17. Territorialità

Nel processo civile ed in quello tributario non può ritenersi nulla la sentenza che esponga le ragioni della decisione limitandosi a riprodurre il contenuto di un atto di parte (ovvero di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari) eventualmente senza nulla aggiungere ad esso, sempre che in tal modo risultino comunque attribuibili al giudicante ed esposte in maniera chiara, univoca ed esaustiva le ragioni sulle quali la decisione è fondata. È inoltre da escludere che, alla stregua delle disposizioni contenute nel codice di rito civile e nella Costituzione, possa ritenersi sintomatico di un difetto di imparzialità del giudice il fatto che la motivazione di un provvedimento giurisdizionale sia totalmente o parzialmente costituita dalla copia dello scritto difensivo di una delle parti (Cass. 16 gennaio 2015 n. 642, Aida 2015, 1655/3).

Le associazioni a difesa della libertà d’informazione nonché quelle che rappresentano web– tv, micro web– tv, micromedia iperlocali, blog e video blog, portali informativi, aggregatori di video e imprese attive nel settore della stampa online sono legittimate ad impugnare il regolamento Agcom sul diritto d’autore online (TAR Lazio, ordinanza del 26 settembre 2014, Aida 2015, 1694/1).

Il regolamento Agcom sul diritto d’autore online non persegue la violazione primaria del diritto d’autore ma l’eventuale inottemperanza ad un ordine dell’Autorità, così che esso non può dirsi illegittimo per incompetenza di Agcom ad introdurre un procedimento paragiurisdizionale a tutela del diritto d’autore o per contrasto tra questo procedimento e le norme di legge che affidano all’autorità giudiziaria ordinaria l’enforcement del diritto d’autore o, ancora, per violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge nella parte in cui rimette al giudice amministrativo il sindacato sui provvedimenti adottati in sua esecuzione (TAR Lazio, ordinanza del 26 settembre 2014, Aida 2015, 1694/2).

Il regolamento Agcom sul diritto d’autore online non viola il diritto comunitario o nazionale nella parte in cui prevede che l’ordine sia rivolto ai soli prestatori di servizi di hosting o di accesso e non anche ad uploader, gestore della pagina e gestore del sito internet poiché tanto il diritto comunitario quanto quello nazionale prevedono che gli ISP possano essere destinatari di provvedimenti dell’autorità di vigilanza diretti a limitare le esternalità negative delle loro attività (TAR Lazio, ordinanza del 26 settembre 2014, Aida 2015, 1694/3).

Il regolamento Agcom sul diritto d’autore online non viola il principio del contraddittorio nella parte in cui prevede termini molto brevi per la presentazione di controdeduzioni, poiché tale principio si applica al processo e tutt’al più ai procedimenti amministrativi di natura contenziosa ma non a quelli meramente amministrativi, per i quali vale invece il principio di partecipazione procedimentale, che è suscettibile di bilanciamento con le eventuali ragioni d’urgenza rappresentabili dall’autorità (TAR Lazio, ordinanza del 26 settembre 2014, Aida 2015, 1694/4).

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 5 co. 1, 14 co. 3, 15 co. 2 e 16 co. 3 d.lgs. 70/2003 e dell’art. 32bis co. 3 d.lgs. 177/2005, sulla cui base è stato adottato il regolamento Agcom sul diritto d’autore online, per violazione dei principi di riserva di legge e di tutela giurisdizionale previsti a presidio della libertà di manifestazione del pensiero e d’iniziativa economica, nonché per violazione dei criteri di ragionevolezza e proporzionalità nell’esercizio della discrezionalità legislativa e per violazione del principio del giudice naturale, a motivo della mancata previsione di garanzie e tutele giurisdizionali per l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero sulla rete almeno equivalenti a quelle sancite per la stampa (TAR Lazio, ordinanza del 26 settembre 2014, Aida 2015, 1694/5).

 

17.1 principio di territorialità

Sebbene i diritti di un autore debbano essere automaticamente protetti in tutti gli Stati membri, essi sono soggetti al principio di territorialità, e perciò possono essere violati, in ciascuno degli stati membri, in funzione del diritto sostanziale applicabile (Corte giustizia UE, 22 gennaio 2015, in causa C-441/13, Aida 2015, 1647/1).

Il d.lgs. 70/2003 non si applica ad un hosting provider stabilito al di fuori dello spazio economico europeo ma può essere comunque preso in considerazione quale sistema di principi regolatori della materia al fine di valutare la liceità della condotta del provider secondo i canoni generali della disciplina della responsabilità civile (Trib. Roma, 9 luglio 2014, Aida 2015, 1687/2).

Le disposizioni del dlgs 70/2003 relative agli ISP non si applicano direttamente ai soggetti stabiliti al di fuori della UE, ma possono essere loro applicati come principi generali (Trib. Roma, 14 luglio 2015, Aida 2015, 1710/1).

Il diritto esclusivo di sfruttamento economico dell’opera protetta si realizza separatamente per ogni territorio nazionale in base al cosiddetto principio della territorialità del diritto d’autore, chiaramente stabilito dall’art. 17 l.a. (Pret. Milano, 20 aprile 1993, Aida 1993, 184/1).

 

17.2 sfera di applicazione della legge

Quando l’attore allega di avere acquistato iure successionis i diritti patrímoniali d’autore relativi ad opere di un autore tedesco deceduto in Germania la valutazione di tale successione e dell’acquisto allegato, avvenuto prima della legge 218/1995, deve avvenire secondo il diritto tedesco (App. Milano, 25 febbraio 1997, Aida 1997, 491/2).

 

17.3 diritto internazionale privato

Secondo l’art. 14 legge dipr. il giudice può considerare che la disciplina d’autore applicabile negli USA è quella allegata da una parte del giudizio e non contestata dall’altra (App. Roma, 19 novembre 2012, Pres. Redivo, Est. Scaramuzzi, Aida 2014, 1619/1).

Secondo il Copyright Act USA del 1909 la protezione del diritto d’autore dura ventotto anni a decorrere dalla prima pubblicazione, e per altri ventotto anni solo in caso di richiesta di rinnovo. E l’attore che invochi la tutela d’autore anche per i ventotto anni successivi ha l’onere di provare che il rinnovo della protezione è stato tempestivamente richiesto (App. Roma, 19 novembre 2012, Pres. Redivo, Est. Scaramuzzi, Aida 2014, 1619/2).

La disposizione dell’art. 185 co. 1 l.a., secondo la quale la legge sul diritto d’autore si applica alle opere di autori italiani «dovunque pubblicate per la prima volta», è norma di diritto internazionale privato e non subordina la proteggibilità dell’opera alla sua pubblicazione (Cass. Sez. I civile 19 ottobre 2012 n. 18037, Aida 2013, 1527/2).

Il produttore cinematografico che abbia commissionato ad un terzo la colonna sonora del film, abbia ricevuto da lui l’indicazione degli autori e degli interpreti della colonna sonora e faccia proiettare il film all’estero non può non tener conto  dell’esigenza di rispettare il diritto morale degli artisti, quale riconosciuto e tutelato dalla legge dello stato estero di proiezione del film: e non ha titolo per domandare al terzo il ristoro dei danni derivati al produttore dall’inibitoria della distribuzione all’estero del film senza l’indicazione ivi necessaria degli artisti (Trib. Roma, 9 luglio 2002, G.U. Belta, Dama Films Produzione s.r.l. c. Emi General Music s.r.l., Aida 2003, Repertorio I.17.3).

Quando i medesimi diritti su un’opera dell’ingegno sono ceduti a due diversi acquirenti l’inadempimento del cedente che deriva da questa doppia alienazione va giudicato sulla base della «legge del contratto» di cessione, e non sulla scorta della legge del paese per il quale i diritti sono stati ceduti (Cass. 11 settembre 2001 n. 11580, Aida 2002, 821/1).

Il convenuto che alleghi che in Russia esista un diritto di utilizzazione televisiva diverso dal diritto generale di utilizzazione dell’opera cinematografica ha l’onere di provare che il diritto russo prevede tale diritto particolare (Cass. 1 dicembre 1999 n. 13398, Aida 2000, 657/2).

L’art. 22 disp.prel. c.c. soccorre (prima della legge 218/1995) all’esigenza di individuare il regime di sfruttamento all’estero di un film prodotto in Russia (Cass. 1 dicembre 1999 n. 13398, Aida 2000, 657/1).

Il luogo ove “si è verificato l’evento dannoso” ex art. 5 n.3  della convenzione di Bruxelles (nella specie: derivante da una violazione di diritti d’autore e da una concorrenza sleale che l’attore alleghi integrate dalla pubblicazione e diffusione di un’opera letteraria) deve essere identificato nel luogo della realizzazione del solo danno iniziale, senza che assuma rilievo esclusivo o concorrente il luogo di insorgenza di danni ulteriori, successivi o consequenziali. Conseguentemente il giudice italiano non ha giurisdizione a conoscere a) l’azione per concorrenza sleale relativa ad un comunicato pubblicitario diffuso a mezzo stampa in Gran Bretagna (nella specie reclamizzante un’opera che l’attore allega costituire violazione dei propri diritti d’autore) e nemmeno b) l’azione per risarcimento dei danni derivanti dalla commercializzazione in Italia di copie in inglese di un’opera letteraria che l’attore assume essere contraffazione. (App. Milano, 16 luglio 1999, Aida 2000, 699/2)

Il giudice italiano non ha giurisdizione [ex art. 5 n. 3 della convenzione di Bruxelles] a conoscere delle azioni di violazione di diritti d’autore avvenute con la pubblicazione e la diffusione di un’opera letteraria in Gran Bretagna ed in Germania. (App. Milano, 16 luglio 1999, Aida 2000, 699/1)

 

17.4 trattamento dello straniero

Il divieto di discriminazione sancito dall’art. 12.1 (ex 6) CE è applicabile anche alla protezione dei diritti d’autore nel caso in cui l’autore fosse deceduto al momento dell’entrata in vigore del trattato Ce nello stato membro di cui era cittadino. Esso osta a che il periodo di protezione riconosciuto dall’ordinamento di uno stato membro alle opere di un autore cittadino di un altro stato membro sia inferiore rispetto a quello riconosciuto alle opere dei propri cittadini (Corte di Giustizia CE, 6 giugno 2002, in causa C 360/00, Aida 2002, 813/1).

La proroga di durata dei diritti d’autore stabilita dal d.l. 20 luglio 1945 n. 440 e la sospensione del decorso di questi termini prevista dall’art. 3 allegato XV al trattato di pace di Parigi sono tra loro cumulabili, in quanto trovano fondamento in cause autonome ed assolvono a finalità diverse: quali l’esigenza di compensare le gravi limitazioni all’utilizzazione dell’opera durante il periodo bellico, e rispettivamente una sorta di «risarcimento» a favore dei cittadini delle potenze alleate. (App. Roma, 25 settembre 2000, Aida 2001, 780/2)

Il d.l.c.p.s. 82/1946 ha sostituito al regime di equivalenza di fatto di cui all’art. 188 ].a. il sistema della reciprocità, salve le convenzioni internazionali, ma non ha con ciò abrogato l’art. 30 r.a. che consente la iscrizione delle opere di autori stranieri nella parte III del pubblico registro generale (App. Roma, 13 marzo 1995, Aida 1996, 387/4).

Le opere degli autori cittadini degli Stati Uniti d’America sono protette in Italia in base al principio della reciprocità generica (Trib. Roma, 17 febbraio 1995, Aida 1996, 384/1).

Secondo l’art. II CUA ogni cittadino di un paese aderente alla convenzione gode in Italia della protezione qui assicurata ai nazionali. Il diritto d’autore dello straniero non può tuttavia essere tutelato in Italia quando si sia estinto nel suo paese. Ma incombe al convenuto in violazione del diritto d’autore l’onere di provare questa estinzione (Trib. Torino, 24 novembre 1994, Aida 1995, 336/1).

L’opera di un autore cecoslovacco è protetta in Italia in base all’art. 186 co. 1 l.a. ed in base al testo di Roma del 1928 della convenzione di unione di Berna, cui ha aderito la Cecoslovacchia (App. Torino, 27 marzo 1992, Aida 1992, 98/4).

 

17.5 convenzioni internazionali

La UE non è uno stato contraente della CUB; aderisce invece al trattato OMPI sul diritto d’autore, che la Direttiva 29/2001 mira ad attuare; ed in base all’art. 1.4 del trattato OMPI è obbligata a conformarsi agli artt. 1-21 CUB (Corte giustizia UE 26 aprile 2012, in causa C-510/10, Aida 2014, 1578/1).

Nell’adottare la direttiva 29/2001 la UE ha esercitato competenze precedentemente devolute agli stati membri, i quali non sono più competenti ad attuare le relative disposizioni della CUB (Corte giustizia UE 26 aprile 2012, in causa C-510/10, Aida 2014, 1578/2).

Le previsioni in materia di bollino SIAE contenute nel dpcm 23 febbraio 2009 n. 31 non contrastano col divieto di formalità costitutive previsto dall’art. 5.2 CUB, perché le formalità imposte dal dpcm gravano non sugli autori ma su chi intende porre in circolazione le loro opere (TAR LAZIO, 24 novembre 2009, Aida 2010, 1372/6).

L’accordo Trips è stato sottoscritto dalla Comunità e poi approvato da essa con decisione 94/800/Ce e dunque forma ormai parte integrante dell’ordinamento giuridico comunitario: onde la Corte è competente a statuire in via pregiudiziale in merito all’interpretazione dell’accordo suddetto, ed a definire gli obblighi assunti con esso dalla Comunità (Corte CE 11 settembre 2007, in causa C-431/05, Merck Genéricos, Produtos Farmacêuticos, Ldª c. Merck & Co., Inc., Merck Sharp & Dohme, Ldª, Aida 2009, Repertorio I.17.5).

In un settore in cui la Comunità non ha ancora legiferato e che pertanto rientra nella competenza degli stati membri la tutela dei diritti di proprietà intellettuale non ricade sotto il diritto comunitario, che dunque non impone né esclude che la disciplina nazionale riconosca ai singoli il diritto di invocare direttamente una norma dei Trips o prescriva al giudice l’obbligo di applicarla d’ufficio: mentre quando nel settore in questione esiste una disciplina comunitaria, il diritto comunitario implica l’obbligo, nella misura del possibile, di operare un’interpretazione conforme all’accordo Trips, senza che tuttavia possa essere ad esso riconosciuta un’efficacia diretta (Corte CE 11 settembre 2007, in causa C-431/05, Merck Genéricos, Produtos Farmacêuticos, Ldª c. Merck & Co., Inc., Merck Sharp & Dohme, Ldª, Aida 2009, Repertorio I.17.5).

La direttiva 98/44 sulle biotecnologie, il regolamento 2100/94 sulle novità vegetali, i regolamenti 1768/92 e 1610/96 sui certificati complementari di protezione non costituiscono un esercizio di competenze comunitarie di rilievo sufficiente ad affermare che, allo stato attuale, la materia dei brevetti e più precisamente della loro durata rientri nell’ambito del diritto comunitario (Corte CE 11 settembre 2007, in causa C-431/05, Merck Genéricos, Produtos Farmacêuticos, Ldª c. Merck & Co., Inc., Merck Sharp & Dohme, Ldª, Aida 2009, Repertorio I.17.5).

La nozione di «possesso» ai sensi dell’art. 1 del protocollo 1 alla CEDU è autonoma, non è limitata alla proprietà di beni materiali, e si estende anche alla proprietà intellettuale (CEDU 29 aprile 2008, Aida 2009, 1251/1).

L’interesse pubblico, certamente importante, all’emissione di carte di identità della popolazione di uno stato non può giustificare la violazione di diritti di proprietà intellettuale costituita dalla riproduzione non autorizzata di una fotografia su di esse (CEDU 29 aprile 2008, Aida 2009, 1251/2).

L’art. 4.1 della direttiva 29/2001/Ce è inteso a dare esecuzione a livello comunitario agli obblighi che incombono alla Comunità in forza del WCT e del WPPT, e deve essere perciò interpretata per quanto possibile alla luce delle definizioni fornite da questi trattati (Corte CE 17 aprile 2008, in causa C-456/06, Aida 2009, 1253/1).

In base agli artt. 5 par. 3 della convenzione di Bruxelles e 6.1 del reg. CE 44/2001 per le domande di contraffazione sussiste la competenza internazionale del paese nel quale (si è verificato l’evento dannoso, e precisamente nella specie) il prodotto che si pretende contraffatto è stato reclamizzato o venduto (Trib. Milano, Sezione IP, 29 marzo 2005, Aida 2005, 1064/1).

La prescrizione di adesione alla convenzione di unione di Berna imposta alle parti contraenti dall’art. 5 del protocollo 28 dell’accordo See è contenuta in un accordo misto concluso dalla Comunità e dai suoi stati membri e che riguarda una materia ampiamente disciplinata dal Trattato: e perciò si inserisce nel contesto comunitario, e la Commissione è competente a valutarne il rispetto sotto il controllo della Corte ex artt. 226 del Trattato Ce (Corte CE 19 marzo 2002, in causa C-13/00, Aida 2003, 876/1)

La proroga della durata del diritto d’autore stabilita dal d.l. lgt. 440/1945 si cumula alla sospensione del decorso del termine di protezione  prevista dal trattato di pace di Parigi e recepita dal d.l. c.p.s. 1430/1947. (App. Milano, 23 marzo 2001, Aida 2001, 808/3)

Le opere statunitensi godono della proroga di durata della tutela prevista dal d.lgs.lgt. 20 luglio 1945 n. 440, cui si cumula l’ulteriore periodo previsto dal trattato di pace di Parigi 10 febbraio 1947. (App. Milano, 19 dicembre 2000, Pres. Serianni, Est. Bichi, Eclecta s.r.l. c. Filmverhuurkantoor de Dam B.V., Aida 2001, Repertorio I.17.5)

La sospensione dei termini di tutela delle opere delle potenze alleate prevista dal trattato di pace del 1947 riguarda le opere pubblicate prima della seconda guerra mondiale (Trib. Milano, 9 ottobre 2000, Aida 2001, 784/2).

La proroga di durata dei diritti d’autore stabilita dal d.l. 20 luglio 1945 n. 440 e la sospensione del decorso di questi termini prevista dall’art. 3 allegato XV al trattato di pace di Parigi sono tra loro cumulabili, in quanto trovano fondamento in cause autonome ed assolvono a finalità diverse: quali l’esigenza di compensare le gravi limitazioni all’utilizzazione dell’opera durante il periodo bellico, e rispettivamente una sorta di «risarcimento» a favore dei cittadini delle potenze alleate. (App. Roma, 25 settembre 2000, Aida 2001, 780/2)

La libertà di manifestare e diffondere con ogni mezzo il pensiero, tutelata dagli artt. 21 cost. e 10 cedu, ha per oggetto il «proprio» pensiero e non quello altrui, e non conferisce dunque all’emittente radiotelevisiva un diritto a diffondere un’opera altrui senza il consenso dell’autore (Cass. 5 luglio 2000, Aida 2001, 741/3).

Gli artt. 70 l.a. e 10 CBU prevedono fattispecie di libertà di utilizzazione che si pongono come eccezionali, perché derogano all’insieme di norme dirette a tutelare nel modo più efficace possibile i diritti degli autori delle opere letterarie ed artistiche, ed appaiono di stretta interpretazione (App. Milano, 21 marzo 2000, Aida 2000, 725/1).

Secondo l’art. 14bis lett.b) CUB nei paesi come l’Italia ove i titolari del diritto allo sfruttamento dell’opera cinematografica sono anche coautori, questi non possono opporsi alla messa in circolazione dell’opera da parte del produttore cinematografico  anche attraverso mezzi diversi dalla proiezione nelle sale, quali la circolazione per filo o per radio (Cass. 1 dicembre 1999 n. 13398, Aida 2000, 657/4).

Le opere pittoriche di un artista tedesco ‘, create in Germania, ivi rimaste, ed in relazione alle quali la Germania si qualifica paese d’origìne ex art. 5.4 CUB sono protette in Italia dal diritto italiano ex art. 5 co. 1 e 2 CUB (App. Milano, 25 febbraio 1997, Aida 1997, 491/1).

I provvedimenti cautelari di inibitoria della violazione di diritti patrimoniali d’autore possono avere un contenuto di tutela volto ad espandere i propri effetti in tutto il mondo (Pret. Roma, ordinanza 21 dicembre 1994, Aida 1997, 450/1).

Gli artt. 70 l.a. e 10 CUB prevedono fattispecie di libertà di utilizzazione che si pongono come eccezionali, perché situate oltre la frontiera dell’esclusiva riser­vata all’autore, ed appaiono perciò di stretta interpretazione (Cass. 7 marzo 1997, n. 2089, Aida 1997, 445/1).

La proroga e la sospensione della durata dei diritti patrimoniali d’autore previste dal d.1.1gt. 440/1945 e rispettivamente dal trattato di pace di Parigi non sono assorbite e sono cumulabili col nuovo termine di cinquant’anni previsto dal d.p.r. 19/1979 per la durata della tutela delle opere cinematografiche (Tríb. Roma, 17 febbraio 1995, Aida 1996, 384/5).

La cumulabilità della proroga e della sospensione previste dal d.I.Igt. 440/ 1945 e rispettivamente dal trattato di pace di Parigi non è pregiudicata dalla regola successiva della convenzione universale sul diritto d’autore, secondo cui la tutela delle opere straniere in Italia non può eccedere il periodo di durata previsto dalla legge dello stato di appartenenza (Trib. Roma, 17 febbraio 1995, Aida 1996, 384/4).

La proroga di sei anni della durata dei diritti patrimoniali d’autore proposta dal d.1.1gt. 440/1945 e la sospensione di cinque anni e dieci mesi sancita dal trattato di pace di Parigi (di cui al d.l.c.p.s. 1430/1947) si cumulano (Trib. Roma, 17 febbraio 1995, Aida 1996, 384/3).

Nei rapporti tra Italia e Regno Unito, la cui adesione alla convenzione di Bruxelles èstata ratificata il 26 novembre 1986 ed è divenuta produttiva di effetti in questo stato l’l gennaio 1987, le disposizioni della convenzione relative alla giurisdizione non sono applicabili alle controversie già pendenti prima di questa data: e l’esistenza di una clausola di un contratto di licenza di diritti d’autore attributiva di giurisdizione al giudice italiano non può fondare questa giurisdizione ex art. 17 della convenzione (Cass. 17 maggio 1995 n. 5391, Aida 1996, 371/1).

L’art. 9 CUB (atto di Parìgi) non può essere invocato per limitare l’applicazione dell’art. 86 UE ad un esercizio del diritto d’autore che costituisca sfruttamento abusivo di posizione dominante nell’Irlanda e nell’Irlanda del Nord: perché la Comunità non ha aderito alla convenzione; questa è stata ratificata dal Regno Unito solo dopo la sua adesione alla Comunità e non è stata ancora ratificata dall’Irlanda; e le disposizioni di una convenzione conclusa prima dell’entrata in vigore del trattato o, a seconda dei casi, prima dell’adesione di uno stato membro non possono essere invocate nei rapporti intracomunitari allorché i diritti degli stati terzi non vengano pregiudicati (Corte CE 6 aprile 1995, in cause riunite C241/91, C242/91, Aida 1995, 290/3).

Secondo l’art. II CUA ogni cittadino di un paese aderente alla convenzione gode in Italia della protezione qui assicurata ai nazionali. Il diritto d’autore dello straniero non può tuttavia essere tutelato in Italia quando si sia estinto nel suo paese. Ma incombe al convenuto in violazione del diritto d’autore l’onere di provare questa estinzione (Trìb. Torino, 24 novembre 1994, Aida 1995, 336/1).

Proposta dall’attore in primo grado domanda (infondata) di accertamento della scadenza di contratti di edizione musicale per decorso del termine ventennale previsto per i contratti di edizione ex art. 122 l.a., l’attore non può proporre in appello domanda di accertamento della nullità dei medesimi contratti per violazione di regole di tutela del diritto d’autore stabilite dalla convenzione di Berna e recepite con l. 399/1978, e nemmeno domanda di cessazione dei medesimi contratti per recesso dell’autore (App. Milano, 19 luglio 1994, 280/1).

Alla nozione di citazione ex art. 10 CUP è essenziale non solo e non tanto la letteralità (o comunque la puntuale conformità) della riproduzione, ma soprattutto la sua inserzione nel testo e pertanto la sua subordinazione alle finalità proprie del testo medesimo: e reciprocamente l’art. 10 CUP non liberalizza espressamente e non può essere applicato estensivamente a rendere lecita la riproduzione di brani letterari e musicali su dischi allegati ad un’enciclopedia in funzione di illustrazione sonora fuori testo del suo contenuto (App. Milano, 5 ottobre 1993, Aida 1995, 310/3).

L’opera di un autore cecoslovacco è protetta in Italia in base all’art. 186 co. 1 l.a. ed in base al testo di Roma del 1928 della convenzione di unione di Berna, cui ha aderito la Cecoslovacchia (App. Torino, 27 marzo 1992, Aida 1992, 98/4).

 

17.6 diritto comunitario

La UE non è uno stato contraente della CUB; aderisce invece al trattato OMPI sul diritto d’autore, che la Direttiva 29/2001 mira ad attuare; ed in base all’art. 1.4 del trattato OMPI è obbligata a conformarsi agli artt. 1-21 CUB (Corte giustizia UE 26 aprile 2012, in causa C-510/10, Aida 2014, 1578/1).

Nell’adottare la direttiva 29/2001 la UE ha esercitato competenze precedentemente devolute agli stati membri, i quali non sono più competenti ad attuare le relative disposizioni della CUB (Corte giustizia UE 26 aprile 2012, in causa C-510/10, Aida 2014, I1578/2).

La nozione “con i loro propri mezzi” di cui all’art. 5.2 lett.d) della direttiva 29/2001 è una nozione autonoma di diritto della UE (Corte giustizia UE 26 aprile 2012, in causa C-510/10, Aida 2014, 1578/3).

Poiché le versioni linguistiche del considerando 41 della direttiva 29/2001 sono diverse, la sua interpretazione non può essere esclusivamente letterale, non si può attribuire ad una sua versione linguistica un carattere prioritario rispetto alle altre, ed il considerando deve essere interpretato in funzione del sistema e delle finalità della normativa di cui fa parte (Corte giustizia UE 26 aprile 2012, in causa C-510/10, Aida 2014, 1578/4).

I mezzi propri di un organismo di diffusione radiotelevisiva, le cui registrazioni effimere possono essere lecite ex art. 5.2 lett.d) della direttiva 29/2001, comprendono i mezzi di qualsiasi terzo che agisca per conto o sotto la responsabilità di tale organismo (Corte giustizia UE 26 aprile 2012, in causa C-510/10, Aida 2014, 1578/5).

Per stabilire se una registrazione effettuata da un organismo di diffusione radiotelevisiva per le proprie emissioni con i mezzi di un terzo rientri nell’eccezione ex art. 5.2 lett.d) della direttiva 29/2001 relativa alle registrazioni effimere il giudice deve valutare se il terzo agisca concretamente “per conto” dell’organismo di diffusione radiotelevisiva o quanto meno “sotto la responsabilità” del medesimo: e perché ciò avvenga è essenziale che l’organismo di diffusione radiotelevisiva sia tenuto a risarcire i danni derivanti all’autore da azioni ed omissioni del terzo, come se queste fossero state compiute dall’organismo di diffusione radiotelevisiva (Corte giustizia UE 26 aprile 2012, in causa C-510/10, Aida 2014, 1578/6).

La direttiva 2001/29 non si applica agli atti conclusi e ai diritti acquisiti prima del 22 dicembre 2002 (Corte giustizia UE 27 giugno 2013, nelle cause riunione C-457/11 e C-460/11, Aida 2014, 1579/1).

L’equo compenso mira ad indennizzare gli autori per la copia privata effettuata senza la loro autorizzazione delle loro opere protette, per cui detto compenso deve essere considerato quale contropartita del pregiudizio subìto dagli autori, derivante da siffatta copia non autorizzata da questi ultimi (Corte giustizia UE 27 giugno 2013, nelle cause riunione C-457/11 e C-460/11, Aida 2014, 1579/2).

Se uno Stato membro ha deciso, in virtù di una disposizione contenuta all’articolo 5, paragrafo 2 o 3, della direttiva 2001/29, di escludere, nell’ambito di applicazione ratione materiae di tale disposizione, qualsiasi diritto, per i titolari di diritti, di autorizzare la riproduzione delle loro opere o di altri materiali protetti, un eventuale atto di autorizzazione adottato da questi ultimi è privo di effetti giuridici nell’ordinamento di tale Stato, e non incide in alcun modo sull’equo compenso (Corte giustizia UE 27 giugno 2013, nelle cause riunione C-457/11 e C-460/11, Aida 2014, 1579/3).

Qualora uno Stato membro abbia deciso di introdurre una semplice limitazione al diritto di riproduzione d’autore, il diritto a compenso non può essere applicato quando la limitazione prevista dal legislatore nazionale non permette la realizzazione di riproduzioni senza l’autorizzazione degli autori e non genera, quindi, il tipo di pregiudizio del quale l’equo compenso costituisce una contropartita (Corte giustizia UE 27 giugno 2013, nelle cause riunione C-457/11 e C-460/11, Aida 2014, 1579/4).

La circostanza che uno Stato membro non ha garantito la corretta applicazione dell’eccezione per copia privata non può in alcun modo far venire meno l’equo compenso dovuto ai titolari di diritti (Corte giustizia UE 27 giugno 2013, nelle cause riunione C-457/11 e C-460/11, Aida 2014, 1579/5).

La mancata applicazione di misure tecnologiche di protezione non può far venir meno l’equo compenso (Corte giustizia UE 27 giugno 2013, nelle cause riunione C-457/11 e C-460/11, Aida 2014, 1579/6).

L’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/29 non ricomprende nell’ambito di applicazione dell’eccezione nell’ambito di applicazione dell’eccezione i supporti che non hanno qualità comparabili ed equivalenti a quelle della carta, e cioè supporti di rappresentazione fisica percepibile dalle capacità sensoriali umane (Corte giustizia UE 27 giugno 2013, nelle cause riunione C-457/11 e C-460/11, Aida 2014, 1579/7).

L’articolo 5, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2001/29 riguarda non solamente la tecnica fotografica, ma qualsiasi mezzo che consenta di raggiungere un risultato analogo a quello ottenuto con la tecnica fotografica (Corte giustizia UE 27 giugno 2013, nelle cause riunione C-457/11 e C-460/11, Aida 2014, 1579/8).

In linea di principio incombe al soggetto che ha realizzato la copia privata risarcire il danno subìto, finanziando il compenso che sarà corrisposto al titolare; tenuto conto tuttavia delle difficoltà pratiche connesse a questo sistema di equo compenso, è consentito agli Stati membri risalire alle tappe precedenti alla realizzazione della copia e istituire un prelievo per copia privata a carico dei soggetti che dispongono di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione e che, conseguentemente, di diritto o di fatto, mettono tali oggetti a disposizione di soggetti che realizzano le copie o rendono a questi ultimi un servizio di riproduzione (Corte giustizia UE 27 giugno 2013, nelle cause riunione C-457/11 e C-460/11, Aida 2014, 1579/9).

Qualora le riproduzioni private siano effettuate con un unico procedimento mediante una catena di dispositivi, è consentito agli Stati membri risalire alle tappe precedenti alla realizzazione della copia e istituire un sistema nel quale l’equo compenso è corrisposto dai soggetti che dispongono di un dispositivo appartenente a tale catena che contribuisce a detto procedimento in modo non autonomo (Corte giustizia UE 27 giugno 2013, nelle cause riunione C-457/11 e C-460/11, Aida 2014, 1579/10).

L’attribuzione agli autori del diritto al compenso ex art. 46 bis l.a. non contrasta con l’art. 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea essendo giustificata da motivi di tutela della proprietà intellettuale. (Trib. Milano, Sezione specializzata in materia di impresa, 3 gennaio 2014, Aida 2014, 1638/2).

Stante l’esigenza di interpretare il diritto nazionale in senso conforme al diritto comunitario ed alla sua interpretazione operata dalla sentenza Corte giustizia 17.12.2006 in causa C-306/2005, SGAE c. Raphael Hoteles, l’art. 15 co.2 l.a. non può essere interpretato come applicabile in via diretta o analogica a rendere lecita l’attività di diffusione di programmi televisivi in camere d’albergo (App. Genova, 23 marzo 2010, Aida 2011, 1416/2).

Le nozioni di autore e di aventi causa ex art.14.1 rdm sono nozioni autonome e proprie del diritto comunitario (Corte giustizia CE 2 luglio 2009, in causa C-32/08, Aida 2010, 1314/2).

L’accordo Trips è stato sottoscritto dalla Comunità e poi approvato da essa con decisione 94/800/Ce e dunque forma ormai parte integrante dell’ordinamento giuridico comunitario: onde la Corte è competente a statuire in via pregiudiziale in merito all’interpretazione dell’accordo suddetto, ed a definire gli obblighi assunti con esso dalla Comunità (Corte CE 11 settembre 2007, in causa C-431/05, Merck Genéricos, Produtos Farmacêuticos, Ldª c. Merck & Co., Inc., Merck Sharp & Dohme, Ldª, Aida 2009, Repertorio I.17.6).

In un settore in cui la Comunità non ha ancora legiferato e che pertanto rientra nella competenza degli stati membri la tutela dei diritti di proprietà intellettuale non ricade sotto il diritto comunitario, che dunque non impone né esclude che la disciplina nazionale riconosca ai singoli il diritto di invocare direttamente una norma dei Trips o prescriva al giudice l’obbligo di applicarla d’ufficio: mentre quando nel settore in questione esiste una disciplina comunitaria, il diritto comunitario implica l’obbligo, nella misura del possibile, di operare un’interpretazione conforme all’accordo Trips, senza che tuttavia possa essere ad esso riconosciuta un’efficacia diretta (Corte CE 11 settembre 2007, in causa C-431/05, Merck Genéricos, Produtos Farmacêuticos, Ldª c. Merck & Co., Inc., Merck Sharp & Dohme, Ldª, Aida 2009, Repertorio I.17.6).

La direttiva 98/44 sulle biotecnologie, il regolamento 2100/94 sulle novità vegetali, i regolamenti 1768/92 e 1610/96 sui certificati complementari di protezione non costituiscono un esercizio di competenze comunitarie di rilievo sufficiente ad affermare che, allo stato attuale, la materia dei brevetti e più precisamente della loro durata rientri nell’ambito del diritto comunitario (Corte CE 11 settembre 2007, in causa C-431/05, Merck Genéricos, Produtos Farmacêuticos, Ldª c. Merck & Co., Inc., Merck Sharp & Dohme, Ldª, Aida 2009, Repertorio I.17.6).

Il giudice del reclamo in un procedimento cautelare non è giudice di ultima istanza ex art. 234 CE, quando le questioni prospettate (nella specie: relative alla pretesa violazione di diritti d’artista del de cuius del ricorrente) siano centrali anche nel possibile giudizio successivo a cognizione piena (Trib. Bologna, Sezione IP, ordinanza 13 settembre 2007, Pres. Colonna, Est. Acierno, Eredi del Maestro Bastianini c. Universal Music Group, Aida 2009, Repertorio I.17.6).

Non è ammissibile il rinvio alla Corte di giustizia ex art. 234 CE per l’interpretazione della convenzione di Bruxelles del 1968 sulla giurisdizione, quando questa sia richiamata non come fonte comunitaria ma in quanto norma integrativa dell’art. 3 l. 218/1995 (nella specie: per fondare la giurisdizione italiana in materia di violazione di diritti d’artista del de cuius del ricorrente) (Trib. Bologna, Sezione IP, ordinanza 13 settembre 2007, Pres. Colonna, Est. Acierno, Eredi del Maestro Bastianini c. Universal Music Group, Aida 2009, Repertorio I.17.6).

La normativa comunitaria in materia di protezione del diritto d’autore subordina la propria operatività al quadro giuridico esistente in materia di protezione di dati personali (Trib. Roma, Sezione IP, ordinanza 22 novembre 2007, Pres. Marvasi, Est. Dotti, Wind Telecomunicazioni s.p.a. c. CDV Software Entertainment AG, Garante per la protezione dei dati personali, Aida 2009, Repertorio I.17.6).

L’indicazione dei nominativi degli utenti ai quali sono attribuiti determinati indirizzi IP in una determinata data ed ora costituisce comunicazione e trattamento di dati personali che è vietata al di fuori delle ipotesi specificamente previste dalla normativa comunitaria, fra le quali non rientra l’esigenza di carattere probatorio nell’ambito di un contenzioso civile, finalizzato all’accertamento di violazioni del diritto d’autore attraverso la rete internet (Trib. Roma, Sezione IP, ordinanza 22 novembre 2007, Pres. Marvasi, Est. Dotti, Wind Telecomunicazioni s.p.a. c. CDV Software Entertainment AG, Garante per la protezione dei dati personali, Aida 2009, Repertorio I.17.6).

L’art. 4.1 della direttiva 29/2001/Ce è inteso a dare esecuzione a livello comunitario agli obblighi che incombono alla Comunità in forza del WCT e del WPPT, e deve essere perciò interpretata per quanto possibile alla luce delle definizioni fornite da questi trattati (Corte CE 17 aprile 2008, in causa C-456/06, Aida 2009, 1253/1).

La sentenza della Corte di giustizia CE dell’8 novembre 2007 (caso Schwibbert) si riferisce alla disposizione di cui all’art. 171ter lett. d) l.a., ed alle altre disposizioni incentrate sull’apposizione del contrassegno come condizione di commercializzazione del supporto contenente opere dell’ingegno, ma non riguarda le violazioni sostanziali del diritto d’autore, come l’illecita duplicazione, la vendita o la detenzione per la vendita di supporti illecitamente duplicati, relativamente alle quali la mancanza del contrassegno assume solo un valore indiziario idoneo a suffragare, insieme con altri elementi, l’illiceità della condotta (Cass. sez. III penale 24 giugno 2008 n. 27764, Pres. Vitalone, Est. Petti, P.M. Salzano, Diop Papa Abdul, Aida 2009, Repertorio I.17.6).

Il legislatore comunitario ha inteso attribuire un significato ampio alla nozione di estrazione di dati da una banca di dati ex art. 7 della direttiva 9/96. Questa ricorre quando una parte sostanziale, valutata qualitativamente o quantitativamente, del contenuto della banca di dati viene trasferita. Ed è irrilevante che l’estrazione non faccia scomparire i dati dal suo supporto originale; che il trasferimento si basi su un procedimento tecnico o manuale; che il trasferimento del contenuto della banca dati dia luogo ad una disposizione dei suoi elementi diversa da quella che caratterizza la banca di dati originaria; che il trasferimento non prelevi una parte degli elementi della banca dati e completi quelli prelevati con altri elementi provenienti da un’altra forma; che i dati siano prelevati ed inseriti in un’altra banca di dati soltanto in seguito ad una valutazione critica compiuta dall’autore dell’operazione di trasferimento; che questa operazione abbia uno od altro obiettivo (Corte CE 9 ottobre 2008, in causa C-304/07, Aida 2009, 1255/1).

Il costitutore della banca di dati può riservarsi un diritto di accesso esclusivo alla stessa, o limitarne l’accesso a determinati soggetti, o ancora subordinarlo a condizioni particolari (per esempio di carattere finanziario). Quando ne renda tuttavia accessibile a terzi il contenuto quand’anche a titolo oneroso, il suo diritto sui generis non gli consente di opporsi alla consultazione della banca di dati da parte di terzi a fini di informazione. Ed il diritto esclusivo del costitutore di una banca di dati relativo all’estrazione di dati dalla medesima non viola dunque il diritto all’informazione dei suoi utenti (Corte CE 9 ottobre 2008, in causa C-304/07, Aida 2009, 1255/2).

La durata di protezione prevista dalla direttiva 116/2006/Ce si applica ex art. 10.2 anche quando il diritto connesso in questione non è mai stato protetto nello stato membro in cui è chiesta la protezione (Corte CE 20 gennaio 2009, in causa C-240/07, Aida 2009, 1257/1).

Secondo l’art. 10.2 della direttiva 116/2006/Ce le durate di protezione da essa previste si applicano quando alla data dell’1.7.1995 l’opera o il soggetto in questione erano protetti almeno in uno stato membro in applicazione delle disposizioni nazionali di quest’ultimo: anche quando non fossero protetti, in quanto cittadino di paese terzo, nello stato membro in cui è chiesta la protezione (Corte CE 20 gennaio 2009, in causa C-240/07, Aida 2009, 1257/2).

Gli artt. 8.3 della direttiva 48/2004 e 15.1 della direttiva 58/2002, non ostano a che gli stati membri istituiscano un obbligo di comunicazione a terzi privati di dati personali relativi al traffico, al fine di consentire l’avvio dei procedimenti civili per violazione del diritto d’autore. Tuttavia il diritto comunitario impone che all’atto della trasposizione delle direttive 31/2000, 29/2001, 58/2002 e 48/2004, gli stati membri abbiano cura di fondarsi su un’interpretazione di questa direttiva tale da garantire un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali rilevanti in materia. In sede di applicazione delle misure di trasposizione di questa direttiva, poi, le autorità ed i giudici degli stati membri devono evitare di fondarsi su un’interpretazione delle direttive che entri in conflitto con i diritti fondamentali o con gli altri principi generali del diritto comunitario, come il principio di proporzionalità (Corte CE 19 febbraio 2009, C-557/07, Aida 2009, 1258/1).

Un fornitore di accesso che si limiti a procurare agli utenti l’accesso a internet, senza proporre altri servizi (quali ad esempio un servizio di posta elettronica, un FTP o un servizio di condivisione dei file) né esercitare un controllo giuridico sostanziale sul servizio utilizzato deve essere considerato un intermediario ai sensi dell’art. 8.3 della direttiva 29/2001: perché fornisce un servizio suscettibile di essere utilizzato da un terzo per violare un diritto d’autore o un diritto connesso (dato che procura all’utente la connessione che gli consentirà di violare tali diritti) (Corte CE 19 febbraio 2009, C-557/07, Aida 2009, 1258/2).

La nozione di «estrazione» dell’art. 7 direttiva 96/9/CE relativa alla tutela giuridica delle banche di dati va intesa in senso ampio e riferita a qualsiasi operazione non autorizzata di appropriazione di tutto il contenuto di una banca di dati o di una parte di esso, senza riguardo alla forma o alla modalità operativa, e perciò senza riguardo al fatto che questo contenuto sia trasferito su un supporto dello stesso tipo della banca dati originale o su un supporto diverso (Corte CE 5 marzo 2009, in causa C-545/07, Aida 2009, 1259/1).

Il carattere temporaneo o permanente del trasferimento del contenuto di una banca di dati non rileva dal punto di vista dell’art. 7 direttiva 96/9/CE, ma può essere valorizzato dalle legislazioni nazionali per la valutazione della gravità della violazione del diritto sui generis spettante al costitutore e per la quantificazione del danno da lui subito (Corte CE 5 marzo 2009, in causa C-545/07, Aida 2009, 1259/2).

Si ha trasferimento permanente del contenuto di una banca di dati quando gli elementi si trovano fissati in modo duraturo su un supporto diverso da quello originario, mentre si ha trasferimento temporaneo quando tali elementi sono conservati per una durata limitata su un altro supporto, ad esempio nella memoria operativa di un computer (Corte CE 5 marzo 2009, in causa C-545/07, Aida 2009, 1259/3).

E’ irrilevante per l’esistenza di un’operazione di estrazione del contenuto di una banca di dati il fatto che il conseguente trasferimento miri alla costituzione di un’altra banca di dati, concorrente o meno di quella originaria, o che tale atto si inserisca nel contesto di un’attività, commerciale o meno, diversa dalla costituzione di una banca di dati (Corte CE 5 marzo 2009, in causa C-545/07, Aida 2009, 1259/4).

E’ irrilevante ai fini dell’interpretazione della nozione di estrazione del contenuto di una banca di dati il fatto che il conseguente trasferimento dia luogo a una disposizione o a un’organizzazione degli elementi diversa da quella che caratterizza la banca di dati originaria (Corte CE 5 marzo 2009, in causa C-545/07, Aida 2009, 1259/5).

La nozione di «reimpiego» dell’art. 7 direttiva 96/9/CE si estende a qualsiasi operazione di diffusione al pubblico di tutto o di una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati, e perciò anche alla diffusione di banche di dati modificati, contenenti dati estratti e trasferiti da una banca di dati originaria (Corte CE 5 marzo 2009, in causa C-545/07, Aida 2009, 1259/6).

Il fatto che elementi ottenuti dal costitutore di una banca di dati da fonti non accessibili al pubblico vengano reperiti nella banca di dati di un altro costitutore non è sufficiente a provare un’attività di estrazione, anche se può costituirne un indizio (Corte CE 5 marzo 2009, in causa C-545/07, Aida 2009, 1259/7).

La natura dei programmi informatici utilizzati per la gestione di due banche di dati elettroniche non costituisce elemento di valutazione dell’esistenza di un’estrazione (Corte CE 5 marzo 2009, in causa C-545/07, Aida 2009, 1259/8).

La nozione di «parte sostanziale» del contenuto di una banca di dati deve essere valutata in relazione al volume del contenuto totale della banca di dati originale, ed indipendentemente dal volume del contenuto della banca di dati derivata (Corte CE 5 marzo 2009, in causa C-545/07, Aida 2009, 1259/9).

La nozione di «parte sostanziale» del contenuto di una banca di dati può essere valutata in relazione ad un sottogruppo di dati di una banca di dati più complesso, purché questo sottogruppo costituisca di per sé una banca di dati rispondente ai requisiti di protezione del diritto sui generis (Corte CE 5 marzo 2009, in causa C-545/07, Aida 2009, 1259/10).

La commercializzazione separata di diversi sottogruppi di dati contenuti in una banca di dati non è sufficiente, di per sé, ad argomentare l’esistenza di un investimento rilevante e di un diritto sui generis autonomo relativo al sottogruppo (Corte CE 5 marzo 2009, in causa C-545/07, Aida 2009, 1259/11).

Una parte quantitativamente trascurabile del contenuto di una banca di dati può rappresentare, in termini di conseguimento, verifica o presentazione, un considerevole investimento umano, tecnico e finanziario (Corte CE 5 marzo 2009, in causa C-545/07, Aida 2009, 1259/12).

L’art. 5.1 lett. b) secondo trattino del regolamento 44/2001/CE sulla competenza giurisdizionale deve essere interpretato nel senso che un contratto con il quale il titolare di un diritto di proprietà intellettuale concede alla controparte la facoltà di sfruttarlo in cambio del pagamento di un corrispettivo non è un contratto di prestazioni di servizi ai sensi di tale disposizione (Corte CE 23 aprile 2009, in causa C-533/07, Aida 2009, 1260/1).

Ai fini di determinare ex art. 5.1 lett. a) del regolamento 44/2001/CE sulla competenza giurisdizionale il giudice competente a conoscere di una domanda di pagamento del corrispettivo dovuto in forza di un contratto con il quale il titolare di un diritto di proprietà intellettuale concede alla controparte la facoltà di sfruttarlo occorre tuttora fare riferimento ai principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia relativamente all’art. 51 della convenzione di Bruxelles del 1968 sulla competenza giurisdizionale, secondo cui la nozione di obbligazione rinvia a quella derivante dal contratto e la cui mancata esecuzione viene dedotta in giudizio e ad un tempo il luogo ove questa obbligazione è stata o deve essere eseguita viene determinato in base alla legge che la disciplina secondo le regole di conflitto del giudice adito (Corte CE 23 aprile 2009, in causa C-533/07, Aida 2009, 1260/2).

Il diritto di riproduzione ex art. 2 a) della direttiva 29/2001 può trovare applicazione soltanto con riferimento ad un’opera o ad una parte di opera che abbia carattere di originalità, ossia rappresenti il risultato della creazione intellettuale dell’autore (Corte CE 16 luglio 2009, in causa C-5/2008, Aida 2009, 1261/1).

Un atto compiuto nel corso di un procedimento di raccolta dati, consistente nella memorizzazione informatica di un estratto di un’opera tutelata (nella specie: un articolo di giornale) composto da undici parole e nella stampa del medesimo, può rientrare nella nozione di riproduzione parziale ex art. 2 della direttiva 29/2001, qualora gli elementi in tal modo ripresi siano l’espressione della creazione intellettuale del loro autore (Corte CE 16 luglio 2009, in causa C-5/2008, Aida 2009, 1261/2).

Un atto di riproduzione è esente ex art. 5 n. 1 dal diritto di riproduzione ex 2 della Direttiva 29/2001 solo qualora soddisfi tutti e cinque i requisiti previsti dall’art. 5 n. 1: che rappresenta una deroga al principio generale della necessità di un’autorizzazione per qualsiasi riproduzione di un’opera protetta, deve dunque essere interpretato restrittivamente, e deve inoltre essere letto alla luce dell’art. 5 n. 5 della direttiva 29/2001, secondo cui l’esenzione è applicata esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera e non arrechino ingiustificato pregiudizio all’interesse legittimo del titolare (Corte CE 16 luglio 2009, in causa C-5/2008, Aida 2009, 1261/3).

Un atto di riproduzione può essere qualificato come transitorio ex art. 5 n.1 della direttiva 29/2001 esclusivamente qualora la sua durata sia limitata a quanto necessario per il buon funzionamento del procedimento tecnico in questione, e quando tale procedimento sia inoltre automatizzato in modo tale da sopprimere l’atto di riproduzione in maniera automatica, senza intervento umano, nel momento in cui è esaurita la sua funzione tesa a consentire la realizzazione del procedimento (Corte CE 16 luglio 2009, in causa C-5/2008, Aida 2009, 1261/4).

L’atto di stampa di un estratto di un articolo di giornale composto da undici parole, effettuato nel corso di un procedimento di raccolta dati quale quello di cui trattasi nella causa principale, non soddisfa il requisito della transitorietà ex art. 5 n.1 della direttiva 29/2001 e pertanto non può essere realizzato senza il consenso dei titolari dei diritti d’autore interessati (Corte CE 16 luglio 2009, in causa C-5/2008, Aida 2009, 1261/5).

E’ irrilevante e non può essere sottoposta alla Corte di giustizia la questione relativa alla possibilità di interpretare l’art. 8 della direttiva 2004/48/CE nel senso di imporre agli stati membri un obbligo di prevedere la possibilità di pretendere dal prestatore di servizi di telecomunicazione, indipendentemente dalla sua responsabilità in attività illecite, informazioni relative ai soggetti autori di atti di illecito sfruttamento di opere sulla rete internet con il metodo peer to peer, qualora risulti pregiudizialmente l’indisponibilità di queste informazioni (Trib. Roma, ordinanza 16 luglio 2007,  G.D. Izzo, Techland SP.Z. O.O., Peppermint Jam Records G.m.b.H. c. Telecom Italia s.p.a., Garante per la protezione dei dati personali, Aida 2008, Repertorio I.17.6).

Sul piano del diritto interno, il fornitore di servizi ha l’obbligo di cancellare o rendere anonimi i dati relativi al traffico, eccettuate conservazioni per periodi di tempo determinato e per finalità specifiche, tra le quali non rientra quella di tutela del diritto d’autore (Trib. Roma, ordinanza 16 luglio 2007,  G.D. Izzo, Techland SP.Z. O.O., Peppermint Jam Records G.m.b.H. c. Telecom Italia s.p.a., Garante per la protezione dei dati personali, Aida 2008, Repertorio I.17.6).

La direttiva 98/34/CE deve essere interpretata nel senso che disposizioni nazionali come quelle italiane, in quanto abbiano stabilito dopo l’entrata in vigore della direttiva l’obbligo di apporre il contrassegno Siae su CD contenenti opere d’arte figurativa in vista della loro commercializzazione in Italia, costituiscono una regola tecnica che, qualora non sia stata notificata alla Commissione, non può essere fatta valere nei confronti di un privato (Corte giustizia CE 8 novembre 2007, in causa C -20/051, Aida 2008, 1189/1).

L’art. 15 n. 1 della direttiva 2002/58 offre agli stati membri la possibilità di prevedere deroghe all’obbligo di garantire la riservatezza dei dati personali, ed attraverso il rinvio all’art. 13.1 della direttiva 95/46 esprime la volontà del legislatore comunitario di non escludere dal suo ambito di applicazione la tutela anche civilistica del diritto di proprietà, inteso in senso comprensivo della proprietà intellettuale (Corte giustizia CE, 29 gennaio 2008, in causa C-275/06, Aida 2008, 1190/1).

L’art. 8 n. 1 della direttiva 2004/48 sull’enforcement dei diritti di proprietà intellettuale non impone agli stati membri di introdurre nei propri ordinamenti un obbligo di comunicare dati personali relativi alla prestazione di servizi in violazione di diritti di proprietà intellettuale (Corte giustizia CE, 29 gennaio 2008, in causa C-275/06, Aida 2008, 1190/2).

Gli artt. 41, 42 e 47 TRIPS non impongono un’interpretazione delle direttive comunitarie tale da obbligare gli stati membri ad introdurre nei propri ordinamenti un obbligo di comunicare dati personali relativi alla prestazione di servizi in violazione di diritti di proprietà intellettuale (Corte giustizia CE, 29 gennaio 2008, in causa C-275/06, Aida 2008, 1190/3).

Le direttive 2002/58 sulla privacy nelle comunicazioni elettroniche, 2000/31 sul commercio elettronico, 2001/29 sulla società dell’informazione, 2004/48 sulla tutela dei diritti di proprietà intellettuale, contengono alcuni princìpi che consentono di contemperare i diritti di proprietà intellettuale con quello alla tutela dei dati personali; lasciano agli stati membri un certo margine di discrezionalità di attuazione, ma li obbligano comunque a garantire un giusto equilibrio fra questi diritti; obbligano inoltre le autorità e i giudici nazionali ad evitare interpretazioni in conflitto con questi diritti fondamentali o con altri princìpi del diritto comunitario, come il principio di proporzionalità (Corte giustizia CE, 29 gennaio 2008, in causa C-275/06, Aida 2008, 1190/5).

Per effetto dell’ordine di esecuzione del trattato di pace, avvenuta con dlgs c.p.s. 28.11.1947 n. 1430, è stata immessa nell’ordinamento interno una norma che attribuiva ai cittadini delle potenze alleate il medesimo termine già attribuito ai cittadini italiani per neutralizzare gli effetti negativi determinati dallo stato di guerra sull’esercizio dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno (impedito durante il periodo bellico): onde si è verificata una situazione normativa per cui a tutti gli autori italiani o assimilati, o agli autori di stati per i quali vigeva il principio di reciprocità in materia di diritto d’autore o degli stati di potenze alleate ed associate vincitrici (per i quali esistesse o meno una situazione di reciprocità) si applicava indistintamente, oltre al normale termine di durata, anche il termine di proroga di 6 anni a compensazione degli impedimenti dovuti al periodo bellico previsto dal dlgs l.g.t. 440/1945 (Cass. 19 ottobre 2007 n. 38721, Aida 2008, 1198/1).

Il dlgs 19/1979 deve ricevere una interpretazione adeguatrice, nel senso che con la sua entrata in vigore, anche in mancanza di una specifica disposizione di abrogazione espressa, si è comunque verificata l’abrogazione tacita del dlgs l.g.t. 440/1945 (e di tutte le altre norme speciali che in ipotesi prevedessero proroghe o sospensioni o estensioni della durata del termine di protezione per le opere cinematografiche) (Cass. 19 ottobre 2007 n. 38721, Aida 2008, 1198/2).

L’estensione da 30 a 50 anni del termine di protezione delle opere cinematografiche operata dal dlgs 19/1979 non riguarda i film che erano in precedenza già caduti in pubblico dominio (Cass. 19 ottobre 2007 n. 38721, Aida 2008, 1198/3).

Fino al momento in cui sarà perfezionata la procedura di notifica delle relative regole tecniche alla Commissione ai sensi delle direttive 189/1983, 34/1998 e 48/1998/CE il giudice nazionale deve disapplicare tutte le disposizioni normative che dopo l’entrata in vigore della direttiva 98/1983 hanno introdotto la necessità del timbro Siae per le varie tipologie di supporti a tutela di interessi pubblicistici e per la verifica dell’originalità del prodotto: anche se la contraffazione dell’opera resta tuttavia tale ed illecita (Cass. 2 aprile 2008 n. 13810, Aida 2008, 1199/1).

La sentenza 8 novembre 2007 della Corte di Giustizia (procedimento C-20/05) considera implicitamente la disposizione della direttiva 83/189/CEE che impone l’obbligo di comunicare la regola tecnica come una norma «ad effetto diretto», la cui  applicazione non è condizionata ad ulteriori interventi normativi nazionali (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/1).

L’obbligo imposto dalla direttiva 83/189/CEE di comunicare alla Commissione Europea le regole tecniche introdotte nell’ordinamento nazionale vale per quelle istituite dopo il 31 marzo 1983, data di entrata in vigore della direttiva, e non solo per quelle istituite dopo l’entrata in vigore della legge nazionale di recepimento del 21 giugno 1986  (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/2).

Per i contrassegni SIAE relativi ai supporti cartacei si applica la disciplina regolamentare di cui all’art. 12 r.a.; per i contrassegni relativi ai supporti non cartacei prodotti prima della entrata in vigore della legge 248/00 (e quindi fino al 19 settembre 2000) si applica la disciplina derivante dagli accordi stipulati tra la SIAE e le associazioni di categoria interessate, implicitamente riconosciuti dal d.l. 9/87, convertito nella l. 121/87, dal d.lgs. 518/92, dal d.lgs. 685/94 e dal d.lgs. 169/99; per i contrassegni relativi ai supporti non cartacei prodotti successivamente al 19 settembre 2000 si applica la disciplina introdotta dall’art. 181 bis l.a. e dal relativo regolamento esecutivo (D.P.C.M. 338/01 e succ. mod.) (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/3).

Il contrassegno SIAE relativo ai supporti contenenti fonogrammi, videogrammi o sequenze di immagini in movimento, in quanto disciplinato da norme comunque successive alla data del 31 marzo 1983, era soggetto all’obbligo di previa comunicazione alla Commissione della Comunità Europea  (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/4).

In mancanza di comunicazione della legge che impone il contrassegno Siae, della legge che prescrive l’uso del contrassegno Siae, questa non può essere fatta valere nei confronti dei privati  (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/5).

Dopo la sentenza  8 novembre 2007 della Corte di Giustizia (procedimento C-20/05), ogni qual volta il contrassegno SIAE sia configurato come elemento negativo della fattispecie penale (ovverosia ogni volta che la mancanza del contrassegno obbligatorio sia prevista fra gli elementi tipici del reato), spetta al pubblico ministero la prova che la previsione del contrassegno sia anteriore alla data del 31 marzo 1983, ovvero che – se posteriore a quella data – essa sia stata regolarmente comunicata alla Commissione Europea  (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/6).

La sentenza  8 novembre 2007 della Corte di Giustizia (procedimento C-20/05) non incide sulla fattispecie penale di cui all’art. 171 ter lett. c) l.a. (nel testo modificato dalla l. 248/00), perché non prevede come elemento essenziale tipico la mancanza del contrassegno SIAE, ma punisce soltanto chiunque detiene a fini commerciali supporti illecitamente duplicati o riprodotti, pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione (in tali casi la mancanza di contrassegno può essere valutata come indizio della illecita duplicazione o riproduzione, senza assurgere al ruolo di elemento costitutivo della condotta) (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/7).

La nozione di banca dati ai sensi dell’art. 1 n. 2 della direttiva 11.3.1996, 9/96/Ce, relativa alla tutela delle banche dati riguarda qualsiasi raccolta che comprende opere, dati o altri elementi, separabili gli uni dagli altri senza che venga per questo intaccato il valore del loro contenuto, e che comporta un metodo o un sistema, di qualunque natura esso sia, che consente di ritrovare ciascuno dei suoi elementi costitutivi (Corte CE, 9 novembre 2004, Aida 2005, 1016/1).

Un calendario di un campionato di calcio costituisce una banca dati ai sensi dell’art. 1 n. 2 della direttiva 11.3.1996, 9/96/Ce (Corte CE, 9 novembre 2004, Aida 2005, 1016/2).

Ai sensi dell’art. 7 n.1 della direttiva 11.3.1996, 9/96/Ce, sulle banche dati la nozione di investimento collegato al conseguimento del contenuto della banca dati indica i mezzi destinati alla ricerca di elementi indipendenti preesistenti ed alla loro riunione nella banca di dati, ad esclusione dei mezzi impiegati per la creazione degli elementi indipendenti ora detti; la nozione di investimento collegato alla verifica del contenuto della banca dati indica i mezzi destinati al controllo dell’esattezza degli elementi ricercati; la nozione di investimento collegato alla presentazione del contenuto della banca dati indica i mezzi destinati alla disposizione sistematica o metodica degli elementi contenuti nella banca dati nonché all’organizzazione della loro accessibilità individuale (Corte CE, 9 novembre 2004, Aida 2005, 1016/3).

Il fatto che la costituzione di una banca dati sia collegata all’esercizio di un’attività principale nell’ambito della quale il costitutore della banca dati è anche colui che crea gli elementi in essa contenuti non esclude di per sé che costui possa rivendicare la tutela della banca dati, a condizione che dimostri di aver effettuato un investimento rilevante autonomo rispetto ai mezzi impiegati per la creazione dei dati contenuti nella banca dati. Ma né il conseguimento né la verifica né la presentazione del contenuto di un calendario di incontri di calcio attestano un investimento rilevante, da parte del soggetto che organizza questo calendario, tale da giustificare il beneficio della tutela conferito dal diritto istituito dall’art. 7 della direttiva 9/96/Ce (Corte CE, 9 novembre 2004, Aida 2005, 1016/4).

Ai sensi dell’art. 7 n.1 della direttiva 11.3.1996, 9/96/Ce, sulle banche dati la nozione di investimento collegato al conseguimento del contenuto della banca dati indica i mezzi destinati alla ricerca di elementi indipendenti preesistenti ed alla loro riunione nella banca di dati, ad esclusione dei mezzi impiegati per la creazione degli elementi indipendenti ora detti; la nozione di investimento collegato alla verifica del contenuto della banca dati indica i mezzi destinati al controllo dell’esattezza degli elementi ricercati; la nozione di investimento collegato alla presentazione del contenuto della banca dati indica i mezzi destinati alla disposizione sistematica o metodica degli elementi contenuti nella banca dati nonché all’organizzazione della loro accessibilità individuale (Corte giustizia CE 9 novembre 2004, in causa C-46/02, Fixtures Marketing Ltd c. Oy Veikkaus Ab., Aida 2005, Repertorio I.17.6).

Il fatto che la costituzione di una banca dati sia collegata all’esercizio di un’attività principale nell’ambito della quale il costitutore della banca dati è anche colui che crea gli elementi in essa contenuti non esclude di per sé che costui possa rivendicare la tutela della banca dati, a condizione che dimostri di aver effettuato un investimento rilevante autonomo rispetto ai mezzi impiegati per la creazione dei dati contenuti nella banca dati. Ma né il conseguimento né la verifica né la presentazione del contenuto di un calendario di incontri di calcio attestano un investimento rilevante, da parte del soggetto che organizza questo calendario, tale da giustificare il beneficio della tutela conferito dal diritto istituito dall’art. 7 della direttiva 9/96/Ce (Corte giustizia CE 9 novembre 2004, in causa C-46/02, Fixtures Marketing Ltd c. Oy Veikkaus Ab., Aida 2005, Repertorio I.17.6).

La nozione di investimento collegato al conseguimento del contenuto di una banca di dati ai sensi dell’art. 7 n. 1 della direttiva deve essere intesa nel senso che indica i mezzi destinati alla ricerca di elementi esistenti e alla loro raccolta nella banca dati, mentre non comprende i mezzi impiegati per la creazione degli elementi costitutivi del contenuto di una banca dati (Corte giustizia CE, 9 novembre 2004, causa C-203/02, The British Horseracing Board Ltd e.a. c. William Hill Organization Ltd, Aida 2005, Repertorio I.17.6).

La nozione di investimento collegato al conseguimento del contenuto di una banca dati ai sensi dell’art. 7 n. 1 della direttiva deve essere intesa nel senso che riguarda ai mezzi destinati al fine di assicurare l’affidabilità dell’informazione contenuta nella detta banca dati, al controllo dell’esattezza degli elementi ricercati, all’atto della costituzione di questa banca dati nonché durante il periodo di funzionamento della stessa, mentre i mezzi destinati ad operazioni di verifica nel corso della fase di creazione di elementi successivamente raccolti in una banca dati non rientrano in questa nozione (Corte giustizia CE, 9 novembre 2004, causa C-203/02, The British Horseracing Board Ltd e.a. c. William Hill Organization Ltd, Aida 2005, Repertorio I.17.6).

Le nozioni di estrazione e reimpiego ai sensi dell’art. 7 della direttiva banche dati devono essere interpretate nel senso che si riferiscono a qualsiasi operazione non autorizzata di appropriazione e diffusione di tutto il contenuto di una banca dati o di una parte di essa, e si estendono alle operazioni compiute da un terzo che abbia avuto accesso non alla banca dati originaria, ma ad una sua copia legittimamente diffusa fra il pubblico; sono invece lecite le operazioni di mera consultazione delle banche dati rese lecitamente accessibili al pubblico (Corte giustizia CE, 9 novembre 2004, causa C-203/02, The British Horseracing Board Ltd e.a. c. William Hill Organization Ltd, Aida 2005, Repertorio I.17.6).

Il fatto che il contenuto della banca dati sia stato reso accessibile al pubblico dal costitutore o con il suo consenso non pregiudica il diritto di quest’ultimo di vietare le operazioni di estrazione e reimpiego relative alla totalità o ad una parte sostanziale del contenuto di una banca dati (Corte giustizia CE, 9 novembre 2004, causa C-203/02, The British Horseracing Board Ltd e.a. c. William Hill Organization Ltd, Aida 2005, Repertorio I.17.6).

Al fine di valutare se gli elementi di una banca dati ne rappresentino una parte sostanziale, occorre esaminare se gli sforzi umani, tecnici e finanziari consentiti dal costitutore della banca dati per il conseguimento, la verifica e la presentazione di questi dati rappresentino un investimento rilevante; questo esame non deve prendere in considerazione i mezzi destinati alla creazione degli elementi che figurano in una banca dati, e così non deve considerare le operazioni di modifica apportate dall’autore dell’operazione di estrazione e reimpiego alla disposizione o alle condizioni di accessibilità dei dati (Corte giustizia CE, 9 novembre 2004, causa C-203/02, The British Horseracing Board Ltd e.a. c. William Hill Organization Ltd, Aida 2005, Repertorio I.17.6).

L’art. 7 n. 5 della direttiva banche dati vieta operazioni non autorizzate di estrazione o reimpiego che, per il loro carattere ripetuto e sistematico, e per il loro effetto cumulativo, mirano a ricostituire o a mettere a disposizione del pubblico la totalità o una parte sostanziale del contenuto della banca dati, e che pregiudicano pertanto gravemente l’investimento del costitutore (Corte giustizia CE, 9 novembre 2004, causa C-203/02, The British Horseracing Board Ltd e.a. c. William Hill Organization Ltd, Aida 2005, Repertorio I.17.6).

La nozione di investimento collegato alla verifica del contenuto di una banca dati deve essere intesa nel senso che riguarda i mezzi destinati (al fine di assicurare l’affidabilità dell’informazione contenuta nella banca dati) al controllo dell’esattezza degli elementi ricercati, all’atto della costituzione di questa banca di dati così come durante il periodo di funzionamento della stessa; la nozione di investimento collegato alla presentazione del contenuto della banca dati riguarda invece i mezzi intesi a conferire alla banca dati la sua funzione di gestione dell’informazione, ossia quelli destinati alla disposizione sistematica o metodica degli elementi contenuti in questa banca dati, nonché all’organizzazione della loro accessibilità individuale (Corte Giustizia CE 9 novembre 2004, causa C-338/02, Fixtures Marketing Ltd c. Svenska Spel AB, Aida 2005, Repertorio I.17.6).

L’investimento collegato alla costituzione della banca dati può consistere nell’impiego di risorse o di mezzi umani, finanziari o tecnici, ma deve essere rilevante sotto il profilo quantitativo o qualitativo; la valutazione quantitativa fa riferimento a mezzi quantificabili numericamente e la valutazione qualitativa a sforzi non quantificabili, quali uno sforzo intellettuale o un dispendio di energie (Corte Giustizia CE 9 novembre 2004, causa C-338/02, Fixtures Marketing Ltd c. Svenska Spel AB, Aida 2005, Repertorio I.17.6).

Il fatto che la costituzione di una banca dati sia collegata all’esercizio di un’attività principale nell’ambito della quale il costitutore è anche colui che ha creato gli elementi contenuti nella banca dati non esclude che costui possa rivendicare il beneficio della tutela sui generis, a condizione che dimostri che il conseguimento dei detti elementi, la loro verifica o la loro presentazione, abbiano dato luogo ad un investimento rilevante sotto il profilo qualitativo o quantitativo, autonomo rispetto ai mezzi impiegati per la creazione dei singoli elementi (Corte Giustizia CE 9 novembre 2004, causa C-338/02, Fixtures Marketing Ltd c. Svenska Spel AB, Aida 2005, Repertorio I.17.6).

L’investimento relativo alla determinazione di date e orari degli incontri di un campionato di calcio è connesso alla creazione dei dati contenuti nella banca dati, ossia quelli relativi a ciascun incontro dei vari campionati, e non può quindi essere preso in considerazione nell’ambito dell’art. 7.1 della direttiva banche dati (Corte Giustizia CE 9 novembre 2004, causa C-338/02, Fixtures Marketing Ltd c. Svenska Spel AB, Aida 2005, Repertorio I.17.6).

Gli stati membri hanno l’obbligo di prevedere disposizioni nazionali che attuino la disciplina del prestito di opere protette da parte di istituzioni pubbliche prevista dalla dir. CE 100/1992 (Corte CE 16 ottobre 2003, in causa C-433/02, Aida 2004, I.1 951/1).

La prescrizione di adesione alla convenzione di unione di Berna imposta alle parti contraenti dall’art. 5 del protocollo 28 dell’accordo See è contenuta in un accordo misto concluso dalla Comunità e dai suoi stati membri e che riguarda una materia ampiamente disciplinata dal Trattato: e perciò si inserisce nel contesto comunitario, e la Commissione è competente a valutarne il rispetto sotto il controllo della Corte ex artt. 226 del Trattato Ce (Corte CE 19 marzo 2002, in causa C-13/00, Aida 2003, 876/1)

Sulla scorta dell’art. 199bis della legge d’autore l’art. 64bis si applica anche al caso dei programmi per elaboratore creati e posti per la prima volta in commercio prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 518/1992 (Trib. Milano, 3 giugno 2002, Aida 2002, 872/2).

La cessione di un esemplare di un software a tempo indeterminato e senza un compenso unitario (e non di un canone periodico) non corrisponde ai requisiti della locazione del software previsti dal considerando 15 della direttiva 250/91/Cee, e deve essere invece qualificata come una vendita che comporta l’esaurimento comunitario ex art. 64bis lettera c) l.a., in forza dell’art. 64bis lett. c) l.a. la facoltà esclusiva del titolare dei diritti di sfruttamento economico del software di trarre profitto dall’opera dell’ingegno risulta circoscritta alla prima vendita degli esemplari della medesima, cosicché chi ne abbia acquistato un esemplare può disporne, anche cedendolo a terzi (Trib. Milano, 3 giugno 2002, Aida 2002, 872/1).

Il divieto di discriminazione sancito dall’art. 12.1 (ex 6) CE è applicabile anche alla protezione dei diritti d’autore nel caso in cui l’autore fosse deceduto al momento dell’entrata in vigore del trattato Ce nello stato membro di cui era cittadino. Esso osta a che il periodo di protezione riconosciuto dall’ordinamento di uno stato membro alle opere di un autore cittadino di un altro stato membro sia inferiore rispetto a quello riconosciuto alle opere dei propri cittadini (Corte di Giustizia CE, 6 giugno 2002, in causa C 360/00, Aida 2002, 813/1).

La questione se la ricezione, da parte di un’azienda alberghiera, di segnali televisivi via satellite o via etere terrestre e la loro distribuzione via cavo nelle varie camere dell’albergo costituisca un “atto di comunicazione al pubblico” o di “ricezione da parte del pubblico” non è disciplinata dalla direttiva 93/83/Cee e deve quindi essere valutata in base al diritto nazionale (Corte di giustizia CE 3 febbraio 2000, in causa C-293/98, Aida 2000, 650/2).

La direttiva 93/83/Cee non impone agli stati membri di istituire un diritto specifico di ritrasmissione via cavo né definisce la portata di tale diritto (Corte di giustizia CE 3 febbraio 2000, in causa C-293/98, Aida 2000, 650/1).

Non avendo emanato entro il termine prescritto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio 12 novembre 1992, 92/100/Cee, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale, l’Irlanda è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi della direttiva ora detta. (Corte Giustizia Ce, 12 ottobre 1999, in causa C-213/98, Commissione delle Comunità europee c. Irlanda, Aida 2000, Repertorio I.17.6).

Il compenso per copia privata ex art. 3 della legge 92/1993 non viola il divieto dei tributi interni discriminatori stabilito dall’art. 95 Ce (App. Milano, 29 dicembre 1998, Aida 1999, 630/7).

Il controllo della compatibilità di una norma interna (nella specie l’art. 3 della legge 92/1993) con quelle comunitarie precede quello di costituzionalità (App. Milano, 29 dicembre 1998, Aida 1999, 630/5).

Se è vero che il principio del rispetto del legittimo affidamento è uno dei principi fondamentali della comunità, secondo la costante giurisprudenza esso non può essere esteso fino ad impedire, in generale, che una nuova disciplina si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte sotto l’impero della disciplina anteriore. Correlativamente può essere considerato ragionevole e sufficiente alla tutela del legittimo affidamento dei terzi il termine di tre mesi previsto dalla legge 52/96 della Repubblica italiana per la distribuzione dei supporti di suono dopo la reviviscenza dei relativi diritti di produttore fonografico: tanto più che il termine effettivo è stato in realtà pressoché di un anno dalla data della sua attuazione (Corte di giustizia CE, 29 giugno 1999, in causa C-60/98, Aida 1999, 579/2).

Le leggi modificative di un’altra legge si applicano, salvo deroga, agli effetti futuri delle situazioni nate sotto l’impero della vecchia legge. Dal momento che la reviviscenza dei diritti d’autore e dei diritti connessi prevista dalla direttiva 98/93/Cee non ha incidenza sugli atti di utilizzazione definitivamente compiuti da un terzo prima della data alla quale è intervenuta, essa non può essere considerata avere effetti retroattivi. La sua applicazione agli effetti futuri di situazioni non del tutto esaurite significa, per contro, che essa incide sui diritti di un terzo a continuare nello sfruttamento di un supporto sonoro i cui esemplari già fabbricati non sono stati ancora commercializzati e smerciati entro la detta data (Corte di giustizia CE, 29 giugno 1999, in causa C-60/98, Aida 1999, 579/1).

E’ ammissibile una questione di interpretazione dell’art. 10 co. 3 della direttiva 98/93/Cee ex art. 177 del trattato Cee finalizzata a controllare se l’art. 17 co. 4 della legge 6 febbraio 1996 n. 52, così come successivamente modificata dalla legge 23 dicembre 1996 n. 650, abbia dato attuazione corretta all’art. 10 co. 3 della direttiva (Trib. Milano, ordinanza 18 febbraio 1998, Aida 1998, 558/2).

L’art. 10 co. 2 della direttiva 29 ottobre 1993 98/93/Cee consente agli stati membri di ripristinare la tutela, tramite diritti esclusivi, di opere dell’ingegno già cadute in pubblico dominio (Trib. Milano, ordinanza 18 febbraio 1998, Aida 1998, 558/1).

L’elenco degli abbonati al telefono non rientra tra le opere tutelate dalla direttiva 9/96/Cee: e precisamente non è tutelata né dal diritto d’autore (per difetto del requisito della creazione intellettuale) né dal diritto sui generis (per carenza del necessario investimento rilevante) (Trib. Torino, ordinanza 16 dicembre 1997, Aida 1998, 550/1).

La base di dati della Telecom, di cui gli elenchi abbonati rappresentano l’espressione cartacea, costituisce una banca dati ai sensi della direttiva 9/96 e dell’art. 1 co. 2 lett. a) della legge 675/1996, pur non essendo configurabile come opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore: e correlativamente può trovare una tutela quale bene autonomo rispetto al complesso indistinto ed amorfo dei singoli dati in sé considerati, indipendentemente dalla direttiva 9/96, pur rilevante in sede interpretativa (Trib. Pavia, ordinanza 21 aprile 1997, Aida 1998, 530/2).

Gli elenchi cartacei riportanti in ordine alfabetico tutti gli utenti italiani della Telecom non possono costituire una banca dati oggetto di diritto d’autore o di diritto sui generis ai sensi della direttiva 9/96/Cee, e nemmeno una banca dati tutelabile attualmente nell’ambito della disciplina interna in materia di diritto d’autore (Trib. Pavia, ordinanza 22 marzo 1997, Aida 1998, 526/3).

Prima dell’attuazione della direttiva 9/96/Cee la legge italiana non comprende ancora espressamente le banche dati fra gli oggetti tutelabili dalla legge sul diritto d’autore (Trib. Aosta, 3 marzo 1997, Aida 1998, 522/3).

La merce oggetto del sequestro cautelare penale per violazione degli artt. 171ter.La) e171quater.b) l.a, deve ritenersi usurpativa ai sensi e per gli effetti dell’art. 1.2.b) del regolamento 3295/94/Cee (Cass. 7 febbraio 1997 Cellarossi, Aida 1997, Repertorio I.17.6).

Il principio di non discriminazione ex art. 7 trattato CE può essere direttamente invocato avanti al giudice nazionale da un autore o da un artista di altro stato membro, o dai loro aventi causa, per chiedere la protezione riservata agli autori ed agli artisti di questo stato (Corte CE 20 ottobre 1993, Aida 1994, 203/3).

L’art. 7 trattato CE esige una perfetta uguaglianza di trattamento tra le persone che si trovano in una situazione regolata dal diritto comunitario ed i ressortissants dello stato membro, e si oppone dunque, nella misura in cui si applica, a che uno stato membro conceda un diritto esclusivo ai soli ressortissants nazionali (Corte CE 20 ottobre 1993, Aida 1994, 203/2).

Il diritto d’autore ed i diritti connessi, che rientrano nel campo di applicazione del trattato specialmente a motivo dei loro effetti sugli scambi intracomunitari di beni e di servizi, sono necessariamente sottoposti al principio generale di non discriminazione ex art. 7 del trattato senza che a questo fine sia necessario ricollegarli agli artt. 30, 36, 59 e 66 del trattato CE (Corte CE 20 ottobre 1993, Aida 1994, 203/1).

 

17.6.1 della libera circolazione di merci e servizi

Una disciplina nazionale, che vieta agli importatori di libri in lingua tedesca di fissare un prezzo inferiore a quello di vendita al pubblico fissato o consigliato dall’editore nello stato di pubblicazione, costituisce una “misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa alle importazioni” ai sensi dell’art. 28 TCE (ora 41 TFUE) e non può essere giustificata né in forza degli artt. 30 TCE (ora 87 e 88 TFUE) e 151 TCE (ora 167 TFUE) né da esigenze imperative di interesse generale (Corte Giustizia CE 30 aprile 2009, in causa C-531/07, Fachverband der Buch- und Medienwirtschaft c. Libro Handelsgesellschaft m.b.H, Aida 2010, Repertorio I.17.6.1).

Le previsioni in materia di bollino SIAE contenute nel dpcm 23 febbraio 2009 n. 31 costituiscono «regole tecniche» ai sensi della dir. 83/189 CEE (TAR LAZIO, 24 novembre 2009, Aida 2010, 1372/1).

Il dpcm 23 febbraio 2009 n. 31 è stato adottato seguendo procedure, relative anche all’obbligo di notifica alla Commissione UE, conformi a quelle previste dalla dir. 83/189 CEE (TAR LAZIO, 24 novembre 2009, Aida 2010, 1372/2).

Le previsioni in materia di bollino SIAE contenute nel dpcm 23 febbraio 2009 n. 31 non contrastano con l’art. 28 TUE (ora art. 34 TFUE), poiché non impongono restrizioni quantitative all’importazione tra stati membri né misure di effetto equivalente e quand’anche le imponessero sarebbero comunque giustificate ex art. 30 TUE (ora art. 36 TFUE) (TAR LAZIO, 24 novembre 2009, Aida 2010, 1372/3).

L’esercizio dei diritti patrimoniali d’autore per vietare l’importazione di copie di software da un territorio non comunitario verso uno stato membro della comunità (nella specie: dal Quebec alla Francia) non costituisce di per sé una violazione dell’art. 86 Ce, ma da tale esercizio può derivare in taluni casi eccezionali un comportamento abusivo (Tribunale CE  16 dicembre 1999, in causa T-198/98, Aida 2000, 652/1).

Il compenso per copia privata ex art. 3 della legge 92/1993 non costituisce né una tassa né una misura di effetto equivalente ex artt. 28ss. Ce (ex artt. 30ss. Ce), e comunque è consentito dalla regola dell’art. 30 (ex 36) Ce relativa alla protezione della proprietà industriale; non costituisce un mezzo di discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata del commercio degli stati aderenti ex art. 30 (ex 36) Ce; e comunque non viola il principio comunitario di proporzionalità della restrizione all’obiettivo legittimo che esso persegua (App. Milano, 29 dicembre 1998, Aida 1999, 630/6).

Sia dall’interpretazione degli artt. 30 e 36 del Trattato UE sia da quella della direttiva 100/92/Cee relativa al diritto di noleggio discende che il diritto esclusivo di autorizzare o vietare il noleggio di un film non si esaurisce in seguito al suo primo atto di esercizio in uno degli stati membri della Comunità: e reciprocamente le regole ora dette non ostano a che il titolare di un diritto esclusivo di noleggio vieti, in uno stato membro, il noleggio di copie di un’opera cinematografica anche qualora sia stato autorizzato il noleggio delle dette copie nel territorio di un altro stato membro (Corte di giustizia CE 22 settembre 1998, in causa C 61/97, Aida 1999, 577/1).

La tutela conferita dal diritto d’autore (nella specie: su un marchio grafico e sulla forma dei prodotti marcati) per quanto riguarda la riproduzione delle opere tutelate nel materìale pubblicitario di un rivenditore non può essere più ampia di quella conferita nelle medesime circostanze al titolare del marchio (Corte di giustizia CE 4 novembre 1997, in causa C‑337/95, Aida 1998, 504/5).

La nozione di tutela della proprietà industriale e commerciale ai sensi dell’art. 36 del Trattato Ce comprende anche la tutela fornita attraverso il diritto d’autore (Corte di giustizia CE 4 novembre 1997, in causa C‑337/95, Aida 1998, 504/4).

Il diritto del titolare di un marchio e di un diritto d’autore (nella specie: relativo ad un marchio grafico ed alla forma dei prodotti marcati) di utilizzare i relativí diritti esclusivi per inibire ad un rivenditore la pubblicità dei relativi prodotti di marca connessa all’ulteriore commerci alizzazione di detti prodotti può costituíre una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa ex art. 30 del Trattato Cee (Corte di giustizia CE 4 novembre 1997, in causa C-337/95, 5 Aida 1998, 504/3).

L’obbligo del produttore e dell’importatore di apparecchi di registrazione di fornire alla Siae il rendiconto delle proprie vendite degli apparecchi ora detti discende direttamente dall’art. 1175 c.c., senza che per fondarlo sia necessaria una previsione legislativa specifica (Trib. Vicenza, 30 settembre 1997, Aida 1999, 597/6).

La protezione accordata a diritti di rilievo costituzionale come il diritto d’autore è sicuramente destinata a prevalere sui meccanismi della circolazione delle merci in ambito comunitario che trovano comunque il loro limite nel conflitto con la tutela della proprietà industriale e commerciale: specie quando la normativa nazionale in questione (nella specie quella della legge 93/1992) non crea alcuna discriminazione tra prodotti nazionali e merci provenienti da altri stati della Comunità (Trib. Vicenza, 30 settembre 1997, Aida 1999, 597/5).

Anche ad ipotizzare (ciò che è fortemente dubbio) la natura self executing delle non‑ne della direttiva 9/96/Cee relative al diritto sui generis sulle banche dati, occorre attendere l’1 gennaio 1998 per discutere dell’applicabilità di queste norme ad un mero elenco alfabetico di abbonati alla rete telefonica, per la cui formazíone non occorrono speciali investimenti, al di là dell’accumulo materiale, semplice, automatico, progressivo e peraltro doveroso degli estremi essenziali dei singoli contratti stipulati con gli utenti (Trib. Torino, ordinanza 17 luglio 1997, Aida 1998, 533/3).

17.7 esaurimento internazionale