARETTI, Ediber s.p.a. c. Hobby & Work Italiana Editrice s.r.l., Marshall Cavendìsh International Limited, Aida 1994, Repertorio IV.5.8).

 

5.9 risarcimento del danno

Deve essere dichiarata nulla la domanda di risarcimento danni formulata in maniera del tutto generica senza alcuna reale deduzione ed allegazione circa il pregiudizio economico subito (nella specie la richiesta di risarcimento era stata avanzata da un ente pubblico territoriale nei confronti di un’associazione culturale che, dopo la scadenza dell’accordo in base al quale il primo aveva incaricato la seconda di partecipare all’organizzazione di alcune edizioni di un festival cinematografico, aveva registrato a proprio nome come marchio il titolo del festival e non aveva restituito l’archivio dei film proiettati negli anni precedenti) (Trib. Torino, Sezione IP, sentenza 15 ottobre 2010, Aida 2011, 1439/5).

Poiché il nostro sistema positivo è costante nell’attribuire l’illecito compiuto con la circolazione dei prodotti realizzati in violazione dei diritti assoluti altrui a tutti coloro che ne facciano commercio e quindi anche a dettaglianti e distributori, il distributore di un prodotto editoriale che costituisca violazione dell’altrui diritto al nome ed all’immagine è responsabile di tale illecito, pur senza che si configuri a suo carico un’obbligazione risarcitoria in difetto di dolo o colpa. (Trib. Milano, 6 maggio 1999, Est. BONARETTI, Alessandro Bianchi, Roberto Carlos, Europublishing s.r.l. c. Forservice s.r.l. c. ME.PE. Messaggerie Periodici s.p.a., Aida 2000, Repertorio IV.5.9)

Il luogo in cui è sorta l’obbligazione, ed il giudice sotto questo profilo competente ex art. 20 c.p.c. a conoscere di un’azione di inibitoria e risarcimento dei danni derivanti dall’uso di una testata per una rivista, devono essere individuati avendo riguardo al luogo di prima incidenza causale dell’azione lamentata nella scheda giuridica dell’attore, e dunque al luogo ove la rivista è stampata e così immediatamente resa pubblica (Trib. Milano, 24 marzo 1994, Pres. PATRONE, Est. BONARETTI, Ediber s.p.a. c. Hobby & Work Italiana Editrice s.r.l., Marshall Cavendish International Limited, Aida 1994, Repertorio IV.5.9).

 

5.9.1 colpa o dolo

Deve escludersi la buona fede e deve essere condannata al risarcimento dei danni l’impresa di distribuzione cinematografica che continui a pubblicizzare e a programmare nelle proprie sale un film avente titolo illecito ex artt. 100 l.a. e 2598 n. 1 c.c. anche dopo che il diverso produttore leso dall’illecito abbia pubblicato su grandi quotidiani nazionali d’opinione comunicati al pubblico volti a segnalare i propri diritti e l’altrui illecito (Trib. Roma, 14 novembre 1991, Aida 1992, 71/4).

 

5.9.2 danni risarcibili

5.9.3 criteri di quantificazione

Il danno da violazione dei diritti di marchio (nella specie, di una manifestazione canora) può essere equitativamente determinato sulla base del criterio delle royalties medie documentate da contratti del titolare prodotti in giudizio (Trib. Milano, Sezione IP, 28 gennaio 2011, Pres. Tavassi, Est. Marangoni, Antoniano della Provincia Minoritica di Cristo Re dei Frati Minori dell’Emilia c. S.D. s.p.a., T.S.G. s.r.l., P.P. s.r.l., Aida 2013, Repertorio IV.5.9.3).

In caso di violazione di un marchio registrato che coincida con il titolo di un cartone animato (nella specie: «Winx Club») attraverso la sua riproduzione su articoli di merchandising il danno può essere parametrato agli utili realizzati dal contraffattore e autore dell’illecito in via alternativa, qualora l’attore l’abbia richiesto, o in via cumulativa, esclusivamente per la parte di essi che superi la misura del danno da lucro cessante (Trib. Torino, Sezione IP, sentenza 21 maggio 2010, Pres. Scotti, Est. Mascarello, Rainbow s.p.a. c. Flex Metal Italia di Mallia Antonino, Aida 2011, Repertorio IV.5.9.3).

In caso di violazione di un marchio registrato che coincida con il titolo di un cartone animato (nella specie: «Winx Club») attraverso la sua riproduzione su articoli di merchandising il lucro cessante, in assenza di altri elementi di prova, deve essere parametrato ad un importo non inferiore a quello dei canoni che l’autore della violazione avrebbe dovuto pagare qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso, ai sensi dell’art. 125 co. 2 cpi(Trib. Torino, Sezione IP, sentenza 21 maggio 2010, Pres. Scotti, Est. Mascarello, Rainbow s.p.a. c. Flex Metal Italia di Mallia Antonino, Aida 2011, Repertorio IV.5.9.3).

L’art. 125 co. 2 cpi consente al giudice che abbia accertato comportamenti lesivi di diritti su segni distintivi e atti confusori in violazione dei doveri di correttezza tra imprenditori ex art. 2598 n. 1 e 3 c.c. di procedere alla liquidazione del danno in una somma globale stabilita in base agli atti di causa e alle presunzioni che ne derivano con una formula elastica che consente anche con criteri equitativi di determinare la misura del risarcimento derivante dal pregiudizio concorrenziale (nella specie l’illecito consisteva nella riproduzione non autorizzata su articoli di merchandising del segno «Winx Club», corrispondente al titolo di un cartone animato ed oggetto di registrazione come marchio) (Trib. Torino, Sezione IP, sentenza 21 maggio 2010, Pres. Scotti, Est. Mascarello, Rainbow s.p.a. c. Flex Metal Italia di Mallia Antonino, Aida 2011, Repertorio IV.5.9.3).

 

5.9.4 condanna generica

5.9.5 solidarietà e rapporti interni

5.10 penale

Non può essere disposta la condanna del produttore di beni contraffatti al pagamento delle penalità di mora qualora sia provata la vendita al dettaglio di beni da lui provenienti in data successiva all’emanazione del provvedimento cautelare inibitorio ma non sia provata la data in cui il dettagliante ha acquistato questi beni dal produttore (nel caso di specie trattavasi di palloncini recanti il marchio registrato «Winx Club» corrispondente al titolo di un cartone animato) (Trib. Torino, Sezione IP, sentenza 21 maggio 2010, Pres. Scotti, Est. Mascarello, Rainbow s.p.a. c. Flex Metal Italia di Mallia Antonino, Aida 2011, Repertorio IV.5.10).

La sanzione dell’applicazione delle penalità di mora (nella specie, a fronte della riscontrata illecita imitazione di modelli di borsette) risponde al fine di prevenire il reiterarsi di illeciti (Trib. Roma , 5 luglio 2007, Aida 2008, 1127/ 8).

Le sanzioni del ritiro della produzione dal mercato e delle penalità di mora previste dal codice della proprietà industriale non sono applicabili all’altrui uso illegittimo di un marchio ormai scaduto e della corrispondente denominazione commerciale di un gruppo musicale disciolto (Trib. Genova, ordinanza 4 dicembre 2007, Aida 2008, 1239/3).

 

5.11 pubblicazione della sentenza

Deve essere accolta la domanda di pubblicazione della sentenza che accerti la distribuzione di articoli di merchandising in violazione di un marchio registrato altrui (costituito dal titolo del cartone animato «Winx Club») e dei doveri di correttezza tra imprenditori ex art. 2598 n. 1 e 3, siccome questa misura configura una sorta di restitutio in integrum e una forma di risarcimento del danno in forma specifica e mira ad evitare la diffusività presso il pubblico del danno derivante dalla contraffazione (Trib. Torino, Sezione IP, sentenza 21 maggio 2010, Pres. Scotti, Est. Mascarello, Rainbow s.p.a. c. Flex Metal Italia di Mallia Antonino, Aida 2011, Repertorio IV.5.11).

La pubblicazione del dispositivo della sentenza di accertamento di atti di contraffazione del marchio e concorrenza sleale (nella specie, derivante dall’imitazione di modelli di borsette) assolve tanto ad una funzione riparatoria dei danni verificatisi quanto una funzione preventiva dei danni futuri (Trib. Roma , 5 luglio 2007, Aida 2008, 1127/7).

E’ opportuno ordinare in via d’urgenza la pubblicazione telematica nella home page del sito dell’autore dell’illecito di un estratto di un  provvedimento cautelare che abbia inibito l’utilizzazione (anche) telematica di un altrui segno distintivo (Trib. Monza, ordinanza 16 luglio 2002, Aida 2004, 966/7).

L’ordinanza cautelare che inibisce al titolare di un sito web di usare un segno distintivo altrui nell’intestazione delle pagine del proprio sito può disporre la pubblicazione dell’ordinanza anche sui siti del ricorrente e del resistente (Trib. Velletri, ordinanza 20 maggio 2000, Aida 2000, 732/3).

L’ordinanza cautelare che inibisce l’uso di un domain name perché contraffazione di marchio e concorrenza sleale può ordinare la pubblicazione dell’ordinanza anche sui siti di ricorrente e resistente (Trib. Viterbo, ordinanza 24 gennaio 2000, G.D. LO SINNO, Touring Club Italiano, Touring Editore s.r.l. c. Maurizio Vecchi, Aida 2000, Repertorio IV.5.11).

Nel caso di uso di domain name su Internet costituente violazione di un altrui diritto di marchio e sulla denominazione sociale può essere ordinato all’utilizzatore del domain name, con provvedimento cautelare, di cancellare la registrazione presso la R.A. Italiana, può essere inoltre disposta la pubblicazione del provvedimento cautelare per estratto su un quotidiano e sulla rete Internet, onerando la parte tenutavi all’apertura di un nuovo sito sostitutivo di quello contrassegnato con il domain name rimosso, al fine di eseguire l’ordine di pubblicazione sulla rete (Pret.  Valdagno, ordinanza 27 maggio 1998, Aida 2000, 666/2).

Può essere accolta la domanda di revoca ex art. 700 c.p.c. del capo di un precedente provvedimento cautelare reso dal medesimo giudice inter partes, che (dopo aver inibito all’ex affittuario di azienda teatrale l’uso della relativa ditta) ne ordinava la pubblicazione su due quotidiani: quando i medesimi quotidiani, tutta la stampa locale ed una parte di quella nazionale abbiano già comunque dato notizia del provvedimento (Trib. Bari, ordinanza 25 maggio 1992, Aida 1993, 149/1).

 

5.12 azione di arricchimento

5.13 prescrizione

L’azione diretta ad accertare la nullità di un marchio registrato (nella specie il marchio “Vasco” di un noto artista) non è soggetta alle norme sulla prescrizione e può pertanto essere esercitata senza limiti di tempo, salvi naturalmente gli effetti dell’eventuale convalida del marchio nullo (Trib. Torino, Sezione IP, ordinanza 15 gennaio 2010, Pres. Scotti, Est. Ratti, Leonardo Guderdone, Ace Gadget Production c. Emi Music Italy s.r.l., Vasco s.r.l., Aida 2011, Repertorio IV.5.13).

5.14      processo

Ai sensi dell’art. 669-octies co. 6 c.p.c. le disposizioni inerenti all’obbligatorietà, a pena di inefficacia del provvedimento cautelare, dell’inizio dell’azione di merito entro un determinato termine perentorio non si applicano a provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’art. 700 c.p.c. e agli altri provvedimenti idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito (nella specie trattavasi di provvedimenti cautelari fondati sulla violazione di diritti di marchio e della disciplina della concorrenza sleale) (Trib. Torino, Sezione IP, 9 dicembre 2011, Pres. Scotti, Est. Vitrò, L’Oreal Italia s.p.a. c. Johnson & Johnson s.p.a., Aida 2012, Repertorio IV.5.14).

La questione della mancanza di continuità delle trascrizioni degli atti relativi ad un marchio deve essere sollevata nel giudizio di merito, e la relativa pronuncia od omissione di pronuncia del giudice di merito deve costituire oggetto di apposito mezzo di impugnazione, e non può essere sollevata per la prima volta con la memoria depositata nel giudizio di cassazione ex art. 378 c.p.c. (Cass. Sez. I civile 26 maggio 2010, Pres. Vitrone, Est. Ceccherini, Projoint s.r.l. c. Transscania N.V., Aida 2011, Repertorio IV.5.14).