1. In genere

Integra il reato d’illecito trattamento dei dati personali (art. 167 cod. privacy) la messa a disposizione di un servizio di hosting video, al fine di realizzare un profitto, senza informare correttamente gli utenti della necessità di rispettare gli obblighi derivanti dalla legge sulla privacy ed i conseguenti diritti di terzi (nella specie le informazioni sugli obblighi di legge erano nascosti all’interno di condizioni generali di servizio di contenuto incomprensibile sia per il loro tenore che per le modalità con le quali erano state sottoposte all’accettazione da parte degli utenti) (Trib. Milano, 24 febbraio 2010, Giud. Magi, D.C.D., G.D.L.R., P.A.F., D.A. c. Associazione Vivi Down Onlus, Comune di Milano, Aida 2013, Repertorio III.1).

Non è possibile ricavare dalla disciplina della privacy una posizione di garanzia in capo al gestore di un sito web che ospiti video caricati dagli utenti; per conseguenza, egli non risponde per concorso nella diffamazione posta in essere da questi ultimi se non è provato che era consapevole del fatto delittuoso (Trib. Milano, 24 febbraio 2010, Giud. Magi, D.C.D., G.D.L.R., P.A.F., D.A. c. Associazione Vivi Down Onlus, Comune di Milano, Aida 2013, Repertorio III.1).

Nella trasposizione delle direttive 2002/58 e 2004/48, gli Stati membri devono garantire un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione; inoltre devono non solo interpretare il loro diritto nazionale in modo conforme a dette direttive, bensì anche provvedere a non fondarsi su un’interpretazione di esse che entri in conflitto con i diritti fondamentali o con gli altri principi generali del diritto dell’Unione, quale, ad esempio, il principio di proporzionalità (Corte Giustizia UE 19 aprile 2012, in causa C-461/10, Aida 2013, 1516/5).

E’ conforme alle direttive europee una normativa nazionale che consente di ottenere un ordine di comunicazione dei dati relativi agli utenti di internet in presenza di indizi reali di violazione di un diritto di proprietà intellettuale da parte degli utenti medesimi, e ad un tempo consenta al giudice di ponderare, in funzione delle circostanze concrete e tenendo in debita considerazione le esigenze risultanti dal principio di proporzionalità, gli opposti interessi in gioco del titolare dei diritti di proprietà intellettuale e degli utenti (Corte Giustizia UE 19 aprile 2012, in causa C-461/10, Aida 2013, 1516/6).

L’utilizzo della denominazione «Imaie 77» da parte di un’associazione rappresentativa di artisti costituisce un illecito ai danni di Imaie (ora in liquidazione) per violazione dei diritti di quest’ultima sul proprio nome ex art. 7 c.c. (Trib. Roma, ordinanza 4 novembre 2009, Aida 2010, 1369/1).

L’art. 7 c.c. tutela il nome delle persone giuridiche anche quando esse sono in liquidazione (Trib. Roma, ordinanza 4 novembre 2009, Aida 2010, 1369/2).

L’utilizzo da parte di un’associazione di categoria di una denominazione (nella specie Imaie 77) confondibile, da un punto di vista fonetico, visivo e concettuale con quella utilizzata in tempi anteriori da altra associazione di categoria (nella specie Imaie) costituisce un illecito ex art. 7 c.c.. (Trib. Roma, ordinanza 4 febbraio 2010, Aida 2010, 1375/1).

L’ambito della risarcibilità del danno non patrimoniale ex art. 2059 si ricava dall’individuazione delle norme che la prevedono. Queste norme comprendono anzitutto l’art. 185 c.p., inoltre alcune leggi ordinarie in relazione alla compromissione di valori personali, ed infine il principio della tutela minima risarcitoria spettante ai diritti inviolabili riconosciuti dalla Costituzione (ma non anche a quelli previsti dalla CEDU). E mentre il risarcimento del danno patrimoniale da fatto illecito è connotato da atipicità, quello del danno non patrimoniale è connotato da tipicità (Cass. S.U. 11 novembre 2008 n. 26972, Pres. Carbone, Est. Preden, A.L. c. S.F, Aida 2009, Repertorio III.1).

Va ricondotto nell’ambito dell’art. 2059 c.c. il danno denominato danno biologico e derivante dalla lesione del diritto inviolabile alla salute (art. 32 cost.): e così la figura di danno biologico che ha avuto espresso riconoscimento normativo negli artt. 138 e 139 dlgs 209/2005 recante il codice delle assicurazioni private. Eguale sorte spetta al danno conseguente alla violazione del diritto alla reputazione, all’immagine, al nome, alla riservatezza, e così ai diritti inviolabili della persona incisi nella sua dignità preservata dagli att. 2 e 3 cost. (Cass. S.U. 11 novembre 2008 n. 26972, Pres. Carbone, Est. Preden, A.L. c. S.F, Aida 2009, Repertorio III.1).

Va superata la limitazione della risarcibilità del danno non patrimoniale alla tradizionale figura del cd danno morale soggettivo transeunte (Cass. S.U. 11 novembre 2008 n. 26972, Pres. Carbone, Est. Preden, A.L. c. S.F, Aida 2009, Repertorio III.1).

Il principio della risarcibilità dei danni derivanti dalla lesione di specifici diritti inviolabili della persona supera la figura del danno esistenziale (Cass. S.U. 11 novembre 2008 n. 26972, Pres. Carbone, Est. Preden, A.L. c. S.F, Aida 2009, Repertorio III.1).

La gravità della lesione e la serietà del danno costituiscono requisiti (ulteriori) per il risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona conseguenti alla lesione di diritti costituzionali inviolabili. Essi attuano il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima ed il dovere della tolleranza imposto dalla convivenza ex art. 2 cost.. Entrambi i requisiti devono essere accertati dal giudice secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico (Cass. S.U. 11 novembre 2008 n. 26972, Pres. Carbone, Est. Preden, A.L. c. S.F, Aida 2009, Repertorio III.1).

La tutela risarcitoria del danno non patrimoniale può essere versata nell’azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all’espediente del cumulo delle azioni contrattuale ed extracontrattuale (Cass. S.U. 11 novembre 2008 n. 26972, Pres. Carbone, Est. Preden, A.L. c. S.F, Aida 2009, Repertorio III.1).

Il turbamento dell’animo, il dolore intimo sofferto e più in generale la sofferenza morale integrano di per sé un pregiudizio non patrimoniale, quando non sono accompagnati da degenerazioni patologiche della sofferenza: diversamente rientrano nell’area del danno biologico del quale ogni sofferenza fisica o psichica costituisce per sua natura intrinseca una componente (Cass. S.U. 11 novembre 2008 n. 26972, Pres. Carbone, Est. Preden, A.L. c. S.F, Aida 2009, Repertorio III.1).

In linea generale è configurabile un interesse giuridicamente tutelabile alla propria identità ed immagine professionale, da ricondursi a quello protetto ex art. 2 cost., avente ad oggetto il diritto fondamentale alla libera esplicazione della propria personalità anche in ambito professionale e lavorativo (nella specie è stata esclusa la violazione del diritto del ricorrente all’immagine, quando l’opera in contestazione non disconosceva ed anzi riconosceva al ricorrente la copaternità di un progetto rilevante di restauro della Basilica di Assisi, anche se non dava soddisfazione al suo interesse, ritenuto non protetto, a vedere valorizzato maggiormente il suo specifico contributo professionale) (Trib. Roma, ordinanza 23 maggio 2007, Aida 2008, 1220/1).

La fissazione e la riproduzione su un supporto audiovisivo delle emissioni di un’emittente televisiva interrotte da improvvise apparizioni di un noto personaggio sono attività riservate ex art. 7 c.c. all’emittente televisiva, quale soggetto che organizza e dirige la creazione dell’opera collettiva costituita dal programma televisivo (Trib. Roma, 15 novembre 2004, Giud. Stefanelli, RAI Radiotelevisione Italiana s.p.a. c. Paolini, Aida 2005, Repertorio III.1).

Il diritto di sfruttamento economico dell’immagine condivide la natura reale propria del diritto all’immagine inteso quale diritto della personalità: e dunque la sua efficacia erga omnes (Trib. Modena, 25 novembre 2002, Aida 2003, 933/2).

Nel caso di diffamazione a danno di un’impresa compiuta con comunicazione pubblicata in uno spazio web o nelle pagine di un newsgroup, la comunicazione deve intendersi ex art. 595 c.p. effettuata erga omnes (seppure nei limiti degli uti-lizzatori della rete) (Trib. Lecce, 24 febbraio 2001, Aida 2002, 836/1).

La deroga al principio del consenso informato al trattamento dei dati personali prevista dall’art. 12 co. 1 lett. c) l. 67571996 può essere applicata per via analogica nel caso di registri, elenchi, atti o documenti resi accessibili a chiunque sulla base della determinazione di un soggetto pubblico adottata in base ad una norma (nella specie si trattava dell’elenco degli abbonati al servizio di telefonia vocale: per il quale sulla scorta dell’art. 17co. 1 d.p.r. 19 settembre 1997 n. 318 l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni provvede affinché sia reso disponibile agli utenti. (Garante per la protezione dei dati personali 11 gennaio 2001, Associazione politica nazionale Lista Marco Pannella, Aida 2001, Repertorio III.1)

L’art. 12 co. 1 lett. c) l. 675/1996 non si riferisce a qualunque dato personale di fatto consultabile da una pluralità di soggetti, ma ai soli dati personali che oltre ad essere desunti da registri, elenchi, atti o documenti «pubblici» (in quanto formati o ottenuti da uno o più soggetti pubblici), siano sottoposti ad un regime giuridico di piena conoscibilità da parte di chiunque. (Garante per la protezione dei dati personali 11 gennaio 2001, Associazione politica nazionale Lista Marco Pannella, Aida 2001, Repertorio III.1)

Il giudizio (necessariamente soggettivo) sulla bontà metodologica dell’opera recensita e sull’esattezza degli appunti critici della recensione esula dall’accertamento giudiziale del superamento dei limiti del diritto di critica, che sussiste solo quando sia stato oggettivamente violato l’onore dell’autore dell’opera recensita (App. Bologna, 23 novembre 2000, Aida 2002, 832/1).

Il contenuto della cd. «riservatezza telefonica» determinato dal giudice di pace per decidere in via equitativa una controversia sorta prima dell’entrata in vigore della l. 675/1996 può ben estendersi a tutti i dati della persona, quali tra l’altro quelli relativi alla sua identificazione fisica (o giuridica nel caso di ente), alla sua attività (commerciale o professionale) ed ai luoghi dove svolge la propria attività anche privata. (Cass. 16 giugno 2000 n. 8184, Pres. Duva, Est. Petti,  P.M. Nardi,  Telecom Italia s.p.a. c. Rienzi, Aida 2001, Repertorio III.1)

Il gestore di servizi telefonici che per scopi commerciali divulghi i dati di un utente che ne abbia richiesta la riservatezza per motivi di sicurezza personale viola i principi di buona fede contrattuale e di disponibilità in capo alla persona dei diritti in tema di identificazione personale. (Cass. 16 giugno 2000 n. 8184, Pres. Duva, Est. Petti,  P.M. Nardi,  Telecom Italia s.p.a. c. Rienzi, Aida 2001, Repertorio III.1)

L’ordinamento italiano non conosce un diritto alla voce, e così tra l’altro non prevede una tutela autonoma di questo aspetto della personalità dell’individuo, nè la conseguente illiceità di sue imitazioni non autorizzate o comunque non esplicitate come tali (Trib. Milano, 10 febbraio 2000, Aida 2000, 718/2).

La pubblicazione di un fucile stilizzato in una cartina della Calabria che indica con diversi stilemi non illustrati da una legenda differenti caratteristiche della regione offre un’indicazione quantomeno equivoca che può essere riferita sia alle tradizioni venatorie che a vicende legate a fenomeni di criminalità: ciò che può integrare il fumus boni iuris in ordine all’avvenuta lesione dell’immagine del territorio, per cui sono legittimati ad agire gli enti territoriali (nella specie: i comuni) della zona (Trib. Roma, ordinanza 28 giugno 1999, Aida 2000, 696/1).

Se si prescinde dagli attributi fondamentali della persona (nella specie non azionati in causa), e dal diritto connesso dell’artista sulla propria prestazione, la legge non prevede una tutela della voce della persona parallelamente a quella apprestata per il nome o per l’immagine: non tanto perché la voce non sia elemento identificativo della personalità individuale, quanto per le ritenute non rilevanti possibilità anche tecniche di riproduzioni solo vocali significative e tali da riferirsi inequivocabilmente ad un determinato individuo, al di fuori delle prestazioni di artisti e di interpreti tutelate come diritti connessi al diritto d’autore (App. Milano, 30 marzo 1999, Aida 2000, 679/1).

La denominazione di un complesso musicale può avere natura di pseudonimo collettivo solo in casi eccezionali, quando tra l’attività dei singoli e quella del gruppo ricorra una strettissima interdipendenza tale da fare escludere la possibilità di subentro di componenti diversi da quelli originali: mentre per solito il nome del complesso musicale costituisce la denominazione del complesso, organizzato secondo lo schema di associazione o di società semplice o di società in nome collettivo irregolare, onde resta di esclusiva pertinenza di questa organizzazione anche quando taluno degli originari componenti se ne allontani o venga escluso (Pret.  Roma, ordinanza 18 dicembre 1998, Aida 2000, 673/1).

Le norme dettate a tutela dell’immagine non possono essere applicate in via analogica per proteggere il diritto alla voce, che trova tutela solo secondo i limiti dettati dall’art. 80 l.a. (Trib. Milano, 12 novembre 1998, Aida 1999, 623/2).

Il diritto all’identità personale è ancorato direttamente all’art. 2 cost. ed ha la propria disciplina positiva negli artt. 6, 7 e 10 c.c. e 96‑97 l.a., che sono ad esso applicabili in via diretta e non analogica (Cass. 7 febbraio 1996 n. 978, Aida 1996, 374/2).

L’utilità soprattutto didascalica della distinzione tra i diversi interessi all’identità personale, ai segni distintivi (nome, pseudonimo), alFimmagine, all’onore, alla reputazione ed alla riservatezza non deve far velo al carattere solidale di tali interessi, confluenti in un valore unitario, che è quello della persona umana, secondo la concezione monistica dei diritti della personalità (Cass. 7 febbraio 1996 n. 978, Aida 1996, 374/1).

La tutela del diritto all’identità personale è ancorata a presupposti specifici del tutto autonomi rispetto a quelli su cui si fonda la tutela del diritto morale d’autore (Trib. Milano, 5 maggio 1994, Aida 1994, 275/2).

L’idea può essere tutelata in base alla disciplina del diritto al nome ed allo pseudonimo quale segno di identificazione personale che «abbia l’importanza del nome»: a condizione che essa, in una certa cerchia sociale, per i suoi contenuti o per altre circostanze, alla stregua del comune sentire, sia ascrivibile ad una persona con costanza e regolarità tali da rappresentare un modo d’essere dell’individuo, idoneo a caratterizzarne la personalità in confronto ai consociati. (Pret. Roma, 1 aprile 1993, Aida 1993, 183/2).

I diritti della personalità rientrano in un catalogo aperto, potenzialmente su­scettibile di integrazioni da parte dell’interprete, sollecitato dalle istanze del comune sentire o dagli orizzonti delle attese collettive (Pret. Roma, 1 aprile 1993, Aida 1993, 183/1).