16. Azioni e sanzioni amministrative e penali

Sussiste il reato di riproduzione abusiva di opere letterarie, previsto dall’art. 171ter co. 2 lett. b) l.a., quando la condotta non sia occasionale e vi sia destinazione all’utilizzo da parte di terzi (Cass. Sez. III penale 29 ottobre 2014 n. 44919, Aida 2015, II.5/1).

Ai fini della condanna per il reato di detenzione per la vendita di supporti abusivamente duplicati di cui all’art. 171– ter lett. c) l.a. occorre la prova dell’arbitraria riproduzione, che non richiede necessariamente un accertamento tecnico e può essere data evidenziando gli indizi che, unitamente alla mancanza del bollino SIAE, la rivelino (Cass. Sez. III penale 17 dicembre 2014 n. 52301, Aida 2015, II.6/1).

Sussiste continuità normativa fra il reato di cui all’art. 88 l.i., quello di cui all’art. 127 cpi ed il reato oggi previsto dall’art. 517– ter c.p. (Cass. Sez. II penale 19 dicembre 2014 n. 52691, Aida 2015, II.7/1).

Il delitto di ricettazione è configurabile anche quando il reato presupposto (nella specie: il delitto previsto dall’art. 127 cpi, ora abrogato e sostituito dall’art. 517– ter c.p.) è punibile a querela e questa non è stata presentata (Cass. Sez. II penale 19 dicembre 2014 n. 52691, Aida 2015, II.7/2).

Sussiste il fine di lucro necessario a integrare il reato previsto dall’art. 171ter l.a. quando il gestore di un bar utilizzi la propria smart card domestica per consentire la visione di eventi sportivi nel proprio locale, dal momento che tale utilizzazione è idonea a provocare un aumento degli incassi del gestore, a prescindere dalla concreta realizzazione degli stessi (Cass. Sez. III penale 16 gennaio 2015 n. 1991, Pres. Fiale, Est. Graziosi, P.M. Romano, Imp. Greco, Aida 2015, II.8/1).

Viola l’art. 517 c.p. chi mette in circolazione prodotti con nomi, marchi o segni distintivi genuini, cioè non contraffatti, ma illegittimi (fattispecie in cui i prodotti recavano i marchi registrati Tobbia e Cicinha relativamente a personaggi di fantasia fortemente simili a Peppa Pig e i Puffi) (Cass. sez. II Penale 19 maggio 2015 n. 20600, Aida 2015, II.10/ 1).

La sentenza Schwibbert della Corte di giustizia trova applicazione quando la violazione è costituita dalla mancanza del contrassegno SIAE e non dall’abusiva duplicazione o riproduzione di opere tutelate dal diritto d’autore (Cass. Sez. II penale 18 giugno 2015 n. 28801, Aida 2015, II.14/1).

La prova dell’abusiva duplicazione e riproduzione non può essere desunta esclusivamente dalla mancanza del contrassegno SIAE (Cass. Sez. II penale 18 giugno 2015 n. 28801, Aida 2015, II.14/2).

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 171ter co. 2 l.a. occorre che gli esemplari superino i 50 e vi sia stata effettiva vendita o cessione dei medesimi, essendo esclusa l’equiparabilità’ alla vendita e/o cessione della mera detenzione (anche ai fini di vendita) (Cass. Sez. III penale 24 giugno 2015 n. 34931, Aida 2015, II.15/1).

Alle condotte antecedenti al 21.04.2009 non si applica l’art. 171ter co. 1 lett. d) l.a., in applicazione della sentenza Schwibbert della Corte di giustizia CE (Cass. Sez. III penale 24 giugno 2015 n. 34931, Aida 2015, II.15/2).

E’ irrilevante ai fini della configurabilità del reato che ricorre nel caso di specie la sentenza della Corte di giustizia CE 8 novembre 2007, Schwibbert, atteso che, come chiarito da Cass. Pen., sez. IIIA, 28 ottobre 2010, n. 42429, con riferimento alla condotta consistente “nell’abusiva duplicazione di programmi per elaboratore al fine di trarne profitto, il contrassegno Siae non è elemento costitutivo del reato, sicché la pronuncia della Corte di giustizia non esplica alcun effetto sulla configurabilità di tale fattispecie” (Trib. Catania, Sezione specializzata in materia di impresa, 19 giugno 2013, Aida 2015, II.37/4).

Rientra nel divieto dell’art. 171 ter co. 1 lett. b) e c) l.a. la condotta di chi duplichi abusivamente opere dell’ingegno protette dal diritto d’autore, senza che abbia alcuna rilevanza la circostanza che la duplicazione avvenga con mezzi magnetici o informatici (App. Lecce Sez. distaccata Taranto, 9 gennaio 2014, Aida 2015, II.42/1).

L’ art. 171 ter co. 1 lett. d) l.a. punisce chi detiene per la vendita supporti di qualsiasi genere contenenti fonogrammi di opere musicali e opere cinematografiche tutelate dal diritto d’autore privi del contrassegno della Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.) (Trib. Avellino, 23 gennaio 2014, Aida 2015, II.44//1).

Concorre con il reato ex art. 171 ter co. 1 lett. d) anche quello di ricettazione quando l’imputato abbia acquistato o comunque ricevuto supporti audiovisivi fonografici o multimediali frutto di illecita duplicazione, cui si deve applicare l’attenuante di cui all’art. 648 co. 2 c.p. avuto riguardo al modico valore delle cose di provenienza criminosa rinvenute nella disponibilità dell’imputato (Trib. Avellino, 23 gennaio 2014, Aida 2015, II.44//2).

Deve essere pronunciata assoluzione con formula dubitativa in ordine al delitto previsto dall’art. 171ter co. 1 lett. d) l.a., quando si possa ritenere che l’imputato fosse inconsapevole della mancanza dei contrassegni SIAE sui supporti detenuti per il noleggio, per avere l’imputato acquistato regolarmente i supporti come materiale usato, e per essere la maggior parte dei supporti stessi di tipo obsoleto (VHS) e quindi destinati al macero (Trib. Ivrea, 24 gennaio 2014, Aida 2015, II.45/1).

Sussiste invece la contravvenzione prevista e punita dall’art. 171 quater lett a) l.a. quando il soggetto agente detenga per la concessione in noleggio supporti contenenti opere dell’ingegno privi di contrassegno SIAE, poiché trattandosi di fattispecie contravvenzionale la punibilità sussiste, indifferentemente, a titolo di dolo o di colpa (Trib. Ivrea, 24 gennaio 2014, Aida 2015, II.45/2).

Non si può ritenere integrata la responsabilità penale prevista dall’art. 171bis l.a o dall’art. 171ter l.a., quando si tratti di riproduzione online di fotografia e non si possa escludere che quest’ultima sia stata rinvenuta sul web senza data ed indicazione dell’autore (Trib. Genova, 7 febbraio 2014, Aida 2015, II.46/1).

L’autore di fotografie ex art. 87 l.a. è titolare di diritti che possono essere azionati in sede civile, ma non sono assistiti da tutela penale (Trib. Genova, 7 febbraio 2014, Aida 2015, II.46/2).

Qualora la fotografia venga in considerazione in quanto inserita in una banca di dati, non si ha violazione dell’art. 171bis l.a., ne’ dell’art. 171ter l.a., in quanto la riproduzione di una sola fotografia non costituisce estrazione o reimpiego di una parte sostanziale del contenuto della banca di dati, ne’ può rappresentare ripresa dell’originale elaborazione del creatore della banca di dati, in termini di scelta, disposizione e presentazione del materiale raccolto (Trib. Genova, 7 febbraio 2014, II.46/3)

Un sito web, ottenuto mediante lo sviluppo di un programma informatico da parte di un grafico, e costituito da una sequenza di immagini, anche in movimento, può costituire opera dell’ingegno tutelata ex art. 171 ter lett.a) (Trib. Firenze, 14 febbraio 2014, Aida 2015, II.47/1).

Costituisce violazione dell’art. 171 ter l.a. la condotta di chi replichi i codici sorgente di un sito web protetto, ancorché con alcune differenziazioni, peraltro secondarie, ed anche nel caso in cui la duplicazione sia grossolana, poiché la norma non ha per scopo la tutela della veridicità e della autenticità della cosa, ma la protezione degli interessi morali e materiali della proprietà e dell’esclusiva che sono collegati allo sfruttamento del diritto d’autore (Trib. Firenze, 14 febbraio 2014, Aida 2015, II.47/2).

Sussiste il fine di lucro del soggetto che agisca non solo per realizzare un risparmio di spesa, derivante dal mancato acquisto di un sito originale in luogo di quello duplicato, ma utilizzi anche il sito così realizzato allo scopo di pubblicizzare i propri prodotti e, dunque, di incrementare il proprio giro di affari (Trib. Firenze, 14 febbraio 2014, Aida 2015, II.47/3).

Sussiste ed è concretamente configurabile il reato dell’art. 171ter l.a. a carico di chi detenga CD e DVD abusivamente duplicati, dal momento che la destinazione alla vendita di tale detenzione è resa evidente dalla quantità di detti supporti (incompatibile con l’uso personale), nonché dalle circostanze della detenzione stessa (i supporti erano esposti per terra all’ingresso della portineria di un’azienda, al momento del cambio di turno) (App. Lecce Sezione Distaccata Taranto, 27 febbraio 2014, Aida 2015, II.48/1).

Quando l’illiceità dei supporti sia ancorata alla loro abusiva duplicazione e non alla sola mancanza del contrassegno SIAE, la decisione della Corte di giustizia europea dell’8 novembre 2007 nel procedimento C-20/05 Schwibbert non appare utilmente richiamabile (App. Lecce Sezione Distaccata Taranto, 27 febbraio 2014, Aida 2015, II.48/2).

Il reato di cui all’art. 171ter l.a. concorre con quello di ricettazione quando l’agente, oltre ad acquistare i supporti abusivi, li detenga a fine di commercializzazione, mentre si può configurare l’illecito meramente amministrativo previsto dall’art. 174ter l.a. quando l’acquisto o la ricezione siano destinati a uso esclusivamente personale (App. Lecce Sezione Distaccata Taranto, 27 febbraio 2014, Aida 2015, II.48/3).

La condotta materiale di acquisto o comunque di ricezione dei supporti abusivi, che integra il reato di ricettazione, è implicita nella successiva e accertata condotta di detenzione per la vendita dei medesimi, né d’altra parte sono emersi elementi per ritenere che l’imputato abbia provveduto direttamente alla abusiva riproduzione dei supporti in questione (App. Lecce Sezione Distaccata Taranto, 27 febbraio 2014, Aida 2015, II.48/4).

L’art. 171 ter co. 2 l.a. non costituisce una circostanza aggravante dell’art. 171 ter co. 1 l.a., ma un’ipotesi autonoma di reato (Trib. Cagliari, 20 maggio 2014, Aida 2015, II.58/1).

L’art. 171 ter co. 2 l.a. non contempla fra le condotte punite quella della abusiva detenzione per la vendita di opere tutelate dal diritto d’autore illecitamente riprodotte, condotta che è invece sanzionata dall’art. 171ter co. 1 lett. d) l.a. (Trib. Cagliari, 20 maggio 2014, Aida 2015, II.58/2).

La detenzione per la vendita di opere tutelate dal diritto d’autore illecitamente riprodotte mantiene la propria rilevanza penale anche a seguito della nota pronuncia della Corte di Giustizia CE dell’8 novembre 2007 (Sentenza Schwibbert), stante la ripenalizzazione della fattispecie ad opera del D.P.C.M. 23 febbraio 2009, n. 31 (Trib. Cagliari, 20 maggio 2014, Aida 2015, II.58/3).

Risponde del reato previsto dall’art. 171 c. 1 lett. b) l.a. il legale rappresentante di un’emittente radiofonica privata che diffonda brani musicali protetti dal diritto d’autore e da diritti connessi senza il consenso dei titolari di tali diritti, essendo irrilevante la circostanza che si tratti di un’emittente a carattere comunitario, ai sensi dell’art. 16 co. 5 l. 22371990, e dunque priva di scopo di lucro (Trib. Campobasso, 12 novembre 2014, Aida 2015, II.74/1).

L’art. 171 co. 1 lettera a-bis l.a. sanziona la condotta di chiunque metta a disposizione del pubblico, attraverso un sistema di reti telematiche mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera dell’ingegno protetta o parte di essa (nella specie, il coautore della parte musicale di alcuni brani “postava” gli stessi tramite i suoi profili personali MySpace e Facebook, non facendo menzione dell’autore dei testi  né ottenendone autorizzazione; ed utilizzava inoltre nel proprio profilo personale una fotografia realizzata da fotografa professionista e concessa in uso unicamente per la pubblicazione del disco contenente i brani in questione) (Trib. Genova, 13 luglio 2012, M.I. c. F.S., Aida 2014, Repertorio I.16).

La condotta di immissione sanzionata dall’art. 171 co. 1 lettera a-bis l.a. è sorretta da semplice dolo generico (consapevolezza di immettere in rete senza averne diritto a qualsiasi scopo un’opera dell’ingegno o parte di essa) (Trib. Genova, 13 luglio 2012, M.I. c. F.S., Aida 2014, Repertorio I.16).

La riproduzione di singole opere o brani di opere effettuata mediante fotocopie è consentita solo se limitata al 15% di ogni volume, se sia corrisposto un compenso forfettario a favore degli aventi diritto e se effettuata per uso personale, così che costituisce reato ex art. 171ter co. 1 lett.b) l.a. la riproduzione integrale di alcune opere letterarie da parte di una copisteria in assenza dell’autorizzazione degli aventi diritto (Cass. Sez. III penale 12-19 settembre 2012 n. 35811, Pres. Squassoni, Rel. Amoresano, G.L., S.R. c., Aida 2014, Repertorio I.16). 

L’art. 171ter co. 2 lett. b) l.a., non è – a differenza delle ipotesi di cui alle lett. a) e a-bis dello stesso comma 2 – una fattispecie autonoma di reato, bensì una circostanza aggravante rispetto alla fattispecie criminosa dell’art. 171ter co. 1 l.a. (Cass. Sez. III penale 8 febbraio 2013 n. 6288, Pres. Lombardi, Rel. Graziosi, M.D., MO.LU., Aida 2014, Repertorio I.16).

E’ autonoma la fattispecie criminosa di cui all’art. 171ter comma 2, lett. a) l.a., la quale non esige che sia perfezionato il contratto di vendita, ma rende criminosa già la sua proposta (reato a consumazione anticipata) (Cass. Sez. III penale 8 febbraio 2013 n. 6288, Pres. Lombardi, Rel. Graziosi, M.D., MO.LU., Aida 2014, Repertorio I.16).

La sospensione dell’attività professionale o commerciale prevista dall’art. 172.3 l.a. per il caso di violazione dell’obbligo di versare a SIAE la quota per l’autore del prezzo di vendita dell’originale dell’opera ha natura sanzionatoria; soggiace la regola procedimentale dell’art. 18 legge 689/1981 sulle sanzioni amministrative, secondo cui la sanzione può essere erogata solo dopo le difese dell’interessato; e la sua applicazione è di competenza non del comune ma del prefetto (TAR Napoli, 8 marzo 2013, Pres. Romano, Est. Carpentieri, Aida 2014, 1622/1).

Il reato previsto dall’art. 171ter l.a. è configurabile non soltanto nella flagranza del medesimo, ma anche in presenza di prova indiziaria, desumibile dalla natura della merce esposta e dalle modalità di offerta in commercio (nella specie il reo era stato sorpreso dalla polizia giudiziaria a vendere sulla pubblica via CD e DVD di natura contraffatta, con contrassegno SIAE fotocopiato, così come le copertine contenute nelle bustine dei supporti), né vi è motivo per contestare la valutazione della polizia che anzi, essendo preposta anche a servizi finalizzati alla tutela dei marchi di fabbrica, deve aver espresso un giudizio tecnico attendibile (Trib. Foggia, 15 marzo 2013, Giud. Protano, D.A., Aida 2014, Repertorio I.16).

La riproduzione di brani musicali da parte di un’emittente radiofonica, in assenza di regolamentazione dei rapporti con i soggetti titolari dei diritti connessi, configura attività penalmente rilevante ex art. 171ter lett. a) l.a. (Cass. Sez. III penale 22 marzo 2013 n. 13714, Pres. Teresi, Rel. Mulliri, N.O., Aida 2014, Repertorio I.16).

Sussiste l’elemento del profitto economico anche qualora il soggetto non diffonda le opere musicali a pagamento, ove si considerino gli introiti pubblicitari derivanti dalla diffusione delle stesse opere (Cass. Sez. III penale 22 marzo 2013 n. 13714, Pres. Teresi, Rel. Mulliri, N.O., Aida 2014, Repertorio I.16).

La Corte di Giustizia europea, con sentenza resa ai sensi dell’art. 234 del Trattato CEE, emessa l’8 novembre 2007 nel procedimento C-20/05, Schwibbert, ha statuito che l’obbligo di apporre sui dischi compatti contenenti opere d’arte figurativa il contrassegno Siae in vista della loro commercializzazione nello Stato membro interessato, rientra nel novero delle “regole tecniche”, ai sensi della suddetta normativa, che devono essere notificate dallo Stato alla commissione delle Comunità europea, con la conseguenza che qualora tali regole tecniche non siano state notificate alla Commissione esse non possono essere fatte valere nei confronti dei privati e devono essere disapplicate dal giudice nazionale (Cass. Sez. III penale 27 marzo 2013 n. 14415, Pres. Mannino, Est. Franco, D.B., Aida 2014, Repertorio I.16).

Poiché all’epoca dei fatti l’obbligo di apposizione del contrassegno Siae non poteva essere fatto valere nei confronti dei privati e deve perciò essere disapplicato dal giudice nazionale, deve conseguentemente ritenersi  che la detenzione, commercializzazione, noleggio, ecc. di supporti privi di detto contrassegno non costituisse illecito e non avesse rilevanza penale ai sensi dell’art. 171ter lett. d l.a. (Cass. Sez. III penale 27 marzo 2013 n. 14415, Pres. Mannino, Est. Franco, D.B., Aida 2014, Repertorio I.16).

La mancanza di contrassegno Siae non può essere valutata dal giudice come indizio della abusiva  duplicazione o riproduzione dei supporti, giacché altrimenti si continuerebbe a dare al contrassegno quel suo valore essenziale di garanzia della originalità e autenticità dell’opera, che invece non ha acquisito nei confronti dei soggetti privati per effetto della mancata comunicazione alla Commissione europea (Cass. Sez. III penale 27 marzo 2013 n. 14415, Pres. Mannino, Est. Franco, D.B., Aida 2014, Repertorio I.16).

Poiché oggi l’illecita riproduzione di supporti audiovisivi, anche in non piccole quantità, è alla portata di chiunque, al fine di dimostrare l’integrazione del reato di ricettazione occorrerebbe motivare la ragione per la quale si presume che il soggetto non abbia concorso nella abusiva duplicazione; in tale ultimo caso non sarebbe configurabile il reato di cui all’art. 648 c.p., ma quello di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. a) (Cass. Sez. III penale 27 marzo 2013 n. 14415, Pres. Mannino, Est. Franco, D.B., Aida 2014, Repertorio I.16).

Stante la contrapposizione tra l’attività imprenditoriale e quella libero professionale, non si configura nei confronti dell’imputato libero professionista il reato previsto dall’art. 171bis l.a., relativamente alla condotta di detenzione ed utilizzazione di software nell’ambito dell’attività professionale dello stesso (Trib. Firenze, 9 aprile 2013, Giud. Giordano Claudia, B.T., B.G., Aida 2014, Repertorio I.16).

La decisione della Corte di giustizia Ue 8 novembre 2007, C-20/95, Schwibbert, riguarda solo l’ipotesi in cui la contestazione del reato concerne la mera assenza del contrassegno SIAE, ma non l’ipotesi in cui si contesti invece l’abusiva duplicazione di opere dell’ingegno (nella specie DVD contenenti opere cinematografiche) (App. Lecce sezione distaccata Taranto, 18 aprile 2013, Pres. Tronci, Est. Grippo, M.A., Aida 2014, Repertorio I.16).

Con il reato ex art. 171ter l.a. concorre quello di ricettazione, non esistendo fra le due figure criminose un rapporto di specialità (diversi essendo i beni giuridici tutelati, da una parte le procedure di riproduzione delle opere dell’ingegno a tutela del diritto d’autore, dall’altra parte il patrimonio) (App. Lecce sezione distaccata Taranto, 18 aprile 2013, Pres. Tronci, Est. Grippo, M.A., Aida 2014, Repertorio I.16).

Non è censurabile, in quanto rispondente a logica, la motivazione del tribunale che ha ritenuto integrato il reato di cui all’art. 171 ter co. 1 lett. b) l.a., quando dalla complessiva situazione di fatto sia ricavabile il convincimento che la raccolta di un numero molto elevato di testi universitari e il collegamento tra la memoria del computer e la stampante siano indicatori della destinazione ad un uso commerciale dei materiali mediante la duplicazione illecita dei testi medesimi, conclusione che trova conferma, ai fini della valutazione sulla sussistenza del “fumus” di reato, nella presenza di oltre 60 pagine già stampate e comportanti il superamento del tetto del 15% tollerato dalla legge con riferimento alla singola opera protetta da diritto d’autore (Cass. Sez. III penale 3 maggio 2013 n. 19075, Pres. Teresi, Rel. Marini, P.G., Aida 2014, Repertorio I.16).

Si può considerare provato il reato di cui all’art. 171ter l.a. che punisce chi pone in commercio supporti illecitamente duplicati, anche in assenza di esame del contenuto dei supporti stessi, dal momento che l’abusività della duplicazione si può evincere dalle caratteristiche esteriori dei supporti (CD e DVD), che si presentavano confezionati con locandine fotocopiate a olori e prive del contrassegno SIAE (App. Lecce sezione distaccata Taranto, 13 maggio 2013, Pres.Est. Tronci, S.M., Aida 2014, Repertorio I.16).

Con il reato di cui all’art. 171ter l.a. concorre quello di ricettazione in quanto tra le due figure criminose non sussiste un rapporto di specialità (App. Lecce sezione distaccata Taranto, 13 maggio 2013, Pres.Est. Tronci, S.M., Aida 2014, Repertorio I.16).

L’illecito amministrativo previsto dall’art. 1 del d.l. 35/2005, convertito nella l. 80/2005, e successivamente modificato dalla l. 99/2009, che punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 20.000 euro a un massimo di un milione di euro l’acquisto effettuato da un operatore commerciale, un importatore, o un qualunque altro soggetto diverso dall’acquirente finale (salvo che il fatto costituisca reato), si ravvisa solo allorquando l’acquisto riguardi cose di provenienza “altrimenti illecita”, ovvero non provenienti da reato, mentre, nel caso di cose provenienti da reato, troveranno applicazione le norme dell’incauto acquisto e della ricettazione, che sono espressamente fatte salve dalla disposizione in oggetto (Trib. Foggia, 16 maggio 2013, Giud. Protano, F.M., Aida 2014, Repertorio I.16).

Benché il reato di ricettazione sia punibile anche a titolo di dolo eventuale, si richiede per la sua configurabilità più di un semplice motivo di sospetto, ovvero un semplice dubbio, che la cosa possa provenire da un delitto, essendo invece necessaria una situazione fattuale di significato inequivoco, che imponga all’agente una scelta consapevole tra l’agire, accettando l’eventualità di commettere il reato, e il non agire (Trib. Foggia, 16 maggio 2013, Giud. Protano, F.M., Aida 2014, Repertorio I.16).

Con la contraffazione di incauto acquisto si punisce l’acquisto o la ricezione di cose rispetto alle quali si doveva avere il sospetto di tale provenienza, senza aver prima compiuto gli opportuni accertamenti (Trib. Foggia, 16 maggio 2013, Giud. Protano, F.M., Aida 2014, Repertorio I.16).

Il reato previsto dall’art. 171ter l.a. è configurabile non soltanto nella flagranza del medesimo, ma anche in presenza di prova indiziaria, desumibile dalle modalità di rinvenimento e dal luogo di detenzione (nella specie il reo era stato sorpreso dalla polizia giudiziaria mentre esponeva ai passanti la merce contraffatta); né elide la sussistenza del reato l’eventuale evidenza del falso grossolano dell’abusiva duplicazione, perché la norma incriminatrice tutela gli interessi morali e materiali connessi allo sfruttamento commerciale della proprietà intellettuale dell’opera e non anche la fede pubblica o l’autenticità delle merci (Trib. Foggia, 16 maggio 2013, Giud. Protano, F.M., Aida 2014, Repertorio I.16).

L’art. 171ter co. 2 l.a. richiede che il soggetto agente sia sorpreso nell’atto di vendere concretamente il materiale abusivamente riprodotto o quantomeno di porlo in commercio, sicché se dall’istruttoria dibattimentale emerga unicamente, quale condotta obiettivamente valorizzabile, quella della detenzione per la vendita, risulta applicabile l’art. 171ter co. 1 lett. c) l.a. (App. Lecce, 4 giugno 2013, Pres.Est. Tronci, E.K.Z., Aida 2014, Repertorio I.16).

Il reato di cui all’art. 474 c.p. si configura anche nel caso in cui il marchio sia stato grossolanamente contraffatto e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (Cass. Sez. III penale 20 giugno 2013 n. 26954, Pres. Squassoni, Rel. Lombardi, T.E., Aida 2014, Repertorio I.16).

L’imputato deve essere assolto dall’imputazione di cui all’art. 171ter lett. d) l.a. perché il fatto non sussiste, qualora si tratti di fatti commessi prima della notifica della regola tecnica del contrassegno SIAE alla commissione europea (avvenuta nel 2009) (Cass. Sez. III penale 4 luglio 2013 n. 28756, Pres. Squassoni, Rel. Franco, S.C., Aida 2014, Repertorio I.16).

Stante l’inopponibilità ai privati dell’obbligo di apporre il contrassegno,  alla mancanza del contrassegno stesso non può attribuirsi neppure valore indiziario, giacchè altrimenti si continuerebbe a dare al contrassegno quel suo valore essenziale di garanzia della originalità e autenticità dell’opera, che invece non ha acquisito nei confronti dei soggetti privati per effetto della mancata comunicazione alla Commissione europea (Cass. Sez. III penale 4 luglio 2013 n. 28756, Pres. Squassoni, Rel. Franco, S.C., Aida 2014, Repertorio I.16).

In tema di commercio di prodotti con segni falsi non assume rilievo l’eventuale grossolanità della contraffazione, con conseguente inidoneità della condotta a trarre in inganno i terzi e ledere la fede pubblica, in quanto il reato previsto dall’art. 474 c.p.  tutela in via principale non l’acquirente, bensì la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e nei segni distintivi che individuano i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione (App. dell’Aquila, 18 luglio 2013, Pres. De matteis, Est. De Aloysio, C.Z. c. Dif. Fid., Aida 2014, Repertorio I.16).

Poiché il commercio di prodotti con segni falsi è reato di pericolo, per la configurazione dello stesso non occorre la realizzazione dell’inganno (App. dell’Aquila, 18 luglio 2013, Pres. De matteis, Est. De Aloysio, C.Z. c. Dif. Fid., Aida 2014, Repertorio I.16).

Il delitto di ricettazione e quello di commercio di prodotti con segni falsi possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse, sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità (App. dell’Aquila, 18 luglio 2013, Pres. De matteis, Est. De Aloysio, C.Z. c. Dif. Fid., Aida 2014, Repertorio I.16).

Sussiste l’elemento soggettivo del reato di ricettazione, quando l’imputato non sia in grado di esibire e produrre in giudizio documentazione comprovante il regolare acquisto della merce in questione e, d’altro canto, lo stesso operi da tempo nel settore del commercio e sia quindi in possesso di una specifica competenza, in base alla quale egli non avrebbe potuto non rendersi conto che i capi di abbigliamento posti in vendita avevano segni distintivi contraffatti., anche per l’assenza delle etichette di fabbrica per gran parte di essi (App. dell’Aquila, 18 luglio 2013, Pres. De matteis, Est. De Aloysio, C.Z. c. Dif. Fid., Aida 2014, Repertorio I.16).

Anche dopo la sentenza 8.11.2007 della CGUE (causa C-20/05, Schwibbert) resta penalmente rilevante ai sensi dell’art. 171ter l.a. qualsiasi attività di abusiva diffusione, riproduzione o contraffazione di opere dell’ingegno, con l’ulteriore conseguenza che costituisce condotta penalmente rilevante ex art. 648 c.p. l’acquisto di CD illecitamente duplicati (Cass. Sez. II penale 19 luglio 2013 n. 31003, Pres. Carmenini, Rel. Manna, D.L.S., Aida 2014, Repertorio I.16).

Integra il reato di cui all’art. 171ter l.a. l’illecita riproduzione del supporto contenente le opere dell’ingegno, e ciò anche a seguito della sentenza della Corte di giustizia Schwibber – che ha dichiarato l’inopponibilità al privato dell’obbligo di apporre il contrassegno SIAE sui supporti contenenti opere tutelate dal diritto d’autore, trattandosi di regola non notificata alla commissione – in quanto  l’obbligo per il giudice di disapplicazione della norma italiana si restringe ai casi di accertata mancanza di contrassegno SIAE, e non già a quelli di abusiva duplicazione o riproduzione di supporti (Cass. Sez. III penale 10 settembre 2013 n. 37149, Pres. Gentile, Rel. Sarno, S.B., Aida 2014, Repertorio I.16).

Limitatamente ai fatti ricadenti nella disciplina antecedente alla L. 248/2000, il reato di cui all’art. 171 ter lett. c) l.a. non è integrato dalla detenzione ai fini di vendita di musicassette e prodotti audiovisivi privi del contrassegno SIAE ed abusivamente riprodotti, atteso che la norma in questione puniva esclusivamente la vendita ed il noleggio e non anche la detenzione ai fini di vendita (Cass. Sez. III penale 10 settembre 2013 n. 37149, Pres. Gentile, Rel. Sarno, S.B., Aida 2014, Repertorio I.16).

Relativamente alle condotte successive all’entrata in vigore del D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 68 (che ha abrogato la L. 248 del 2000, art. 16, sostituendolo con il nuovo testo dell’art. 174ter l.a.) è configurabile il concorso tra il reato di ricettazione (art. 648 c.p.) e quello di commercio abusivo di prodotti audiovisivi abusivamente riprodotti (art. 171ter l.a.), quando l’agente, oltre ad acquistare supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali, li detenga a fine di commercializzazione (Cass. Sez. III penale 10 settembre 2013 n. 37149, Pres. Gentile, Rel. Sarno, S.B., Aida 2014, Repertorio I.16).

L’art. 1 co.7, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella L. 14 maggio 2005 n. 80 si applica solo quando neppure la presupposta violazione delle norme in materia di proprietà intellettuale costituisce reato, con la conseguenza che deve ritenersi che l’incauto acquisto di cose provenienti da reato possa integrare gli estremi della contravvenzione prevista dall’art. 712 c.p.; mentre l’incauto acquisto di cose di provenienza altrimenti illecita può integrare gli estremi dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 1 c.7 del D.L. 14.32005 n. 35, convertito nella L. 14 maggio 2005 n. 80 (Cass. Sez. III penale 10 settembre 2013 n. 37149, Pres. Gentile, Rel. Sarno, S.B., Aida 2014, Repertorio I.16).

I “videogiochi” utilizzati sui “personal computer” o sulle “consolles” non costituiscono meri “programmi per elaboratore” (Cass. Sez. III penale 10 settembre 2013 n. 37149, Pres. Gentile, Rel. Sarno, S.B., Aida 2014, Repertorio I.16).

Per quanto concerne le condotte poste in essere successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 68, che ha abrogato la L. n. 248 del 2000, art. 16, sostituendolo con il nuovo testo della L. n. 633 del 1941, art. 174 ter, è configurabile il concorso tra il reato di ricettazione (art. 648 c.p.) e quello di commercio abusivo di prodotti audiovisivi abusivamente riprodotti (L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 171 ter), quando l’agente, oltre ad acquistare supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali, li detenga a fine di commercializzazione (Cass. Sez. III penale 12 settembre 2013 n. 37362, Pres. Squassoni, Rel. Sarno, V.G., P.E., M.G., Aida 2014, Repertorio I.16).

La prova dell’illecito di abusiva duplicazione di supporti audiovisivi può essere raggiunta sulla base di una pluralità di elementi, quali il rilevante numero dei supporti in vendita, le modalità della vendita, l’assenza dei documenti relativi alla lecita provenienza della merce e l’utilizzo di copertine fotocopiate, nonché l’assenza del contrassegno SIAE (valutabile come elemento indiziario) (Cass. Sez. III penale 26 settembre 2013 n. 39906, Pres. Teresi, Rel. Orilia, K.M., Aida 2014, Repertorio I.16).

La prova della ricettazione può essere tratta dalla mancanza di elementi indicativi di un’attività di duplicazione posta in essere dall’imputato (Cass. Sez. III penale 26 settembre 2013 n. 39906, Pres. Teresi, Rel. Orilia, K.M., Aida 2014, Repertorio I.16).

Sebbene l’utilizzo di programmi per elaboratore abusivi nell’ambito della attività di uno studio di un libero professionista non possa farsi rientrare nella nozione di attività di impresa, con conseguente inapplicabilità dell’art. 171bis l.a., quando vi sia compresenza negli stessi locali dello studio anche di società commerciali, che utilizzino gli stessi mezzi, il giudice di merito può accertare in fatto l’assetto imprenditoriale o commerciale dell’attività svolta dall’imputato di ritenere la condotta meritevole di sanzione penale (Cass. Sez. III penale 31 ottobre 2013 n. 44279, Pres. Squassoni,  Rel. Ramacci, M.M., Aida 2014, Repertorio I.16).

Fino all’entrata in vigore del D.P.C.M. 23 febbraio 2009, n. 31, di approvazione della regola tecnica oggetto del procedimento di notifica alla Commissione UE n. 2008/0162/1, che ha reso nuovamente perseguibili penalmente le condotte di mancata apposizione del contrassegno SIAE successive al 21 aprile 2009, l’obbligo di apposizione del predetto contrassegno è inopponibile nei confronti dei privati, quale effetto dalla mancata comunicazione alla Commissione dell’Unione Europea di tale “regola tecnica” in adempimento della direttiva Europea 83/179/CE (Cass. Sez. III penale 31 ottobre 2013 n. 44279, Pres. Squassoni,  Rel. Ramacci, M.M., Aida 2014, Repertorio I.16).

La finalità di commercio o d’impresa di cui all’art. 171bis l.a. non deve essere valutata esclusivamente con riguardo alla vendita diretta dei programmi per elaboratore, ma anche alla installazione dei medesimi sugli apparecchi e, più in generale, alla loro utilizzazione a favore dei clienti, con la conseguenza che risponde a logicità e correttezza il ragionamento della Corte di Appello nella parte in cui la medesima conclude per l’esistenza di uno scopo commerciale o imprenditoriale prendendo in esame alcuni “indici rivelatori”, quali il numero dei programmi masterizzati, la presenza di supporti con i programmi all’interno dei locali commerciali, la presenza di personal computer di clienti in fase di assistenza o riparazione, la qualificazione tecnica dei ricorrenti in campo informatico (Cass. Sez. III penale 13 febbraio 2014 n. 6988/2014, Pres. Mannino, Est. Marini, S.A., V.A., R.R. (imputati), Aida 2014, Repertorio I.16).

Secondo i principi affermati nella sentenza Schwibbert della Corte di giustizia UE  la condotta consistente nella detenzione di supporti privi di contrassegno SIAE non può integrare reato se commessa nel periodo anteriore all’entrata in vigore del DPCM 23 febbraio 2009 n. 31; solo l’abusiva duplicazione per finalità di lucro è condotta che non risente dei principi fissati dalla sentenza ora citata (Cass. Sez. III penale 13 febbraio 2014 n. 6988/2014, Pres. Mannino, Est. Marini, S.A., V.A., R.R. (imputati), Aida 2014, Repertorio I.16).

E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 102 quater e 171ter lett. fbis) l. a. per contrasto con gli artt. 3 e 25 co. 2 Cost., in quanto la possibilità di distribuire anche sull’hardware parte delle misure tecnologiche di protezione non costituisce un’analogia in malam partem, mentre la diversa previsione di cui all’art. 171bis l.a. per i programmi per elaboratore si giustifica per la diversità degli stessi rispetto ai videogiochi (Trib. Firenze, 28 maggio 2014, Giud. Zanobini, Francesco Campa e Paolo Ciabattini, Aida 2014, Repertorio I.16).

In tema di diritto d’autore, relativamente ai reati aventi per oggetto supporti illecitamente duplicati o riprodotti, la sola mancanza del contrassegno SIAE che non sia stato comunicato dallo stato alla commissione europea non può valere nemmeno come indizio dell’illecita duplicazione (Trib. Monza, 17 gennaio 2011, Giud. Corbetta, Di.Bo., Di.Ad., Aida 2013, Repertorio I.16).

La non opponibilità ai privati della normativa sul contrassegno SIAE, quale effetto della mancata comunicazione della stessa alla commissione UE in adempimento della normativa comunitaria relativa alle cd. regole tecniche (dir. 98/34/CE), comporta il venir meno unicamente dei reati caratterizzati dalla sola mancanza di detto contrassegno, continuando invece ad essere sanzionata penalmente qualunque attività che comporti l’abusiva diffusione o riproduzione delle opere dell’ingegno (Cass. Sez. III penale 28 marzo 2011 n. 12520, Pres. Ferrua, Est. Lombardi, S.M., Aida 2013, Repertorio I.16).

La fattispecie prevista dall’art. 171 ter co. 1 lett. d) l.a. costituisce una forma di tutela ulteriore e più immediata rispetto a quelle previste dalle precedenti lettere a), b) e c), essendo sufficiente la mancanza del contrassegno SIAE ad integrare la condotta criminosa, senza necessità di procedere agli accertamenti più complessi richiesti per la sussistenza delle precedenti ipotesi di reato, quali la tutelabilità dell’opera dell’ingegno riprodotta (Cass. Sez. III penale 28 marzo 2011 n. 12520, Pres. Ferrua, Est. Lombardi, S.M., Aida 2013, Repertorio I.16).

Non risponde del reato previsto dall’art. 171 ter co. 1 lett. c) l.a. chi detenga per la vendita oggetti abusivamente riproducenti immagini di personaggi di opere cinematografiche di animazione, dal momento che la norma tutela l’opera filmica e non i disegni utilizzati per la sua realizzazione, i quali godono sul piano penale della diversa tutela prevista dall’art. 171 co. 1 lett. a) l.a. (Cass. Sez. III penale 4 maggio 2011 n. 17218, Pres. Gentile, Est. Fiale, C. X., Aida 2013, Repertorio I.16).

Non sussiste il reato di cui all’art. 171 ter co. 1 lett. d) l.a., se al momento in cui è stato commesso il fatto il regolamento di esecuzione per l’apposizione del contrassegno SIAE previsto dall’art. 181 bis co. 4 l. a.  – da considerarsi regola tecnica ai sensi della dir. 98/34/CE – non era stato ancora comunicato dall’amministrazione italiana alla Commissione UE, e dunque non era opponibile ai privati (Cass. Sez. III penale 10 giugno 2011 n. 23422, Pres. De Maio, Est. Petti, M.M.F., Aida 2013, Repertorio I.16).

La confisca dei supporti di cui all’art. 181 bis co. 1 l.a. privi del contrassegno SIAE, disposta dopo che l’amministrazione italiana abbia comunicato alla Commissione UE il regolamento di esecuzione previsto dall’art. 181 bis co. 4 l.a. per l’apposizione di detto contrassegno, è legittima anche con riferimento alle condotte poste in essere prima di tale comunicazione, giacché deve applicarsi la legge vigente al momento dell’esecuzione delle misure di sicurezza, essendo queste per loro natura correlate all’attualità della situazione di pericolo (Cass. Sez. III penale 10 giugno 2011 n. 23422, Pres. De Maio, Est. Petti, M.M.F., Aida 2013, Repertorio I.16)

La norma dell’art. 171 ter co. 2 lett. b) l.a., a differenza di quelle contenute nei punti a) e a-bis) dello stesso comma, non configura un’ipotesi autonoma di reato ma un’aggravante dei reati previsti dall’art. 171 ter co. 1 l.a., consistente nell’aver agito nell’esercizio di un’attività imprenditoriale di riproduzione, distribuzione, commercializzazione o importazione di opere tutelate dal diritto d’autore e da diritti connessi (Cass. Sez. III penale 10 giugno 2011 n. 23431, Pres. De Maio, Est. Petti, A.G. e Ag. Fr., Aida 2013, Repertorio I.16).

Stante la inopponibilità ai privati dell’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE previsto dall’art. 181 bis co. 4 l.a. in epoca anteriore alla comunicazione da parte dell’amministrazione italiana alla Commissione UE del relativo regolamento, da considerarsi da considerarsi regola tecnica ai sensi della dir. 98/34/CE, la mancanza di detto contrassegno su determinati supporti non può valere come indizio della abusiva riproduzione o duplicazione delle opere contenute nei supporti stessi (nella specie: è stata esclusa la sussistenza dei reati previsti dall’art. 648 c.p. e dall’art. 171 ter co. 2 lett. a) l.a., per mancanza di prova della abusiva duplicazione) (Cass. Sez. III penale 21 giugno 2011 n. 24823, Pres. Ferrua, Est. Squassoni, A.K., Aida 2013, Repertorio I.16).

Mentre la SIAE, in qualità di titolare del relativo contrassegno, è parte lesa del reato di cui all’art. 171 ter co. 1 lett. d) l.a., persona offesa dei reati concernenti l’abusiva duplicazione o riproduzione di opere tutelate dal diritto d’autore è esclusivamente lo stesso autore dell’opera abusivamente duplicata o riprodotta (Cass. Sez. III penale 22 luglio 2011, n. 29528, Pres. Ferrua, Est. Lombardi, D.G.G., Aida 2013, Repertorio I.16).

Le fattispecie previste dall’art. 171 ter co. 2 l.a. integrano ipotesi autonome di reato, e non circostanze aggravanti (Cass. Sez. III penale 22 luglio 2011, n. 29528, Pres. Ferrua, Est. Lombardi, D.G.G., Aida 2013, Repertorio I.16).

Poiché la fattispecie prevista dall’art. 171 ter co. 2 lett. a) l.a. ha natura di reato a consumazione anticipata, è sufficiente ad integrarla un’attività consistente nel porre in vendita o rendere disponibili per il noleggio cassette o supporti abusivamente riprodotti, e la prova sul punto può essere anche di natura indiziaria, desumibile dalle modalità di rinvenimento e dal luogo della detenzione dei supporti magnetici (Cass. Sez. III penale 22 luglio 2011, n. 29528, Pres. Ferrua, Est. Lombardi, D.G.G., Aida 2013, Repertorio I.16).

Integra il reato di abusiva duplicazione di un programma per elaboratore, punito dall’art. 171 bis co. 1 l.a.,  non solo l’integrale riproduzione del software altrui, ma anche ogni attività che, senza il consenso del titolare dei diritti di utilizzazione sullo stesso, ne realizzi uno sviluppo privo dei requisiti di novità e di originalità rispetto al programma originario (Cass. Sez. V penale 24 ottobre 2011, n. 38325, Pres. Calabrese, Est. Sabeone, D.G., Aida 2013, Repertorio I.16).

Un software gestionale deve ritenersi una applicazione industriale protetta, ove destinata a rimanere segreta, ai sensi dell’art. 623 c.p. (Cass. Sez. V penale 24 ottobre 2011, n. 38325, Pres. Calabrese, Est. Sabeone, D.G., Aida 2013, Repertorio I.16).

Il direttore responsabile di un periodico on-line non risponde del reato di omesso controllo previsto dall’art. 57 c.p. in caso di reati commessi col mezzo della stampa periodica, giacché una pubblicazione diffusa attraverso la rete informatica non rientra nella nozione di stampa accolta dalla legge n. 47/1948, che presuppone una attività di riproduzione tipografica e la destinazione del prodotto di tale attività alla pubblicazione attraverso una effettiva distribuzione fra il pubblico (Cass. Sez. V penale 29 novembre 2011 n. 44126, Pres. Grassi, Est. Demarchi Albengo, H.D., Aida 2013, Repertorio I.16). 

Il direttore responsabile di un periodico on line si trova nella impossibilità di controllare i commenti inviati direttamente dall’utenza sul sito del periodico, onde l’applicazione dell’art. 57 c.p. nel caso in cui detti commenti integrino gli estremi del reato deve escludersi perché comporterebbe la sua punizione a titolo di responsabilità oggettiva (Cass. Sez. V penale 29 novembre 2011 n. 44126, Pres. Grassi, Est. Demarchi Albengo, H.D., Aida 2013, Repertorio I.16).

La circostanza attenuante comune di cui all’art. 62 n. 4 c.p. è configurabile anche con riferimento al delitto di cui all’art. 171 ter co. 1 l.a., qualora ricorrano contemporaneamente le condizioni del conseguimento da parte dell’autore del reato di un lucro di speciale tenuità e della produzione, nei confronti della parte offesa, di un danno o di una situazione di pericolo di speciale tenuità (Cass. Sez. III penale 23 gennaio 2012 n. 2685, Pres. Mannino, Est. Andronio, K. M., Aida 2013, Repertorio I.16).

L’assoluzione dell’imputato dai reati di cui all’art. 171 bis co. 1 e 171 ter co. 1 lett. d) l.a., poiché al momento in cui era stato commesso il fatto non era validamente opponibile al privato l’obbligo di apporre sui supporti per opere musicali e audiovisive il contrassegno SIAE, comporta la necessaria revoca delle sanzioni accessorie previste dall’art.  171 ter co. 4 l.a., nonché la revoca della confisca dei supporti privi di detto contrassegno (Cass. Sez. III penale 13 marzo 2012 n. 9590, Pres. Mannino, Est. Franco, P. M. D., Aida 2013, Repertorio I.16).

L’art. 171 ter co. 1 lett. f-bis) l.a., quale modificato dal d. lgs. n. 68/2003, non introduce una fattispecie incriminatrice del tutto nuova, ma si limita ad aggiornare all’evoluzione tecnologica la previsione già contenuta nella lettera d) dell’art. 171 ter, che nell’originaria formulazione puniva la produzione, l’utilizzazione, il commercio e la cessione a qualsiasi titolo di sistemi atti ad eludere, decodificare o rimuovere le misure di protezione del diritto d’autore o dei diritti connessi (Cass. Sez. III penale 14 settembre 2012 n. 35469, Pres. Mannino, Est. Marini, P. I., Aida 2013, Repertorio I.16). 

Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 171 ter co. 1 lett. f-bis) l.a., non è necessario dimostrare che la vendita degli apparecchi previsti dalla norma sia finalizzata ad una utilizzazione illecita degli stessi, essendo sufficiente appurare che la destinazione prevalente dell’apparecchiatura sia di eludere le misure tecnologiche di protezione apposte sulle opere o sui materiali protetti dai titolari di diritti d’autore, di diritti connessi o dei diritti del costitutore di una banca dati (Cass. Sez. III penale 14 dicembre 2012 n. 48639, Pres. Gentile, Est. Orilia, M. N., Aida 2013, Repertorio I.16).

Deve essere annullata l’ordinanza del tribunale del riesame di Firenze che ha revocato il sequestro probatorio emesso dal pubblico ministero nei confronti di un soggetto indagato per aver pubblicizzato e commercializzato dispositivi mediante i quali è possibile utilizzare su consolle videogiochi non originali, offrendo anche i servizi necessari per modificare a tali fini dette consolle, poiché rientrano nella fattispecie penale prevista dall’art. 171-ter co. 1 lett. f-bis) l.a. tutti  i congegni principalmente finalizzati a rendere possibile l’elusione delle misure tecnologiche di protezione apposte su materiali od opere protette dal diritto d’autore, non richiedendo la norma incriminatrice la loro diretta apposizione sulle opere o sui materiali tutelati (Cass. Sez. III penale 4 marzo 2011 n. 8791, Pres. Ferrua, Est. Ramacci, Procuratore della Repubblica di Firenze, Aida 2012, Repertorio I.16).

Le società di internet provider cui sia stato notificato il decreto di sequestro preventivo penale di centinaia di siti internet (utilizzati nella specie per la vendita di beni contraffatti) al fine della sua esecuzione sono legittimate a chiederne il riesame quali soggetti terzi estranei al reato portatori di un interesse fondato alla rivisitazione della legittimità del provvedimento e degli obblighi che ne derivano (Trib. Padova, ordinanza 4 novembre 2011, Pres. Est. Majolino, Assoprovider, CWnet s.r.l., Associazione AIIP, Aida 2012, Repertorio I.16).

Va annullato il provvedimento che dispone il sequestro penale preventivo di centinaia di siti internet il cui nome a dominio evochi il marchio registrato altrui, tenuto conto che la mera attivazione di un sito con queste caratteristiche non denota il fumus dei reati previsti dagli artt. 474, 517 e 648 c.p. (salvo che chi chiede tutela provi essere tutelato dal marchio anche lo stesso nome a dominio) e che nella specie lo sviluppo delle indagini non consente di ricondurre la commercializzazione di prodotti contraffatti indistintamente a tutti i siti interessati dal provvedimento (Trib. Padova, ordinanza 4 novembre 2011, Pres. Est. Majolino, Assoprovider, CWnet s.r.l., Associazione AIIP, Aida 2012, Repertorio I.16).

Il reato di duplicazione di programmi per elaboratore può ricorrere anche in caso di duplicazione parziale (Cass. Sezione III penale, 1 marzo 2012 n. 8011, Pres. Mannino, Est. Petti, Valter Rocco Paolo Sterpilla, Corrado Arcaini, Francesco Pedullà, Aida 2012, Repertorio I.16).

Il reato di appropriazione indebita non può ricorrere con riferimento a beni immateriali, mentre può ricorrere con riferimento alla documentazione rappresentativa dell’idea immateriale (Cass. Sezione III penale, 1 marzo 2012 n. 8011, Pres. Mannino, Est. Petti, Valter Rocco Paolo Sterpilla, Corrado Arcaini, Francesco Pedullà, Aida 2012, Repertorio I.16).

La diffusione del programma ad accesso condizionato in violazione dell’obbligo (assunto dal cliente) di utilizzazione del segnale in ambito domestico integra l’ipotesi prevista dall’art. 171ter co. 1 lett. c) l.a. (Cass. Sez. III penale, 30 maggio 2012 n. 20876, P.G., Aida 2012, Repertorio I.16)

Integra il reato di cui all’art. 171ter co. 1 lett. c) l.a., e non già quello ex art. 171octies l.a., la condotta di  chi, utilizzando una smart card legittimamente detenuta in base al contratto ed idonea a consentire la ricezione di programmi televisivi a pagamento per uso strettamente privato, diffonda invece i programmi al pubblico (Cass. Sez. III penale, 30 maggio 2012 n. 20876, P.G., Aida 2012, Repertorio I.16).

Sussiste fine di lucro, e non semplice risparmio di spesa, quando il proprietario di un locale utilizzi un abbonamento a fini domestici per diffondere programmi televisivi all’interno del locale, non potendo sfuggirgli ed anzi perseguendo evidentemente lo scopo) che tale diffusione risulti in un aumentato flusso di clientela, con un corrispondente incremento delle consumazioni ed un conseguente maggior guadagno del gestore (e ciò anche in assenza di pubblicizzazione esterna, essendo evidente l’effetto della diffusione dei programmi sulla clientela occasionale, e ben potendo del resto operare il cd. “passaparola”) (Cass. Sez. III penale, 30 maggio 2012 n. 20876, P.G., Aida 2012, Repertorio I.16).

La gestione di un sito internet che svolge la funzione di smistamento (cd. “tracking” o tracciamento) per il prelievo e lo scambio non autorizzati di file protetti concorre nella condotta criminosa prevista e punita dall’art. 171ter co. 2 lett. abis) l.a. in quanto definisce e fornisce un complesso codice alfanumerico di collegamento (cd. “torrent”) univoco per ciascun file, quale che sia la sua natura, grazie al quale gli utenti sono posti in condizione di interagire, instaurando collegamenti e scambi (Trib. Bergamo, ordinanza 1 agosto 2008, GIP Mascarino, www. thepiratebay.org, Aida 2011, Repertorio I.16).

Nel caso di specie può inoltre ravvisarsi il fumus del reato di associazione a delinquere, in considerazione della chiara sussistenza di un sodalizio criminoso tra gli indagati, che usa una ripartizione dei ruoli tendenzialmente definita e l’adozione di un preciso programma criminoso, precisato nei presupporti ideologici, nei contenuti, nella portata e nelle modalità operative (come si evince dalla programmatica esclusione nel sito de qua di qualunque forma di rispetto per i diritti d’autore, a partire dalla stessa denominazione “the pirate bay”, fino ad arrivare alle indicazioni presenti sul sito che non esclude la circolazione di file contraffatti, ed alle statistiche di fruizione dalle quali risulta che i cento file più ricercati ai fini dello scambio dagli utenti del sito siano opere illecite) (Trib. Bergamo, ordinanza 1 agosto 2008, GIP Mascarino, www.thepiratebay.org, Aida 2011, Repertorio I.16).

Sussiste la competenza territoriale dell’autorità giudiziaria italiana, anche se la struttura organizzativa appare organizzata e realizzata interamente al’estero, in ordine al reato di illecita comunicazione al pubblico di opere protette, non essendo noto il luogo di consumazione delle singole condotte di illecito scambio e potendo ritenersi che almeno una parte degli scambi coinvolta utenti operanti in Italia (Trib. Bergamo, ordinanza 1 agosto 2008, GIP Mascarino, www.thepiratebay.org, Aida 2011, Repertorio I.16).

E’ pacifico il fine di lucro ascrivibile agli indagati, costituendone indici sintomatici l’espressa previsione di sanzioni economiche agli utenti quando disattendano le condizioni previste, e l’ampio, articolato sfruttamento della pubblicità sulle pagine del sito (Trib. Bergamo, ordinanza 1 agosto 2008, GIP Mascarino, www. thepiratebay.org, Aida 2011, Repertorio I.16).

Anche in assenza del fine di lucro, i fatti per cui si procede sarebbero comunque punibili ai sensi dell’art. 171co. 1 lett. abis l.a. (Trib. Bergamo, ordinanza 1 agosto 2008, GIP Mascarino, www.thepiratebay.org, Aida 2011, Repertorio I.16).

Si dispone il sequestro preventivo del sito web in questione disponendo che i fornitori di servizi internet (Internet Service Provider) e segnatamente i provider operanti sul territorio dello Stato italiano inibiscano ai rispettivi utenti – anche a mente degli artt. 14 e 15 d.lgs. 9 aprile 2003 n. 70 l’accesso all’indirizzo del sito, ai relativi alias e nomi di dominio presenti e futuri, rinvianti al sito medesimo, all’indirizzo IP statico che al momento risulta associato ai predetti nomi di dominio, e ad ogni ulteriore indirizzo IP statico associato ai nomi stessi nell’attualità e in futuro (Trib. Bergamo, ordinanza 1 agosto 2008, GIP Mascarino, www.thepiratebay.org, Aida 2011, Repertorio I.16).

Costituiscono indizi gravi, precisi e concordanti della commissione del reato previsto dall’art. 171ter co. 1 lett. c) l. 633/41 le seguenti circostanze, e precisamente che: 1) il computer sequestrato all’imputata contenesse la riproduzione integrale in formato digitale di opere letterarie (di tipo universitario), tutelate dal diritto d’autore ed edite unicamente in formato cartaceo; 2) tale computer fosse bene strumentale della ditta dell’imputata, essendo stato rinvenuto all’interno del relativo esercizio commerciale, acceso e collegato ad una stampante in dotazione al negozio; 3) il negozio si trovasse in zona universitaria; 4) all’interno del computer vi fosse un elenco delle opere abusivamente trasformate in formato pdf con l’indicazione a fianco di ciascuna di un prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato (Trib. Roma, 19 maggio 2009, Est. Marocchi, A.A. c. SIAE, Aida 2011, Repertorio I.16).

Per la commissione del delitto previsto dall’art. 171ter co. 1 lett. c) l. 633/41, ritenute le attenuanti generiche, si ritiene equa la pena di mesi 6 e gg. 20 di reclusione, oltre euro 6000 si multa; seguono per legge la condanna dell’imputata al pagamento delle spese processuali, nonché alle pene accessorie della pubblicazione della sentenza per estratto su di un quotidiano e un periodico specializzato, l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese e dall’esercizio dell’attività di commercio di riproduzioni fotostatiche di opere letterarie nei limiti consentiti del 15%; si impongono infine la confisca e la distruzione dei files illeciti, mediante cancellazione dalla memoria del computer ovvero (in caso di impossibilità di eliminare in tale modo i file in questione) mediante asportazione e distruzione dell’hard disk (Trib. Roma, 19 maggio 2009, Est. Marocchi, A.A. c. SIAE).

Nel caso in cui la detenzione riguardi supporti privi del contrassegno SIAE la Corte di Giustizia europea – con sentenza emessa l’8 novembre 2007 nel procedimento C-20/05, Schwibbert – ha stabilito che l’obbligo di apporre sui dischi compatti, contenenti opere d’arte figurativa, il contrassegno SIAE in vista della loro commercializzazione nello Stato membro interessato, rientra nel novero delle “regole tecniche” che devono esser notificate dallo Stato alla commissione della Comunità europea, con la conseguenza che qualora tali regole tecniche non siano state notificate alla commissione (come nel caso di specie), esse non possono essere fatte valere nei confronti dei privati e devono essere disapplicate dal giudice nazionale (Cass. Sez. III penale 24 giugno 2009 n. 37067, Pres. De maio, Est. Sensini, PM. Passacantando, Dia Cheick Ahmadou Bamba, Aida 2011, Repertorio I.16).

Benchè sia configurabile il concorso fra i reati di cui agli artt. 171ter l.a. e 648 c.p. “quando l’agente, oltre ad acquistare supporti audiovisivi fonografici o informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali, li detenga a fine di commercializzazione”, tale concordo può aversi solo con riferimento alle condotte poste in essere successivamente all’entrata in vigore della l. n. 248 del 2000, art. 16, sostituendolo con il nuovo testo della l. n. 633 del 1941, art. 171ter (posto che, nel vigore della l. n. 248 del 2000, la condotta di acquisto di supporti audiovisivi fotografici o informatici o multimediali, non conformi alle prescrizioni legali, ove non costituisse concorso in uno dei reati previsti dalla l. 22 aprile 1941 n. 633, artt. 171 e 171octies, integrava l’illecito amministrativo di cui alla l. 22 aprile 1941 n. 633, art. 16, il quale dunque – in forza del principio di specialità previsto dalla l. 24 novembre 1981, n. 689, art. 9 – prevaleva in ogni caso sull’art. 648 c.p., che punisce lo stesso fatto anche se l’acquisto fosse destinato al commercio) (Cass. Sez. fer. penale 27 agosto 2009 n. 33471, Pres. Esposito, Est. Guicla I., P.M. Montagna, C.A., Aida 2011, Repertorio I.16).

Nel caso di detenzione per la vendita di supporti illecitamente duplicati, che siano altresì privi del contrassegno SIAE, non è configurabile il reato di detenzione per la vendita o di messa in commercio di supporti privi del contrassegno SIAE (art. 171ter co. 1 lett. d) perché tale ipotesi presuppone l’autenticità del supporto detenuto; il fatto in concreto contestato – al di là della imprecisione nella qualificazione formale – deve dunque essere ricondotto nell’alveo di cui alla l. 633 del 1941, art. 171ter lett. c), con conseguente impossibilità di esplicazione dei propri effetti della nota sentenza della Corte di Giustizia della Comunità Europea (8 novembre 2001 – Schwibbert) – che è invece relativa all’ipotesi in cui effettivamente sia contestabile la lett. d) (Cass. Sez. fer. penale 27 agosto 2009 n. 33471, Pres. Esposito, Est. Guicla I., P.M. Montagna, C.A., Aida 2011, Repertorio I.16).

L’assenza del contrassegno SIAE non dimostra sempre e comunque l’illecita provenienza del prodotto (perché, come risulta dalla l. n. 633 del 1941, art. 181bis, co. 3, il contrassegno può non essere apposto su determinate opere indicate dalla legge o dallo stesso regolamento) ma è anche certo che essa costituisce elemento indiziario nella valutazione della fattispecie concreta e, unitamente ad altri elementi (quali, ad esempio, le circostanze della detenzione, un numero di supporti particolarmente significativo, copertine contraffatte, ecc.), concorre a qualificare correttamente il fatto (Cass. Sez. fer. penale 27 agosto 2009 n. 33471, Pres. Esposito, Est. Guicla I., P.M. Montagna, C.A., Aida 2011, Repertorio I.16).

La mancanza di contrassegno SIAE non può essere considerata come indizio dell’abusiva duplicazione o riproduzione dei supporti, giacché altrimenti si continuerebbe a date al contrassegno quel suo valore essenziale di garanzia dell’originalità e autenticità dell’opera, che invece non riveste nei confronti dei soggetti privati per effetto della mancata comunicazione alla commissione europea e fino a che tale comunicazione non avvenga (Cass. Sez. III penale 22 ottobre 2009 n. 44892, Pres. Grassi, Est. Franco, P.M. Geraci, Sambee Salifu, Aida 2011, Repertorio I.16).

Quando in fase di primo grado l’imputato sia stato correttamente assolto per insussistenza del fatto dal reato di abusiva duplicazione di programmi per elaboratore, non può in sede di appello intervenire condanna per il reato di concorso con ignoti nell’abusiva duplicazione, sia perché tale condotta non è mai stata contestata, sia perché anch’essa è coperta dal giudicato assolutorio della sentenza di primo grado, sia perché mancava qualsiasi elemento, anche indiziario, di una condotta rilevante sotto il profilo del concorso (Cass. Sez. III penale 22 ottobre 2009 n. 49385, Pres. Grassi, Est. Franco, P.M. Geraci, Bazzoli, Aida 2011, Repertorio I.16).

E’ erroneo equiparare l’utilizzo in un’attività professionale ad un’attività imprenditoriale solo perché il primo utilizzo non potrebbe essere equiparato a quello meramente privato, né può ritenersi che il primo utilizzo possa essere ricompreso nel secondo sulla base di una mera interpretazione estensiva, occorrendo invece verificare se il professionista intellettuale abbia assunto la qualità di imprenditore commerciale (circostanza che si verifica quando il professionista esercita la professione nell’ambito di un’attività organizzata in forma di impresa, in quanto svolge una distinta e assorbente attività che si contraddistingue da quella professionale per il diverso ruolo che riveste il sostrato organizzativo – il quale cessa di essere meramente strumentale – e per il differente apporto del professionista, non più circoscritto alle prestazioni di opera intellettuale, ma involgente una prevalente azione di organizzazione) (Cass. Sez. III penale 22 ottobre 2009 n. 49385, Pres. Grassi, Est. Franco, P.M. Geraci, Bazzoli, Aida 2011, Repertorio I.16).

La seconda ipotesi di reato di cui all’art. 171bis co. 1 l.s. ha ad oggetto esclusivamente i programmi per elaboratore contenuti su supporti privi del contrassegno SIAE e non anche programmi abusivamente riprodotti; ma in mancanza di notifica alla Commissione della modifica apportata al progetto di regola tecnica ed all’inclusione di nuovi supporti nell’ambito dell’obbligo originario di apposizione del contrassegno, l’obbligo di apposizione del contrassegno stesso non può essere fatto valere nei confronti dei privati e deve pertanto essere disapplicato dal giudice nazionale (Cass. Sez. III penale 22 ottobre 2009 n. 49385, Pres. Grassi, Est. Franco, P.M. Geraci, Bazzoli, Aida 2011, Repertorio I.16).

Stante che i fatti per i quali si procede risalgono al 9 febbraio 2002, e stante il divieto di applicazione retroattiva della legge penale più sfavorevole, di cui all’art. 2 c.p., il delitto di ricettazione ascritto all’odierno giudicabile non poteva concorrere con la violazione alla legge sul diritto d’autore contestualmente addebitata al medesimo sotto forma di indebita ricezione di oggetti abusivamente riprodotti, dal momento che solo con il d.lgs. 9 aprile 2003 n. 68, e l’introduzione del vigente art. 174ter l. 633/1941, la prevalenza dell’illecito amministrativo, in forza del criterio di specialità, si è ridotta ai soli casi di acquisto e ricezione per uso personale (Cass. Sez. II penale 27 ottobre 2009 n. 41287, Pres. Pagano, Est. Bartolini, J.M., Aida 2011, Repertorio I.16).

La consapevolezza dell’imputato dell’abusiva duplicazione delle merci da lui offerte in vendita al pubblico è stata correttamente desunta da un quadro di elementi convergenti con argomentazioni che rispondono ad acquisizioni di esperienza, al notorio, alla logica e alla coerenza, quali in particolare: (i) l’assenza del contrassegno SIAE; (ii) l’assenza di opportuna documentazione fiscale e contabile relativa all’acquisto della merce presso rivenditori ufficiali; (iii) il prezzo ridotto dei beni, che venivano venduti su bancarelle (Cass. Sez. II penale 27 ottobre 2009 n. 41287, Pres. Pagano, Est. Bartolini, J.M., Aida 2011, Repertorio I.16).

L’art. 171ter lett. c. l.a. non ha per ratio la tutela della pubblica fede o l’autenticità delle merci, bensi la protezione degli interessi morali e materiali della proprietà e del’esclusiva che sono collegati allo sfruttamento del diritto d’autore (Cass. Sez. II penale 27 ottobre 2009 n. 41287, Pres. Pagano, Est. Bartolini, J.M., Aida 2011, Repertorio I.16).

Sussiste, quale presupposto del sequestro preventivo, il fumus commissi delicti consistente nel trasferimento a mezzo della rete Internet di file aventi il contenuto di opere coperte da diritto d’autore in violazione del diritto esclusivo di comunicazione al pubblico di tali opere, anche quando la particolare tecnologia informatica preveda la condivisione di file tra utenti della rete Internet (cd. file sharing) e l’utilizzo di protocolli di trasferimento dei file direttamente tra utenti (cd. peer-to-peer) (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 49437, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Peter Sunde Kolmisoppi, Carl Lundstrom, Frederik Nelj, Goyyfrid Svartholm, Aida 2011, Repertorio I.16).

Il reato di diffusione dell’opera, senza averne diritto, è commesso innanzi tutto da chi fa l’uploading, ai sensi dell’art. 171 co. 1 lett. abis) l.a. se c’è la messa a disposizione dell’opera in rete a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma, ma non a scopo di lucro, ovvero ai sensi dell’art. 171ter co. 2 lett. abis) l.a., se c’è la comunicazione dell’opera in rete a fine di lucro (sussistente anche quando gli introiti derivino da inserzioni pubblicitarie a pagamento) (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 49437, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Peter Sunde Kolmisoppi, Carl Lundstrom, Frederik Nelj, Goyyfrid Svartholm, Aida 2011, Repertorio I.16).

Il titolare del sito che indicizza le informazioni provenienti dagli utenti, che sono tutti potenziali autori di uploading, realizza un apporto causale nella condotta criminosa dell’uploading, poiché tali informazioni, anche se ridotte al minimo, sono essenziali perché gli utenti possano orientarsi, con conseguente responsabilità del medesimo titolare del sito a titolo di concorso ai sensi dell’art. 110 c.p. (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 49437, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Peter Sunde Kolmisoppi, Carl Lundstrom, Frederik Nelj, Goyyfrid Svartholm, Aida 2011, Repertorio I.16).

Sussiste la giurisdizione del giudice italiano laddove una parte della condotta comune abbia avuto luogo in Italia (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 49437, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Peter Sunde Kolmisoppi, Carl Lundstrom, Frederik Nelj, Goyyfrid Svartholm, Aida 2011, Repertorio I.16).

Sotto il profilo giuridico non cambia nulla se si considerano in particolare più sofisticate tecnologie di trasferimento di file – quale quella che frammenta l’opera in modo da coinvolgere più utenti nell’attività di uploading (a mezzo dei cd. file torrent) – anche nel casso estremo in cui il singolo utente diffonda un frammento dell’opera che, preso in sè, non sia sufficientemente significativo sotto il profilo strettamente giuridico, sì da non potersi considerare di per sè solo coperto da diritto d’autore, dal momento che, ricomponendo i frammenti secondo le istruzioni di tracciamento che sono nel sito web, si ha il trasferimento dell’opera intera (o di parti di essa), la cui diffusione è ascrivibile innanzi tutto ai singoli utenti (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 49437, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Peter Sunde Kolmisoppi, Carl Lundstrom, Frederik Nelj, Goyyfrid Svartholm, Aida 2011, Repertorio I.16).

E’ ammissibile il sequestro preventivo del sito web, anche ove questo sia collocato all’estero, permanendo nella misura in questione il necessario carattere reale (nel senso che esso ha ad oggetto l’apprensione di una res, pur non necessariamente materiale in senso stretto) (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 49437, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Peter Sunde Kolmisoppi, Carl Lundstrom, Frederik Nelj, Goyyfrid Svartholm, Aida 2011, Repertorio I.16).

L’ordine ai fornitori di servizi internet operanti sul territorio dello Stato italiano affinchè questi ultimi inibiscano ai rispettivi utenti l’accesso all’indirizzo del sito web, ai relativi alias e nomi di dominio rinvianti al sito medesimo è ammissibile, in quanto il potere inibitorio in questione è previsto in capo all’autorità giudiziaria dagli artt. 14-16 d.lgs. 9 aprile 2003 n. 70 (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 49437, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Peter Sunde Kolmisoppi, Carl Lundstrom, Frederik Nelj, Goyyfrid Svartholm, Aida 2011, Repertorio I.16).

L’illecita duplicazione di programmi per elaboratore costituisce lesione del diritto d’autore ai sensi dell’art. 64 bis l.a., ed è penalmente illecita ai sensi dell’art. 171 bis o dell’art. 171 l.a. (Trib. Milano, Sezione IP, decreto 9 febbraio 2010, Est. Tavassi, Adobe System Inc., Altium Ltd., Autodesk Inc., Corel Corporation, Microsoft Corporation c. Studio Zoppini Associati, P. Zoppini, A. Zoppini, Aida 2011, Repertorio I.16).

Non può essere ritenuta la colpevolezza dell’imputato ai sensi dell’art. 171 ter co. 1 lett. d) sulla sola base della considerazione che la mancanza di contrassegno SIAE costituisce prova della illecita duplicazione della merce, perché detto elemento può costituire solo un indizio della sussistenza del reato, che necessita a supporto di ulteriori prove, dalle quali emerga la contraffazione e la duplicazione del prodotto (Cass. Sez. III penale 25 febbraio 2010 n. 7622, Pres. Lupo, Est. Gazzara, D.O., Aida 2011, Repertorio I.16).

L’art. 171octies l.a., vietando la produzione, la vendita, l’importazione, ecc. a fini fraudolenti di apparati o parti di apparati “atti alla decodificazione” di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale, intende perseguire l’astratta idoneità del congegno a consentire il perseguimento delle finalità vietate in ragione della potenzialità offensiva che in esso è insita, a prescindere dall’utilizzo concreto che poi se ne faccia (Cass. Sez. III penale 5 luglio 2010 n. 25385, Pres. Lupo, Est. Sarno, N.IL, Aida 2011, Repertorio I.16).

Non è possibile operare una distinzione fra uso normale e uso anomalo del sistema di decodificazione cd. “splitter”, riconoscendo nella prima ipotesi la utilizzazione fatta dal nucleo familiare di un abbonato, dal momento che tale uso comporta comunque un danno per l’ente (Cass. Sez. III penale 5 luglio 2010 n. 25385, Pres. Lupo, Est. Sarno, N.IL, Aida 2011, Repertorio I.16).

L’art. 57 c.p. non è applicabile al giornale telematico perché questo non è assimilabile al giornale stampato in quanto comporta una riproduzione tipografica (prius) e non è indefettibilmente destinato alla pubblicazione e quindi alla distribuzione fra il pubblico (posterius), non essendo rilevante in contrario che il messaggio internet si possa stampare, poiché questa circostanza è meramente eventuale in senso oggettivo e soggettivo (Cass. Sez. V penale 1 ottobre 2010 n. 35511, Pres. Ferrua, Est. Fumo – B.C., Aida 2011, Repertorio I.16).

Gli oggetti di design, la cui produzione si contraddistingue per la stretta correlazione tra aspetti prettamente industriali e sensibilità artistica dell’autore che ne determinano la originalità e la riconoscibilità da parte dei consumatori, ancorché interessati ad uno specifico ambito commerciale, traggono da tale peculiarità il loro segno distintivo che ne consente l’esatta individuazione e, conseguentemente, garantisce la loro originalità e la provenienza da un determinato produttore, così che la ripresa non autorizzata di tali elementi costituisce reato ai sensi dell’art. 517 c.p. (Cass. Sez. III penale 21 febbraio 2011, Pres. Teresi, Est. Ramacci, Anna Garcea, Remo Mansutti, Aida 2011, Repertorio I.16).

Deve essere annullata con rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame che – pur dando atto di una decisione precedente resa dalla Cassazione in un procedimento attinente a fatti analoghi e nei confronti del medesimo imputato – non si attenda al suo al principio di diritto, e critichi la scelta processuale del pubblico ministero di procedere a nuovo sequestro pur in presenza di un indirizzo giurisprudenziale qualificato dal tribunale del riesame come non consolidato (Cass. Sez. III penale 7 marzo 2011 n. 8791, C.F., Aida 2011, Repertorio I.16).

Rientrano nella fattispecie penale prevista dall’art. 171ter co. 1 lett. F-bis) l. 22 aprile 1941 n. 633 tutti i congegni principalmente finalizzati a rendere possibile l’elusione delle misure tecnologiche di protezione apposte su materiali od opere protette dal diritto d’autore, non richiedendo la norma incriminatrice la loro diretta apposizione sulle opere o sui materiali tutelati ed in particolare rientrano nella fattispecie i sistemi apposti sull’hardware della consolle che superano l’ostacolo al dialogo tra consolle e software non originale, ottenendo il risultato oggettivo di aggirare i meccanismi di protezione apposti sull’opera protetta) (Cass. Sez. III penale 7 marzo 2011 n. 8791, C.F., Aida 2011, Repertorio I.16).

Costituisce reato ai sensi dell’art. 171ter lett. d) l.a. e dell’art. 474 c.p. la detenzione per la vendita di numerosi compact disc di opere musicali privi del contrassegno SIAE (Trib. e Procura Repubblica di Macerata, 3 maggio 2007, D.A., Aida 2010, Repertorio I.16)

I videogiochi non costituiscono semplici programmi per elaboratore, ma opere complesse e multimediali tutelate anche penalmente in base all’art. 171ter lett. d) l.a. (Trib. Milano, Sezione IP, 18 dicembre 2008, Aida 2010, 1349/1).

La produzione e commercializzazione di dispositivi atti a rimuovere misure tecnologiche di protezione persegue indubbiamente finalità commerciali, indipendentemente dagli scopi perseguiti da chi successivamente utilizza questi dispositivi (Trib. Milano, Sezione IP, 18 dicembre 2008, Aida 2010, 1349/5).

La misura penale del sequestro non ha effetti inibitori e non fa venire meno dal punto di vista civilistico il periculum in mora, a maggior ragione in quanto non può escludere la presenza e la possibilità di messa in circolazione di strumenti idonei a rimuovere misure tecnologiche di protezione (Trib. Milano, Sezione IP, 18 dicembre 2008, Aida 2010, 1349/8).

Costituisce reato la riproduzione integrale di testi universitari da parte di una copisteria, essendo consentita ai sensi dell’art. 68 l.a. la fotocopia di singole opere o brani di opere dell’ingegno solo entro la misura del quindici per cento di ogni volume, solo previo pagamento di un compenso forfetario a favore degli aventi diritto, e solo ricorrendo l’uso personale (Cass. Sez. III penale 8 gennaio 2009 n. 126, Pres. Onorato, Est. Teresi, P.C. c. SIAE, Aida 2010, Repertorio I.16).

Pur vietando direttamente “le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume”, l’art. 21 co. 6 cost., non ha intesto dire che un comportamento costituente manifestazione del pensiero possa essere dalla legge vietato e previsto come reato esclusivamente quando sia contrario al buon costume, e non anche quando sia lesivo di altri beni meritevoli di tutela, qual è il sentimento religioso: e conseguentemente l’art. 21 co. 6 cost. non limita l’ammissibilità del sequestro, in caso di reato alle cose lesive del pudore sessuale (Cass. Sezione penale 10 marzo 2009 n. 10535, Est. Franco, Aduc, Aida 2010, Repertorio I.16).

Per la configurabilità del reato ex art. 403 c.p. non occorre che le espressioni di vilipendio siano rivolte a fedeli determinati, ben potendo invece essere riferite alla indistinta generalità dei fedeli (Cass. Sezione penale 10 marzo 2009 n. 10535, Est. Franco, Aduc, Aida 2010, Repertorio I.16).

Gli interventi dei partecipanti ad un forum online non possono essere fatti rientrare nella nozione di stampa, essendo piuttosto equiparabili ai messaggi che possono essere lasciati in una bacheca, sicché ad essi non si applicano le limitazioni in tema di sequestro previste dall’art. 21 Cost. (Cass. Sezione penale 10 marzo 2009 n. 10535, Est. Franco, Aduc, Aida 2010, Repertorio I.16).

L’art. 1 co. 1-3 l. 62/01 indica una equiparazione dei prodotti su supporto informatico destinati alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico a quelli cartacei e quindi la ricomprensione dei primi, in quanto prodotti editoriali, nella nozione di stampa (in particolare con riferimento alle testate telematiche per le quali venga richiesta e ottenuta la registrazione) (Trib. Padova, ordinanza 1 ottobre 2009, Giud. Bellavitis, Lazzaro c. Società Gruppo Editoriale L’Espresso, Aida 2010, Repertorio I.16).

Le norme incriminatici e quelle che pongono limiti all’esercizio di diritti debbono essere interpretate in senso restrittivo, mentre debbono esserlo in senso esteso le norme che riconoscono diritti, specie quando si tratti di diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione: con la conseguenza che alle testate telematiche regolarmente registrate si estende il divieto di sequestro sancito dall’art. 21 Cost. (Trib. Padova, ordinanza 1 ottobre 2009, Giud. Bellavitis, Lazzaro c. Società Gruppo Editoriale L’Espresso, Aida 2010, Repertorio I.16).

Non vi è ragione di differenziare la tutela delle norme sulla stampa in relazione al contenuto delle singole pagine web dalle quali sono composti i siti, così che i contenuti multimediali sono coperti dalle stesse garanzie di un normale articolo a stampa (Trib. Padova, ordinanza 1 ottobre 2009, Giud. Bellavitis, Lazzaro c. Società Gruppo Editoriale L’Espresso, Aida 2010, Repertorio I.16).

Secondo l’art. 13 co. 5 dlgs 163/2006 “sono esclusi il diritto di accesso ed ogni forma di divulgazione in relazione […] alle informazioni fornite dagli offerenti nell’ambito delle offerte […] che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”; secondo l’art. 13 co.6 dlgs 163/2006 “è comunque consentito l’accesso al concorrente che lo chiede in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso”; e quest’ultima norma non limita l’accesso cd difensivo alla sola visione degli atti, senza estrazione di copia, che è invece possibile (Cons. Stato 19 ottobre 2009, Pres. Varrone, Est. Garofoli, Ecolsud s.r.l. c. Istituto Zooprofilattico Sperimentale Puglia e Basilicata, Panda s.a.s. di Moncaniello Luigia & C., Aida 2010, Repertorio I.16).

La particolare tecnologia informatica di condivisione di file fra utenti della rete e l’utilizzo di protocolli di trasferimento dei file direttamente tra utenti (peer to peer) per la diffusione in rete di opere protette da diritto d’autore non esclude il reato dell’art. 171, comma 1, lett. a) l.a., in assenza di scopo di lucro, o dell’art. 171 ter, comma 2, lett. a-bis) in presenza di fine di lucro (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 1055, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Sunde Kolmisoppi Peter, Lundstrom Carl, Nelj Frederik, Svartholm Goyyfrid, Aida 2010, Repertorio I.16).

Il reato di diffusione dell’opera mediante la rete Internet con sistema peer to peer è imputabile al responsabile dell’uploading (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 1055, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Sunde Kolmisoppi Peter, Lundstrom Carl, Nelj Frederik, Svartholm Goyyfrid, Aida 2010, Repertorio I.16).

Risponde a titolo di concorso nel reato il sito web che non si limita a mettere a disposizione protocolli di comunicazione per lo scambio di file protetti da diritto d’autore secondo il sistema peer to peer, ma contemporaneamente indicizza le informazioni utili allo scambio (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 1055, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Sunde Kolmisoppi Peter, Lundstrom Carl, Nelj Frederik, Svartholm Goyyfrid, Aida 2010, Repertorio I.16).

Risponde a titolo di concorso nel reato il sito web che non si limita a mettere a disposizione protocolli di comunicazione per lo scambio di file protetti da diritto d’autore secondo il sistema peer to peer, ma agevola questo scambio attraverso la frammentazione dei file e la conseguente velocizzazione dell’attività di uploading, a nulla rilevando l’eventualità che il singolo frammento non presenti in sé i requisiti di opera dell’ingegno (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 1055, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Sunde Kolmisoppi Peter, Lundstrom Carl, Nelj Frederik, Svartholm Goyyfrid, Aida 2010, Repertorio I.16).

La presenza dell’hardware di un sito Internet al di fuori dei confini italiani non esclude (nemmeno sotto il profilo dell’ammissibilità di ordini di sequestro preventivo) la giurisdizione penale nazionale, ove risulti agevolato uno scambio di file contenenti opere protette da diritto d’autore effettuato anche da utenti italiani (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 1055, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Sunde Kolmisoppi Peter, Lundstrom Carl, Nelj Frederik, Svartholm Goyyfrid, Aida 2010, Repertorio I.16).

Il sequestro penale preventivo ha ad oggetto l’apprensione di una res non necessariamente materiale, e quindi può avere ad oggetto un sito web (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 1055, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Sunde Kolmisoppi Peter, Lundstrom Carl, Nelj Frederik, Svartholm Goyyfrid, Aida 2010, Repertorio I.16).

Gli effetti inevitabilmente anche inibitori delle attività di utilizzazione della res sequestrata (nella specie, un sito web) non escludono l’ammissibilità del sequestro penale preventivo (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 1055, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Sunde Kolmisoppi Peter, Lundstrom Carl, Nelj Frederik, Svartholm Goyyfrid, Aida 2010, Repertorio I.16).

E’ ammissibile un ordine penale inibitorio rivolto agli Internet Service Provider per bloccare gli accessi a siti web che favoriscono lo scambio illecito di file contenenti opere protette da diritto d’autore, purchè questo ordine sia proporzionato agli obiettivi di persecuzione dell’illecito e dunque rispettoso della garanzia costituzionale di libertà di espressione e manifestazione del pensiero, da ritenere estesa anche alla manifestazione del pensiero sulla rete Internet (Cass. Sez. III penale 23 dicembre 2009 n. 1055, Pres. Lupo, Est. Amoroso, Sunde Kolmisoppi Peter, Lundstrom Carl, Nelj Frederik, Svartholm Goyyfrid, Aida 2010, Repertorio I.16).

La detenzione di cd e dvd sprovvisti del contrassegno SIAE costituisce reato ai sensi dell’art. 171ter co. 1 lettera c) l.a. (che punisce la detenzione per la vendita di supporti provenienti da abusiva riproduzione o duplicazione) solo quando dagli atti risulti tale circostanza; nel caso di specie non solo gli operanti che hanno proceduto al sequestro non hanno evidenziato indici sintomatici che il materiale fosse frutto di una attività di abusiva duplicazione o riproduzione, ma emerge anche dalla consulenza tecnica della difesa che i cd e dvd sequestrati non erano nuovi, con la conseguenza che questi avrebbero potuto essere originali usati (e perciò privi del contrassegno SIAE) e destinati, come anche desumibile dal contesto in cui vennero sequestrati, al mercato collezionistico (Trib. Genova, 24 dicembre 2009, Giud. Lepri, Mario Rivera, Aida 2010, Repertorio I.16).

L’art. 171ter co. 1 lettera d) l.a., che punisce la detenzione per la vendita di supporti privi di contrassegno SIAE, deve essere disapplicato, per mancato perfezionamento della procedura di notifica della regola tecnica alla Commissione Europea (Trib. Genova, 24 dicembre 2009, Giud. Lepri, Mario Rivera, Aida 2010, Repertorio I.16).

Stante l’assoluzione dell’imputato dai capi di imputazione che precedono, deve essere ritenuta anche la materiale insussistenza del contestato reato di ricettazione (Trib. Genova, 24 dicembre 2009, Giud. Lepri, Mario Rivera, Aida 2010, Repertorio I.16).

La detenzione di videocassette munite di regolare timbro SIAE, ancorché recanti la dicitura “abbinamento editoriale” ma non accompagnate alle relative pubblicazioni, non costituisce violazione dell’art. 171ter co. 1 lett. d) l.a., che concerne le ipotesi di elusione dei diritti d’autore mediante la messa in vendita di prodotti privi di contrassegno o muniti di contrassegno contraffatto o alterato (Trib. Milano, 11 gennaio 2010, Giud. Ferrari da Passano, Marilena Caterina Bonomelli, Aida 2010, Repertorio I.16).

Deve altresì ritenersi inopponibile all’imputato l’obbligo di apposizione del contrassegno SIAE su supporti non cartacei, quale effetto della mancata comunicazione alla Commissione dell’Unione Europea di tale regola tecnica in adempimento della direttiva europea 83/179/CE, con conseguente declaratoria ex art. 469 c.p.p. di non doversi procedere perché il fatto non è previsto dalla legge come reato (e valendo tale inopponibilità per tutti i reati commessi fino al 21 aprile 2009, data di entrata in vigore del d.P.C.M. 23 febbraio 2009 n. 31, con cui è stato approvato il testo definitivo della regola tecnica oggetto del procedimento di notifica alla Commissione) (Trib. Milano, 11 gennaio 2010, Giud. Ferrari da Passano, Marilena Caterina Bonomelli, Aida 2010, Repertorio I.16).

La sentenza delle Sezioni Unite 47164/2005 (secondo la quale il reato di ricettazione di supporti audiovisivi non conformi alle prescrizioni legali non può concorrere con la violazione amministrativa prevista dall’art. 16 l. 248/2000) non può esplicare alcun effetto su di una sentenza di condanna per concorso nelle sopraccitate violazioni, poiché l’art. 673 c.p.p. (che disciplina la revoca della sentenza per abolizione del reato) opera solo nei casi in cui, a seguito di innovazione legislativa o di declaratoria di incostituzionalità, si verifichi una ipotesi di abrogazione esplicita o implicita di una norma, ma non quando l’eventuale abrogazione implicita derivi da un mutamento di indiretto giurisprudenziale o da una diversa interpretazione della normativa applicata alla sentenza di condanna (Cass. 1 agosto 2006 n. 27121, Pres. Fazzioli , Est. Chieffii, A.R., Aida 2009, Repertorio I.16).

Deve essere disposta la confisca di due elaboratori, di uno scanner e di una stampante, a mente dell’art. 171 sexies co. 2 l.a., e dell’art. 445 c.p.p., come modificato dall’art. 2 della l. 134/2003, in quanto trattasi di strumenti concretamente destinati all’attività di illegale duplicazione dei supporti audiovisivi e delle inerenti copertine, anche qualora tali strumenti non abbiano formato oggetto dell’accordo di “patteggiamento” intercorso fra imputato e pubblico ministero, poiché la confisca costituisce un atto dovuto per il giudice, non suscettibile di valutazioni discrezionali e sottratto alla disponibilità delle parti (Cass. 28 novembre 2006 n. 39116, Pres. Postiglione, Est. Sensini, Procuratore generale della Repubblica presso il Tribunale di Jesi c. M.M., Aida 2009, Repertorio I.16).

Sussiste il fine di lucro quando, pur non essendo previsto alcun pagamento per l’accesso ad un sito internet contenente le opere abusivamente riprodotte, è evidente che queste – per dimensioni e qualità – costituivano una importante attrattiva del sito stesso, in vista dell’aumento dei visitatori e quindi della rilevanza del sito medesimo per la vendita di inserzioni e di spazi pubblicitari (Trib. Milano, 19 marzo 2007, Est. Mambriani – Imp. M.G., Aida 2009, Repertorio I.16).

La copiatura di parte sostanziale di una banca di dati non costituisce violazione dell’art. 615ter c.p. (accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico), sia per la mancanza di un sistema di sicurezza a protezione del sito copiato, sia per l’impossibilità di qualificare il sito stesso come un sistema informatico (Trib. Milano, 19 marzo 2007, Est. Mambriani – Imp. M.G., Aida 2009, Repertorio I.16).

La copiatura di parte sostanziale di una banca dati non costituisce violazione dell’art. 640 ter c.p. (frode informatica), per l’assenza di alterazione del sistema informatico del sito copiato, e per la circostanza che l’operazione di intrusione nel sito altrui non ha determinato casualmente alcun profitto per l’agente né alcun danno per la vittima del reato, essendo invece questi ultimi collegati all’ulteriore condotta della pubblicazione dei contenuti sul sito e sull’agenda abusivi (Trib. Milano, 19 marzo 2007, Est. Mambriani – Imp. M.G., Aida 2009, Repertorio I.16).

L’offerta in vendita di libri di testo di cui sia stata espressamente vietata la commercializzazione, con sostituzione e contraffazione della copertina, costituisce reato ex art. 171 lett. a) l.a., che punisce la condotta di chi mette in vendita l’opera altrui prima che essa sia resa pubblica (includendosi nel divieto anche l’offerta in vendita di esemplari per cui la messa a disposizione del pubblico sia vietata, a nulla rilevando che altrove, presso altri soggetti, gli stessi libri fossero in libera vendita) (Cass. III penale 27 settembre 2007 n. 35632, Pres. Papa, Est. Mancini, P.M. Salsano. C.P., Aida 2009, Repertorio I.16).

Tra le fattispecie penali in cui il contrassegno è previsto come elemento negativo rientra quella di cui all’art. 171ter lett. d) l.a., ma non quella di cui all’art. 171ter lett. c) l.a., che non prevede come elemento essenziale tipico la mancanza del contrassegno SIAE; in tale ultimo caso la sua mancanza potrà essere valutata come mero indizio, ma non assurge ad elemento costitutivo della condotta (Cass. sez. III penale 12 febbraio 2008 n. 13816, Pres. Lupo, Est. Onorato, P.M. Montagna, Valentino S., Aida 2009, Repertorio I.16).

La proiezione in pubblico in una sala cinematografica di un’opera cinematografica destinata esclusivamente ad uso privato configura il reato di cui all’art. 171 lett. b) l.a. (Cass. Sez. III penale 2 aprile 2008 n. 13822, Imp. M.E., Aida 2009, Repertorio I.16).

I fatti previsti dall’art. 171ter co. 2 l.a. integrano ipotesi autonome di reato e non già circostanze aggravanti dei delitti di cui al primo comma del medesimo articolo (Cass. Sez. III penale 8 aprile 2008 n. 14435, Pres. Lupo, Est. Sensini, Procuratore generale della Repubblica della Corte d’appello di Ancona c. D.M., Aida 2009, Repertorio I.16).

E’ errata l’automatica ricomprensione di ogni ipotesi di commercializzazione di oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d’autore nella previsione dell’art. 171ter co. 2 l.a., poiché la norma in oggetto non richiama la condotta della detenzione per la vendita o commercializzazione a qualsiasi titolo di opere musicali prive del prescritto contrassegno SIAE (ipotesi invece autonomamente ed espressamente prevista dall’art. 171ter co. 1 lett. d) l.a.) (Cass. Sez. III penale 8 aprile 2008 n. 14435, Pres. Lupo, Est. Sensini, Procuratore generale della Repubblica della Corte d’appello di Ancona c. D.M., Aida 2009, Repertorio I.16).

Nel caso in cui sia stata contestata solo l’ipotesi di reato di cui all’art. 171ter co. 2 lett. d) l.a. [e non altre, quale quella di cui all’art. 171ter lett. c) l.a., che punisce non la mancanza di contrassegno SIAE ma chiunque detiene per la vendita supporti illecitamente duplicati o riprodotti, pur non avendo concorso alla duplicazione o alla riproduzione] l’imputato deve essere assolto perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, in quanto la Corte di giustizia CE – con sentenza emessa l’8 novembre 2007 nel procedimento C-20/05, Schwibbert – ha statuito che l’obbligo di apporre sui dischi compatti contenenti opere d’arte figurativa il contrassegno SIAE in vista della loro commercializzazione nello Stato membro interessato rientra nel novero delle “regole tecniche”, che devono essere notificate dallo Stato alla Commissione CE, con la conseguenza che qualora tali regole tecniche (come nel caso di specie) non siano state regolarmente notificate, esse non possono essere fatte valere nei confronti dei privati e devono essere disapplicate dal giudice nazionale (Cass. VII penale 29 maggio 2008 n. 21579, Pres. Rossi, Est. Franco, Boujlaib Youssef, Aida 2009, Repertorio I.16).

Per la configurabilità del reato di cui all’art. 171bis l.a. non è richiesto che la riproduzione del software sia finalizzata al commercio, né il dolo specifico del fine di lucro, essendo sufficiente il fine di profitto (Cass. Sez. III penale, 19 giugno 2008 n. 25104, Pres. Altieri – Est. Amoresano, P.M Di Popolo, Giorgio Melesi, Aida 2009, Repertorio I.16).

La detenzione e l’utilizzo di numerosi programmi software, illecitamente riprodotti in uno studio professionale, rende manifesta la sussistenza del reato previsto dall’art. 171bis l.a., sotto il profilo oggettivo e soggettivo (Cass. Sez. III penale, 19 giugno 2008 n. 25104, Pres. Altieri – Est. Amoresano, P.M Di Popolo, Giorgio Melesi, Aida 2009, Repertorio I.16).

Nella parte in cui l’art. 171bis co. 1 l.a. punisce la condotta di chi, a fine di profitto, importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti su supporti non contrassegnati dalla SIAE, la norma si incentra in via esclusiva sulla mancanza del contrassegno SIAE, con l’inevitabile conseguenza (alla luce della sentenza della Corte di giustizia CE 8 novembre 2007, nel caso Schwibbert) che non possa essere più ritenuta l’illiceità penale della condotta prevista (Cass. sez. III penale 24 giugno 2008 n. 34562, Pres. Vitalone, Est. Sarno, P.M. Salzano, Ybiche Drissia, Aida 2009, Repertorio I.16).

La sentenza della Corte di giustizia CE dell’8 novembre 2007 (caso Schwibbert) si riferisce alla disposizione di cui all’art. 171ter lett. d) l.a., ed alle altre disposizioni incentrate sull’apposizione del contrassegno come condizione di commercializzazione del supporto contenente opere dell’ingegno, ma non riguarda le violazioni sostanziali del diritto d’autore, come l’illecita duplicazione, la vendita o la detenzione per la vendita di supporti illecitamente duplicati, relativamente alle quali la mancanza del contrassegno assume solo un valore indiziario idoneo a suffragare, insieme con altri elementi, l’illiceità della condotta (Cass. sez. III penale 24 giugno 2008 n. 27764, Pres. Vitalone, Est. Petti, P.M. Salzano, Diop Papa Abdul, Aida 2009, Repertorio I.16).

Gli effetti della sentenza Schwibbert (Corte di giustizia CE 8 novembre 2007 proc. C-20/05) incidono solo sulle ipotesi di reato della l.a. in cui il contrassegno SIAE sia previsto come elemento strutturale della fattispecie criminosa, cioè sui reati di cui all’art. 171bis (eccettuata la prima ipotesi) e dell’art. 171ter co. 1 lett. d), ma non sui reati di cui all’art. 171ter co. 1 lett. a), b) e c), e 171ter co. 2, nei quali viene punita l’abusiva duplicazione, riproduzione di opere tutelate dal diritto d’autore o la loro detenzione per la vendita, pur senza avere concorso nella loro riproduzione (Cass. III penale 30 luglio 2008 n. 32068, Pres. Vitalone, Est. Petti, Fico Francesco c. Siae, Aida 2009, Repertorio I.16).

I titolari di un sito web adibito a “torrent tracker” (ossia, un sito che rende disponibili codici alfanumerici complessi tipo “torrent”, in grado di identificare univocamente i singoli file riproducenti opere dell’ingegno e di consentire agli utenti registrati sul sito di scambiare tra loro copie integrali o parziali dei file stessi) violano gli artt. 100 c.p. e 171ter co. 2 lettera abis) l.a., in quanto la funzione del sito è strettamente strumentale alla consumazione dello scambio dei file al di fuori delle fonti messe a disposizione dai detentori dei diritti d’autore (Trib. Bergamo, 1 agosto 2008, GIP Mascarino, P. Sunde Kolmisoppi, Aida 2009, Repertorio I.16).

Non può escludersi la competenza dell’autorità giudiziaria italiana quando, pur non essendo noto il luogo di consumazione delle singole condotte di illecito scambio, possa ritenersi che almeno una parte degli scambi coinvolga utenti di nazionalità italiana o comunque operanti in Italia (Trib. Bergamo, 1 agosto 2008, GIP Mascarino, P. Sunde Kolmisoppi, Aida 2009, Repertorio I.16).

E’ pacifico il fine di lucro ascrivibile agli indagati, costituendone indici sintomatici l’espressa previsione di sanzioni economiche agli utenti qualora disattendano le condizioni di utilizzo del sito, nonché l’ampio e articolato sfruttamento della pubblicità sulle pagine del sito stesso (Trib. Bergamo, 1 agosto 2008, GIP Mascarino, P. Sunde Kolmisoppi, Aida 2009, Repertorio I.16).

Da quanto premesso sussiste il concreto, attuale e consistente pericolo di reiterazione delle ipotizzate attività delittuose, non solo permanenti nell’attualità, ma programmaticamente destinate ad un sempre più ampio sviluppo, essendo dichiarato l’intento degli indagati di espandere vieppiù la portata delle proprie attività (Trib. Bergamo, 1 agosto 2008, GIP Mascarino, P. Sunde Kolmisoppi, Aida 2009, Repertorio I.16).

Deve pertanto essere ordinato il sequestro preventivo del sito tramite il quale sono commesse le violazioni dei diritti d’autore, disponendo che i fornitori di servizi internet, e segnatamente i provider operanti sul territorio dello stato italiano, inibiscano ai rispettivi utenti, anche a mente degli artt. 14 e 15 d.lgs. 70/2003 – l’accesso all’indirizzo del sito in questione, ai relativi alias e nomi di dominio presenti e futuri, nonché all’indirizzo IP statico associato ai nomi stessi nell’attualità e nel futuro (Trib. Bergamo, 1 agosto 2008, GIP Mascarino, P. Sunde Kolmisoppi, Aida 2009, Repertorio I.16).

L’uso da parte di un deejay della cd. “copia di lavoro” (cioè di una copia masterizzata contenente i singoli brani musicali da riprodurre nel corso della serata) non integra violazione dell’art. 171ter co. 1 lett. c e co. 2 lett. a ) l.a.; tale uso ha infatti natura personale, in quanto il supporto non viene realizzato dal deejay per fine di lucro ovvero per la cessione a terzi (Trib. Napoli, 19 agosto 2008, Giud. Di Salvo – Imp. XXYY, Aida 2009, Repertorio I.16).

La “copia di lavoro” del deejay è legittimamente priva del contrassegno SIAE, in quanto tale mezzo non è previsto per la “copia di lavoro” personale, ma esclusivamente per regolarizzare la vendita e/o la distribuzione del prodotto (Trib. Napoli, 19 agosto 2008, Giud. Di Salvo – Imp. XXYY, Aida 2009, Repertorio I.16).

La pubblica esecuzione di brani musicali in una discoteca attraverso il mezzo meccanico potrà essere attribuita responsabilmente soltanto a colui che – preventivamente – accede al permesso SIAE (cioè al proprietario o al gestore della discoteca) e non certo al deejay che, per passione o per lavoro, presta la propria attività (Trib. Napoli, 19 agosto 2008, Giud. Di Salvo – Imp. XXYY, Aida 2009, Repertorio I.16).

Esclusa la sussistenza dei reati previsti dall’art. 171ter co. 1 lett. c) e co. 2 lett. a) l.a., discende l’insussistenza anche del reato di ricettazione, non soltanto perché difetta l’elemento della fattispecie integrato dalla provenienza dei beni da delitto, ma anche perché – avendo l’imputato duplicato egli stesso i CD musicali dai dischi originali in suo possesso – difetta l’ulteriore elemento costitutivo della fattispecie integrato dall’acquisto o dalla ricezione da altri, a qualsiasi titolo, dei beni stessi (Trib. Napoli, 19 agosto 2008, Giud. Di Salvo – Imp. XXYY, Aida 2009, Repertorio I.16).

Deve escludersi la rilevanza penale ai sensi dell’art. 171bis l.a. della detenzione di supporti contenenti programmi multimediali, al fine di porli in commercio, non recanti il contrassegno SIAE, alla luce della sentenza 8 novembre 2007 della Corte di giustizia CE (caso Schwibbert), secondo la quale la violazione della procedura di notifica della regola tecnica relativa al contrassegno SIAE, vanificando l’obbligo di apposizione del medesimo, ha come ulteriore e necessitato effetto quello di rendere inefficace ab origine anche la disposizione sanzionatoria dell’art. 171bis l.a nella parte indicata, in quanto finalizzata in via specifica ed esclusiva ad assicurare l’effettivo rispetto dell’obbligo (Cass. Sez. penale, 3 settembre 2008 n. 34562, Imp. Y.D., Aida 2009, Repertorio I.16).

Sussiste il fumus delicti (quantomeno secondo la tipicità dell’art. 171 co. 1 lett. abis l.a.), alla luce di quanto evidenziato dalla Guardia di Finanza, che riferisce di un elevatissimo numero di contatti al sito www.thepiratebay.org registrati sul territorio nazionale, e finalizzati all’acquisizione in rete di beni protetti dal diritto d’autore, in violazione delle norme a presidio dello stesso (Trib. Bergamo, 3 ottobre 2008, Pres. Massa, Est. Storto Peter Sunde Kolmisoppi, Aida 2009, Repertorio I.16).

A nulla rileva il fatto che tali beni non siano nella diretta disponibilità degli indagati, ma collocati in archivi contenuti in apparecchi elettronici di altri soggetti, dal momento che solo le informazioni contenute nel sito in questione consentono la realizzazione dei contatti (Trib. Bergamo, 3 ottobre 2008, Pres. Massa, Est. Storto Peter Sunde Kolmisoppi, Aida 2009, Repertorio I.16).

Sussiste il periculum, dovendosi osservare che l’elevatissimo numero di connessioni rilevate induce a ritenere in via probabilistica l’attualità della commissione del delitto ipotizzato (Trib. Bergamo, 3 ottobre 2008, Pres. Massa, Est. Storto Peter Sunde Kolmisoppi, Aida 2009, Repertorio I.16).

All’affermazione della sussistenza del fumus e del periculum deve far seguito anche l’affermazione della sussistenza della giurisdizione italiana (Trib. Bergamo, 3 ottobre 2008, Pres. Massa, Est. Storto Peter Sunde Kolmisoppi, Aida 2009, Repertorio I.16).

Poiché le misure cautelari – e segnatamente i sequestri, secondo l’ordinamento processuale penale – hanno carattere di numerus clausus, non conoscendo il codice di rito un istituto atipico quale quello previsto dall’art. 700 c.p.c., e poiché inoltre la misura cautelare del sequestro preventivo si può realizzare solo tramite apprensione della cosa oggetto del provvedimento, deve essere censurato il decreto che ordini a soggetti estranei al reato (nella specie, ISP) di inibire ogni collegamento al sito da parte di terze persone (dal momento che tale ordine si risolve in una misura obbligatoria sostanzialmente assimilabile ad una inibitoria atipica, anziché in una misura reale come dovrebbe essere il sequestro) (Trib. Bergamo, 3 ottobre 2008, Pres. Massa, Est. Storto Peter Sunde Kolmisoppi, Aida 2009, Repertorio I.16).

A seguito della sentenza 25 maggio 2007, Dalvit, della Suprema Corte risulta coperta da giudicato la questione concernente l’inquadramento nell’ambito della previsione normativa dell’art. 171ter lett. d) l. 22 aprile 1941 n. 633 della condotta di elusione o violazione di misure tecnologiche di protezione poste a tutela di supporti contenenti programmi multimediali, già prima dell’introduzione nell’art. 171ter della lett. f bis) ad opera del d.lgs. 68/03, così che il giudice di rinvio deve limitarsi a determinare il trattamento sanzionatorio della condotta stessa (Cass. sez IV penale 5 dicembre 2008 n. 1243, Pres. Campanato, Est. Amendola, P.M. De Sandro, Dalvit, Aida 2009, Repertorio I.16).

Integra il reato previsto e punito dall’art. 171 ter co. 1 lett. a)  l.a. la condotta di chi custodisca nel proprio negozio videogiochi illegalmente masterizzati (il rinvenimento delle opere in tal luogo bastando a confortare l’ipotesi accusatoria secondo cui la duplicazione era stata effettuata per uso  “non personale”) (Trib. Bassano Del Grappa, 16 agosto 2005, G.U. Andreazza, Basso, Aida 2008, Repertorio I.16).

Non integra reato la custodia presso la propria abitazione di videogiochi illegittimamente masterizzati, quando non siano provati né l’illecita duplicazione da parte dell’imputato (provabile solo se percepita in flagranza) né il fine dell’uso non personale (Trib. Bassano Del Grappa, 16 agosto 2005, G.U. Andreazza, Basso, Aida 2008, Repertorio I.16).

La detenzione di videogiochi regolarmente acquistati ma privi del contrassegno SIAE non costituisce reato ai sensi dell’art. 171ter co. 1 lett. d) l.a., quando non sia raggiunta la prova che tali contrassegni non fossero mai stati presenti sui medesimi videogiochi (ben potendo essere autorizzata dalla SIAE l’apposizione del contrassegno sull’involucro esterno della confezione, con conseguente possibile rimozione del contrassegno al momento dell’apertura della confezione) (Trib. Bassano Del Grappa, 16 agosto 2005, G.U. Andreazza, Basso, Aida 2008, Repertorio I.16).

La mera detenzione di compact disc originali, anche ove effettivamente finalizzata al noleggio senza regolare autorizzazione, non integra il reato previsto e punito dall’art. 171quater lett. a) l.a., in mancanza della prova dell’intervenuto accordo con terzi relativamente al noleggio a loro favore (Trib. Bassano Del Grappa, 16 agosto 2005, G.U. Andreazza, Basso, Aida 2008, Repertorio I.16).

E’ riconducibile ad un’attrezzatura avente la prevalente finalità o l’uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di protezione, ai sensi dell’art. 171ter lett. f) bis l.a., una consolle play station 2 rigenerata, che permetta tramite l’inserimento di un microchip la lettura di dischi masterizzati o di copie non autorizzate (Trib. Bassano Del Grappa, 16 agosto 2005, G.U. Andreazza, Basso).Il download su server ftp e dallo stesso sui computer delle persone che si collegano al sito implica necessariamente la duplicazione delle opere dell’ingegno protette dal diritto d’autore oggetto dell’operazione, configurando pertanto violazione degli artt. 171 bis e 171 ter l.a. (Cass. 9 gennaio 2007 n. 149, Pres. Vitalone, Est. Lombardi, R.E., F.C. c. SIAE, FAPAV, Aida 2008, Repertorio I.16).

Le espressioni “fini di lucro”  e “per trarne profitto” utilizzate negli artt. 171bis e 171 ter l.a. non sono equivalenti, ma esplicano invece la specifica funzione di modificare la soglia di punibilità del medesimo fatto, ampliandola allorché è stata utilizzata l’espressione “a scopo di profitto” e restringendola allorché il fatto è stato previsto come reato solo se commesso a “fini di lucro” (Cass. 9 gennaio 2007 n. 149, Pres. Vitalone, Est. Lombardi, R.E., F.C. c. SIAE, FAPAV, Aida 2008, Repertorio I.16).

Il giudicato penale che, pur accertando la prescrizione dei reati (nella specie, relativi alla illecita duplicazione di programmi per elaboratore), si pronunci anche nel merito negando la sussistenza del fatto, fa stato nel giudizio civile (Trib. Bari, 14 marzo 2007, G.U. Monteleone, Nike s.n.c. di De Marco & C.  c. Computer e consulenza s.r.l., Aida 2008, Repertorio I.16).

La semplice copiatura non autorizzata di pagine HTML di un sito non integra il reato di cui all’art. 615ter c.p. (accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico), poiché il sito oggetto di estrazione non era protetto da alcun sistema di sicurezza né si è verificata alcuna intrusione nel sistema del sito (Trib. Milano, 19 marzo 2007, Imp. M.G., Aida 2008, Repertorio I.16).

La semplice copiatura non autorizzata di pagine HTML di un sito non integra il reato di cui all’art. 640 ter c.p. (frode informatica), quando da una parte non vi è stata alcuna alterazione del sistema informatico del sito né alcun intervento su dati inseriti in quel sistema, e dall’altra parte l’operazione di copiatura di per sé non ha determinato causalmente alcun profitto per il soggetto agente né alcun danno per la parte offesa, essendo il profitto ed il danno collegati invece all’ulteriore condotta della pubblicazione (Trib. Milano, 19 marzo 2007, Imp. M.G., Aida 2008, Repertorio I.16).

Ai sensi dell’art. 171bis co. 1 l.a., come modificato dalla l. 248/2000, costituisce reato l’abusiva detenzione per scopo di profitto di programmi per elaboratore, anche quando avvenga per finalità imprenditoriali (in luogo della mera detenzione per scopo commerciale a cui si faceva riferimento nella precedente versione della norma) (Trib. Crotone, 2 luglio 2007, Aida 2008, Repertorio I.16).

La prova del reato deve tuttavia ritenersi mancante, insufficiente o contraddittoria ai sensi dell’art. 530 co.2 c.p.p. quando presso la società dell’imputato, che gestisce corsi di informatica, i programmi per elaboratore rinvenuti negli oltre settanta elaboratori della società siano regolarmente licenziati, come anche i programmi utilizzati per l’attività amministrativa e gestionale dell’impresa, essendo invece irregolari solo quelli di pitturazione e fotografia detenuti nel personal computer dell’amministratore unico, per i quali tuttavia non risulti acquisita la prova puntuale che tali ultimi programmi fossero utilizzati nell’ambito dell’attività imprenditoriale svolta (Trib. Crotone, 2 luglio 2007, Aida 2008, Repertorio I.16).

Le violazioni o elusioni di misure tecnologiche di protezione sono sanzionate in via generale dall’art. 171 ter lett. f bis) l.a., mentre il co. 1 dell’art. 171 bis l.a. è una norma specifica di tutela dei programmi per elaboratore (Cass. 3 settembre 2007 n. 33768, Pres. Vitalone, Est., Marini, P.M. Meloni, Procuratore generale App. Trento-Bolzano c. Dalvit, Sony Computer Entertainment Europe Limited, Aida 2008, Repertorio I.16).

La lett. f bis) dell’art. 171 ter l. a.  non ha introdotto una fattispecie incriminatrice nuova, limitandosi a chiarire la fattispecie incriminatrice precedente di cui all’art. 171 ter lett. d) l.a.  (Cass. 3 settembre 2007 n. 33768, Pres. Vitalone, Est., Marini, P.M. Meloni, Procuratore generale App. Trento-Bolzano c. Dalvit, Sony Computer Entertainment Europe Limited, Aida 2008, Repertorio I.16).

La direttiva 98/34/CE deve essere interpretata nel senso che disposizioni nazionali come quelle italiane, in quanto abbiano stabilito dopo l’entrata in vigore della direttiva l’obbligo di apporre il contrassegno Siae su CD contenenti opere d’arte figurativa in vista della loro commercializzazione in Italia, costituiscono una regola tecnica che, qualora non sia stata notificata alla Commissione, non può essere fatta valere nei confronti di un privato (Corte giustizia CE 8 novembre 2007, in causa C -20/051, Aida 2008, 1189/1).

Fino al momento in cui sarà perfezionata la procedura di notifica delle relative regole tecniche alla Commissione ai sensi delle direttive 189/1983, 34/1998 e 48/1998/CE il giudice nazionale deve disapplicare tutte le disposizioni normative che dopo l’entrata in vigore della direttiva 98/1983 hanno introdotto la necessità del timbro Siae per le varie tipologie di supporti a tutela di interessi pubblicistici e per la verifica dell’originalità del prodotto: anche se la contraffazione dell’opera resta tuttavia tale ed illecita (Cass. 2 aprile 2008 n. 13810, Aida 2008, 1199/1).

La sentenza 8 novembre 2007 della Corte di Giustizia (procedimento C-20/05) considera implicitamente la disposizione della direttiva 83/189/CEE che impone l’obbligo di comunicare la regola tecnica come una norma «ad effetto diretto», la cui  applicazione non è condizionata ad ulteriori interventi normativi nazionali (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/1).

L’obbligo imposto dalla direttiva 83/189/CEE di comunicare alla Commissione Europea le regole tecniche introdotte nell’ordinamento nazionale vale per quelle istituite dopo il 31 marzo 1983, data di entrata in vigore della direttiva, e non solo per quelle istituite dopo l’entrata in vigore della legge nazionale di recepimento del 21 giugno 1986  (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/2).

Per i contrassegni SIAE relativi ai supporti cartacei si applica la disciplina regolamentare di cui all’art. 12 r.a.; per i contrassegni relativi ai supporti non cartacei prodotti prima della entrata in vigore della legge 248/00 (e quindi fino al 19 settembre 2000) si applica la disciplina derivante dagli accordi stipulati tra la SIAE e le associazioni di categoria interessate, implicitamente riconosciuti dal d.l. 9/87, convertito nella l. 121/87, dal d.lgs. 518/92, dal d.lgs. 685/94 e dal d.lgs. 169/99; per i contrassegni relativi ai supporti non cartacei prodotti successivamente al 19 settembre 2000 si applica la disciplina introdotta dall’art. 181 bis l.a. e dal relativo regolamento esecutivo (D.P.C.M. 338/01 e succ. mod.) (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/3).

Il contrassegno SIAE relativo ai supporti contenenti fonogrammi, videogrammi o sequenze di immagini in movimento, in quanto disciplinato da norme comunque successive alla data del 31 marzo 1983, era soggetto all’obbligo di previa comunicazione alla Commissione della Comunità Europea  (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/4).

In mancanza di comunicazione della legge che impone il contrassegno Siae, della legge che prescrive l’uso del contrassegno Siae, questa non può essere fatta valere nei confronti dei privati  (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/5).

Dopo la sentenza  8 novembre 2007 della Corte di Giustizia (procedimento C-20/05), ogni qual volta il contrassegno SIAE sia configurato come elemento negativo della fattispecie penale (ovverosia ogni volta che la mancanza del contrassegno obbligatorio sia prevista fra gli elementi tipici del reato), spetta al pubblico ministero la prova che la previsione del contrassegno sia anteriore alla data del 31 marzo 1983, ovvero che – se posteriore a quella data – essa sia stata regolarmente comunicata alla Commissione Europea  (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/6).

La sentenza  8 novembre 2007 della Corte di Giustizia (procedimento C-20/05) non incide sulla fattispecie penale di cui all’art. 171 ter lett. c) l.a. (nel testo modificato dalla l. 248/00), perché non prevede come elemento essenziale tipico la mancanza del contrassegno SIAE, ma punisce soltanto chiunque detiene a fini commerciali supporti illecitamente duplicati o riprodotti, pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione (in tali casi la mancanza di contrassegno può essere valutata come indizio della illecita duplicazione o riproduzione, senza assurgere al ruolo di elemento costitutivo della condotta) (Cass. 2 aprile 2008 n. 13816, Aida 2008, 1200/7).

Il danno morale risarcibile quando la violazione del diritto d’autore integra la fattispecie del reato dell’art. 171 c.p.c. può essere liquidato equitativamente (nella specie, in misura pari alla metà del danno patrimoniale) (Trib. Catania, 1 ottobre 2007, Aida 2008, 1232/5).

E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 171octies l.a. introdotto dalla l. 248/2000, nella parte in cui prevede la sanzione penale, anziché quella amministrativa ex art. 6 dlgs. 373/2000, per l’utilizzo privato di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato, relativamente al periodo che va dall’entrata in vigore del citato art. 171octies fino all’entrata in vigore della legge 22/2003 (Corte cost. 29 dicembre 2004 n. 426, Aida 2007, 1129/1).

La valutazione circa la liceità ex art. 171bis l.a. della detenzione senza licenza di un programma per elaboratore da parte del titolare di uno studio fotografico deve essere effettuata sulla base dell’insieme degli elementi della condotta, e non sulla base della incerta prova della successiva utilizzazione (nel caso di specie, l’imputato è stato ritenuto colpevole in quanto la detenzione era caratterizzata dallo scopo imprenditoriale e di profitto, perché il computer su cui il programma era stato installato era aziendale, il programma atteneva all’oggetto dell’attività aziendale, il computer era a disposizione di un amico-collaboratore che aveva concretamente utilizzato il programma) (Trib. Verbania, 13 marzo 2006, Giud. Terzi, Vincenzo Franza, Aida 2007, Repertorio I.16).

L’art. 26 co. 7bis dlgs. 286/98 (che comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l’espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica a seguito di condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalla l. 633/1941) non opera rispetto alle condanne per reati commessi in epoca anteriore alla sua entrata in vigore, in ossequio ai principi di favor rei e colpevolezza, che sono principi generali del nostro ordinamento in materia di sanzioni di diritto pubblico, ovvero di effetti amministrativi aventi natura sanzionatoria, a maggior ragione quando tali effetti si colleghino alla commissione di illeciti penali (Tar Puglia sede di Bari, 28 maggio 2006, Pres. Durante , Est. Bellomo, Samb Tala c. Ministero dell’Interno, Questura di Bari, Aida 2007, Repertorio I.16).

L’attività di illecita fotocopiatura di opere protette da diritto d’autore costituisce reato in base all’art. 171 La. ed obbliga al risarci­mento dei danni morali (nella specie, liquidati in misura pari a 30.000 euro) (Trib. Milano, 8 giugno 2006, G.U. Nardo, Egea s.p.a., Il Mulino s.p.a., Giuffrè Editore s.p.a., AIDRO Associazione Italiana per i Diritti di Riproduzione delle Opere dell’Ingegno c. Copy & Copy di Giovanna Vimercati, Aida 2007, Repertorio I.16).

Concorre nel reato ex art. 171 comma 1 lett. a-bis) l.a. chi mette a disposizione le informazioni (indicazione dei link ove scaricare il software ed istruzioni per ricevere le immagini in modalità “streaming”) necessarie per reperire in rete le immagini di partite di calcio rese illecitamente visibili in territorio italiano da un sito Internet con server localizzato in Cina. (Cass. 10 ottobre 2006 n. 33945, Aida 2007, 1139/1).

E’ responsabile del reato di truffa aggravata ex art. 640 c.p. il soggetto che inserisca nel programma musicale depositato alla SIAE (cd. borderò) brani musicali diversi da quelli effettivamente eseguiti, al fine di ottenere una indebita percezione di diritti d’autore, dal momento che la parte lesa risulta essere un ente pubblico quale la SIAE (nella specie, l’imputato aveva falsamente dichiarato di aver eseguito brani musicali di propria titolarità) (Tribunale di Roma, 26 gennaio 2007, Giud. Agrimi, Ivan Galea, Maria Antonietta Coppola, Aida 2007, Repertorio I.16).

La falsa attestazione di aver eseguito brani musicali diversi da quelli effettivamente eseguiti viola anche l’art. 171 l.a., che tutela il diritto morale d’autore sulle opere abusivamente eseguite (Tribunale di Roma, 26 gennaio 2007, Giud. Agrimi, Ivan Galea, Maria Antonietta Coppola, Aida 2007, Repertorio I.16).

La falsa attestazione di aver eseguito nel corso di manifestazioni musicali dal vivo determinati brani musicali, effettuata nella compilazione dei programmi musicali depositati alla SIAE, non costituisce reato né ai sensi dell’art. 483 c.p. né ai sensi dell’art. 479 c.p., poiché questi programmi sono atti di natura privatistica (Tribunale di Roma, 26 gennaio 2007, Giud. Agrimi, Ivan Galea, Maria Antonietta Coppola, Aida 2007, Repertorio I.16).

Non risulta provato il reato ex art. 494 c.p. quando l’identificazione del direttore di esecuzioni di manifestazioni musicali dal vivo risulti impossibile perché i dati relativi al medesimo riportati nel programma musicale depositato alla SIAE siano incompleti, inesatti o non corrispondenti a soggetti esistenti (Tribunale di Roma, 26 gennaio 2007, Giud. Agrimi, Ivan Galea, Maria Antonietta Coppola, Aida 2007, Repertorio I.16).

Il tribunale penale chiamato a pronunciare in un giudizio cautelare di rinvio dalla Corte di cassazione deve applicare il principio di diritto che essa ha enunciato, e secondo cui la ripresa delle partite calcistiche non è necessariamente esclusa dalla categoria delle opere dell’ingegno protette ma può al contrario costituire astrattamente una elaborazione creativa tutelata dal diritto d’autore, senza necessità di verificare se nel caso concreto essa abbia il necessario carattere creativo (Trib. Milano, ordinanza 20 febbraio 2007, Aida 2007, 1183/1).

Il giudizio di garanzia promosso dal committente nei confronti di chi ha realizzato su commissione una banca dati che si riveli violazione di diritti d’autore di terzi non è pregiudiziale rispetto al giudizio tra i terzi ora detti ed il committente, onde questo giudizio non deve essere sospeso ex art. 295 c.p.c. in attesa della definizione del primo (Trib. Roma, 13 luglio 2004, Aida 2006, 1076/2).

L’art. 171ter co. 2 lett. a) l.a. punisce una fattispecie autonoma rispetto a quella prevista dall’art. 171ter co.1: e così tra l’altro (a differenza di quest’ultimo articolo) non richiede esplicitamente il fine di lucro e l’uso non personale dell’opera protetta quali elementi della condotta illecita: che sono tuttavia previsti in re ipsa in ragione del numero elevato di copie contraffatte (pari a 50) richiesto per il perfezionamento della fattispecie. (Cass. 4 ottobre 2004 n. 38723, Aida 2006, 1068/1).

L’art. 171quater l.a. punisce il noleggio di opere tutelate ma non la semplice detenzione a questo fine. (Cass. 10 febbraio 2005 n. 6339, Aida 2006, 1069/1)

Nel caso di uso abusivo di programmi per elaboratore, sia da parte di un privato, sia da parte di un imprenditore, si configura solo una sanzione amministrativa ex art. 174ter l.a., poiché lo “scopo imprenditoriale” richiesto dall’art. 171ter co. 2 l.a. (sic) si riferisce alla condotta di chi commette il fatto esercitando in forma imprenditoriale attività di riproduzione, distribuzione, vendita o commercializzazione, importazione di opere tutelate dal diritto d’autore (Trib. Bolzano, 31 marzo 2005, GIP Burei, Imp. F. Vaccari, Aida 2006, Repertorio I.16).

La prova del dolo di cui all’art. 171bis l.a. non può essere desunta dal semplice possesso di un cd privo di contrassegni SIAE o di etichette originali, essendo invece necessario risalire alla fonte del programma sino ad ottenere la prova dell’acquisizione illecita (Trib. Bolzano, 31 marzo 2005, GIP Burei, Imp. F. Vaccari, Aida 2006, Repertorio I.16).

La detenzione per la vendita e la messa in commercio di chip o altri sistemi idonei a realizzare modifiche di varie console per videogiochi, nonché l’installazione di tali chip sulle console inviate dai clienti costituisce violazione dell’art. 171ter lett fbis) l.a. poiché la console è costituita non solo da un hardware ma anche da un software, con la conseguenza che essa rientra nella tutela garantita dal diritto d’autore (art. 64bis l.a.) e che il trasferimento del diritto di proprietà ad esso relativo avviene nei limiti degli usi previsti dal venditore ed accettati dall’acquirente al momento dell’acquisto (Trib. Bolzano, 31 marzo 2005, Giud. Vitalini, Oscar Dalvit c. Computer Entertainment Europe Limited, Aida 2006, Repertorio I.16).

Il videogioco ha natura di opera dell’ingegno, tutelata non dall’art. 171bis l.a. bensì dall’art. 171ter lett. fbis) l.a. (Trib. Bolzano, 31 marzo 2005, Giud. Vitalini, Oscar Dalvit c. Computer Entertainment Europe Limited, Aida 2006, Repertorio I.16).

Non valgono a dimostrare la prevalenza degli usi legittimi ai fini dell’art. 171ter lett. fbis) l.a. né la circostanza che la console modificata consenta di leggere dischi d’importazione (non essendo tale uso legittimo per  il divieto di importazione extracomunitaria di opere dell’ingegno di cui all’art. 17 l.a.), né la circostanza che l’art. 71sexies l.a. consenta all’acquirente di realizzare una copia per fini privati (non essendo comunque legittima, neppure per effettuare tale copia, la rimozione del dispositivo che ne impedisce la lettura sulla console) (Trib. Bolzano, 31 marzo 2005, Giud. Vitalini, Oscar Dalvit c. Computer Entertainment Europe Limited, Aida 2006, Repertorio I.16).

La custodia di giochi masterizzati presso i locali di un negozio costituisce circostanza idonea a dimostrare che la duplicazione abusiva è avvenuta per uso non personale, e dunque integra il reato di cui all’art. 171ter co. 1 l.a. (mentre diversamente deve concludersi con riguardo ai giochi masterizzati rinvenuti presso l’abitazione personale del titolare del negozio) (Trib. Bassano Del Grappa, 18 agosto 2005, Giud. Andreazza, P.M. Parolin, Antonio Basso c. F.A.P.A.V., Sony Computer Entertainment Europe Limited, Aida 2006, Repertorio I.16).

Per l’integrazione del reato previsto dall’art. 171ter co. 1 lett.d) l.a., relativo alla detenzione di supporti privi del contrassegno SIAE, è necessario provare che i contrassegni non siano mai stati legittimamente apposti sui supporti in oggetto (potendo altrimenti la mancanza del contrassegno essere dovuta ad autorizzazione da parte della SIAE, ai sensi dell’art. 3 co. 3 del regolamento 338/2001, ovvero a perdita o danneggiamento accidentale) (Trib. Bassano Del Grappa, 18 agosto 2005, Giud. Andreazza, P.M. Parolin, Antonio Basso c. F.A.P.A.V., Sony Computer Entertainment Europe Limited, Aida 2006, Repertorio I.16).

L’art. 171quater lett. a) l.a. punisce solo la abusiva concessione in noleggio di supporti contenenti opere dell’ingegno, mentre risulta penalmente irrilevante il mero fatto della detenzione per noleggio (Trib. Bassano Del Grappa, 18 agosto 2005, Giud. Andreazza, P.M. Parolin, Antonio Basso c. F.A.P.A.V., Sony Computer Entertainment Europe Limited, Aida 2006, Repertorio I.16).

E’ vitata ai sensi dell’art. 171ter lett. fbis) l.a. la detenzione per scopo commerciale di una console PlayStation 2 rigenerata, poiché quest’ultima ha l’uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di protezione (Trib. Bassano Del Grappa, 18 agosto 2005, Giud. Andreazza, P.M. Parolin, Antonio Basso c. F.A.P.A.V., Sony Computer Entertainment Europe Limited, Aida 2006, Repertorio I.16).

La fattispecie di cui all’art. 6 del d.lgs. 373/2000, presidiata da semplice sanzione amministrativa, deve ritenersi speciale rispetto alla fattispecie prevista dall’art. 171octies l.a., contemplando quali elementi specializzanti il fine di commercio nonché la fornitura a pagamento del servizio ad accesso condizionato (nella specie, trasmissioni televisive) , e deve pertanto applicarsi in via esclusiva (Cass. Sez. S.U. 20 febbraio 2003 n. 8545, Pres. Trojano, Est. Gironi, P.M. Palombarini, Scuncia, Aida 2005, Repertorio I.16).

Paradossalmente, l’ambito di applicabilità dell’art. 171octies l.a. è limitato ai comportamenti realizzati nella sfera privata del soggetto agente, nonostante che la sanzione prevista da questa norma sia più grave di quella sancita dall’art. 8 d.lgs. 373/2000, che pure concerne condotte di evidente maggior disvalore giuridico e sociale, poiché attuate a scopo di lucro (Cass. Sez. S.U. 20 febbraio 2003 n. 8545, Pres. Trojano, Est. Gironi, P.M. Palombarini, Scuncia, Aida 2005, Repertorio I.16).

L’art. 615 quater c.p. riguarda condotte diverse rispetto a quelle previste dagli artt. 171octies l.a. e 6 dlgs 373/2000, nei cui confronti, in ogni caso, prevarrebbe la previsione dell’art. 171octies l.a., ove questa non fosse stata esclusa dalla sopravvenienza del d.lgs. 373/2000 (Cass. Sez. S.U. 20 febbraio 2003 n. 8545, Pres. Trojano, Est. Gironi, P.M. Palombarini, Scuncia, Aida 2005, Repertorio I.16).

Trattandosi di strumenti serviti e destinati a commettere il reato ex art. 171ter l.a., la confisca dei masterizzatori e dei lettori di cd (nella specie: già sequestrati) costituisce atto dovuto per il giudice, non suscettibile di valutazioni discrezionali e sottratta alla disponibilità delle parti, di cui l’imputato deve tenere comunque conto nell’operare la scelta eventuale del patteggiamento (Cass. Sez. III penale 27 marzo 2003 n. 14327, Pres. Vitalone, Est. Fiale, Imp. Giordano, Aida 2005, Repertorio I.16).

Dopo l’entrata in vigore della l.248/2000, l’art. 171 l.a. non è più applicabile quando ricorre l’applicazione dell’art. 171bis e/o dell’art. 171ter l.a. (rimanendo pertanto escluso il concorso formale fra reati) (Cass. pen. 17 aprile 2003 n. 18320, Pres. Vitalone, Est. Onorato, P.M. Favalli, Tedeschi, Aida 2005, Repertorio I.16).

Colui che abbia concorso nella abusiva duplicazione o riproduzione non deve rispondere anche della successiva commercializzazione o diffusione dell’opera abusivamente duplicata o riprodotta, giacchè la commercializzazione o diffusione dell’opera viene configurata dal legislatore come «post factum» non punibile (Cass. pen. 17 aprile 2003 n. 18320, Pres. Vitalone, Est. Onorato, P.M. Favalli, Tedeschi, Aida 2005, Repertorio I.16).

L’art. 171 l.a. vieta a chi non ne abbia diritto qualsiasi diffusione e quindi anche quella radiotelevisiva (essendo la radiodiffusione una forma specifica di diffusione) (Cass. pen. 17 aprile 2003 n. 18320, Pres. Vitalone, Est. Onorato, P.M. Favalli, Tedeschi, Aida 2005, Repertorio I.16).

Non ha alcun fondamento normativo la pretesa distinzione fra una diffusione primaria o diretta, che avrebbe per oggetto l’opera musicale (e sarebbe l’unica vietata) e una diffusione secondaria o indiretta, che avrebbe per oggetto l’esecuzione dell’opera già fissata in un supporto meccanico (e sarebbe consentita) (Cass. pen. 17 aprile 2003 n. 18320, Pres. Vitalone, Est. Onorato, P.M. Favalli, Tedeschi, Aida 2005, Repertorio I.16).

La sanzione penale prevista dall’art. 127 dlgs 490/1999 della contraffazione di opere d’arte si applica anche alle opere di autori viventi la cui esecuzione risalga a meno di 50 anni (Cass. 20 maggio 2003 n. 22038, Pres. Savignano, Est. Novarese, P.M. Iacovello, Pludwinski Daniel c. Fondazione «Lucio Fontana» e SIAE, Aida 2005, Repertorio I.16).

 La confisca ex art. 127 dlgs 490/1999 rientra tra quelle obbligatorie concernenti le cose di cui siano vietati in modo assoluto l’uso e l’alienazione (Cass. 20 maggio 2003 n. 22038, Pres. Savignano, Est. Novarese, P.M. Iacovello, Pludwinski Daniel c. Fondazione «Lucio Fontana» e SIAE, Aida 2005, Repertorio I.16).

Il d.lgs. 685/1994 non ha realizzato alcuna abolito criminis, ma una semplice riformulazione e risistemazione organica della materia sotto la legge 633/1941 (Cass. sez. III pen. 1 luglio 2003 n. 28170, Pres. Savigno, Est. Fiale , Imp. L.G., Aida 2005, Repertorio I.16).

In particolare, il precetto contenuto nella lett. c) dell’art. 171ter l.a. si limita a confermare l’opzione legislativa già adottata dall’art. 2 della l. 121/1987, perseguendo lo scopo di garantire la trasparenza del mercato e la legittimità della circolazione dei supporti audiovisivi, agevolando la repressione della pirateria fono-videografica rendendo gli illeciti immediatamente percettibili già attraverso la semplice rilevazione della mancanza del prescritto contrassegno (Cass. sez. III pen. 1 luglio 2003 n. 28170, Pres. Savigno, Est. Fiale , Imp. L.G., Aida 2005, Repertorio I.16).

L’art. 14 della l. 248/2000, prevedendo espressamente, tra le condotte sanzionate, anche quella della detenzione per la vendita o la distribuzione, non contiene una disposizione innovativa rivolta ad anticipare il momento consumativo del reato, ma ribadisce la precedente normativa che, secondo l’orientamento prevalente, riteneva che la formula «vende o noleggia» di cui all’art. 171ter lett. c. l.a. deve essere intesa non come effettivo compimento di un atto di vendita o di noleggio, bensì come attività che consiste nel porre in vendita o disponibili per il noleggio cassette o altri supporti privi del contrassegno SIAE (Cass. sez. III pen. 1 luglio 2003 n. 28170, Pres. Savigno, Est. Fiale , Imp. L.G., Aida 2005, Repertorio I.16).

Il regolamento di esecuzione richiamato dall’art. 171ter l.a. è quello approvato con il RD 1369/1942, così che resta penalmente sanzionata l’illecita immissione nel mercato di supporti non contrassegnati dalla SIAE (Cass. sez. III pen. 9 settembre 2003 n. 35288, Pres. Toriello , Est. Teresi, P.M. Passacantando, Imp. Marcantonio, Aida 2005, Repertorio I.16).

La nuova formulazione dell’art. 171ter l.a., come sostituito dall’art. 14 della l. 248/2000, non ha introdotto una ulteriore condotta criminosa, ma ha previsto esplicitamente come fattispecie criminosa ciò che già si ricavava dalla precedente normativa (ossia che la detenzione con esposizione al pubblico di videocassette prive del contrassegno SIAE era attività prodromica finalizzata in modo univoco alla vendita, come tale penalmente rilevante ex art. 171ter l.a., nella formulazione prevista dall’art. 17 d.lgs. 685/1994) (Cass. sez. III pen., 10 settembre 2003 n. 35372, Pres. Savignano , – Est. Gentile , P.M. Iacoviello, Maggio, Aida 2005, Repertorio I.16).

I soggetti operanti in Internet (in particolare, i proprietari delle infrastrutture di comunicazione, i fornitori di accessi ed i fornitori di servizi) non sono penalmente responsabili della immissione in rete di dati illeciti realizzata da terzi soggetti (i produttori di contenuti), stante l’assenza di una previsione normativa specifica che ponga a loro carico un obbligo giuridico di impedimento della condotta illecita, la non applicabilità in via analogica degli artt. 57 e 57bis c.p. (relativi al direttore della stampa periodica ed all’editore e stampatore nel caso di anonimità o non imputabilità all’autore degli scritti illeciti), l’impossibilità di qualificare l’attività svolta dai providers come attività pericolosa, ed infine non essendo ravvisabile la possibilità concreta da parte dei medesimi providers di esercitare un efficace controllo sui messaggi ospitati sul proprio sito (Trib. Milano, 18 marzo 2004, Pres. Migliaccio, Est. De Sapia, Imp. B.C., Aida 2005, Repertorio I.16).

La fabbricazione, distribuzione e vendita di dispositivi cd. sharer (costituiti da un apparecchio principale che si collega via cavo a tre o cinque altri apparecchi forniti di una «sharer card» e in tal modo consente di ripartire il segnale satellitare decodificato verso più terminali televisivi) costituisce illecito ai sensi dell’art. 171ter lett. f bis) l.a., in quanto la condotta ha lo scopo di eludere efficaci protezione, quali sono i dispositivi atti a garantire l’accesso condizionato a servizi televisivi (Cass. Sez. III penale 7 aprile 2004, Pres. Rizzo , Est. Onorato, P.M. Izzo, Vullo, Aida 2005, Repertorio I.16).

Non risultano invece applicabili nè l’art. 171ter lett. f) né l’art. 171octies l.a., che puniscono solo la vendita, l’installazione e l’utilizzazione di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni televive ad accesso condizionato, poiché lo shaker non decodifica ma distribuisce il segnale già decodificato) (Cass. Sez. III penale 7 aprile 2004, Pres. Rizzo , Est. Onorato, P.M. Izzo, Vullo, Aida 2005, Repertorio I.16).

Il reato di cui all’art. 171 ter lett. f bis) l.a. non concorre formalmente con quello punito dall’art. 171 octies l.a. (Cass. Sez. III penale 7 aprile 2004, Pres. Rizzo , Est. Onorato, P.M. Izzo, Vullo, Aida 2005, Repertorio I.16).

L’imputato in un processo penale per duplicazione abusiva di opera cinematografica ha interesse sufficiente ad intervenire ad adiuvandum in un giudizio promosso da terzi per l’accertamento della caduta della medesima opera in pubblico dominio (Trib. Milano, 14 aprile 2004, Giud. Vecchio, Fallimento Electa s.r.l. c. The Walt Disney Enterprises Inc., Martinenghi Italo, Aida 2005, Repertorio I.16).

E’ configurabile il reato di cui all’art. 171 coi. 1 lett. b) l.a. nell’ipotesi di diffusione da parte di emittenti private radiofoniche o televisive di composizioni musicali senza il consenso dell’autore e, per esso, della SIAE, poiché la cessione dall’autore al produttore del diritto alla riproduzione fonografica non trasferisce anche il diritto alla radiodiffusione, in base al principio di indipendenza fra i vari diritti di utilizzazione dell’opera (Cass. Sez. III penale 19 maggio 2004 n. 23284, Pres. Vitalone, Est. Fiale, P.M. Favalli, Imp. Malanchini, Aida 2005, Repertorio I.16).

Perché sussista l’utilizzazione del software a scopo imprenditoriale che configura il reato ex art. 171bis l.a. non è sufficiente che il programma sia in uso presso un professionista o un imprenditore (Trib. Bolzano, 31 marzo 2005, Aida 2005, 1065/1).

La prova del reato non può essere desunta sic et simpliciter dal possesso di un CD privo del contrassegno SIAE o di etichette originali, ma occorre piuttosto risalire alla fonte del programma, stabilire a chi è stato venduto originariamente, seguire le sue vicende successive, fino ad ottenere prova dell’acquisizione illecita (Trib. Bolzano, 31 marzo 2005, Aida 2005, 1065/3).

Realizza un illecito penale ex art. 171ter l.a. il soggetto che stipula in proprio un contratto di abbonamento a pay tv criptata» ed utilizza la smart card messagli a disposizione dall’emittente per la ricezione e visione dei programmi all’interno di un locale nell’ambito delle attività di un circolo gestito da altra persona (Cass. Sez. III civile 23 settembre 2002 n. 31579, Pres. Savignano , Est. Marini, M.F., Aida 2004, Repertorio I.16).

La elaborazione non autorizzata di un’opera altrui è sanzionata penalmente dall’art. 171 l.a. e comporta un obbligo di risarcimento del danno morale, che può essere liquidato in via equitativa (Trib. Monza, 12 novembre 2002, Aida 2004, 968/2).

La riproduzione e l’attribuzione di un’opera pittorica a soggetto diverso dall’autore integra il reato ex art. 171 l.a. e fonda il diritto dell’autore al risarcimento del danno morale (Trib. Milano, 3 marzo 2003, Aida 2004, 974/4).

Chi pubblica a proprio nome un’opera che costituisce plagio di quella altrui commette il reato ex art. 171 l.a. ed è obbligato a rifondere i danni morali subiti dall’autore plagiato (Trib. Milano, 2 aprile 2003, Aida 2004, 976/5).

I reati previsti dall’art. 171-ter lett. a) e b) l.a. sussistono anche quando la duplicazione non autorizzata delle opere protette sia stata effettuata a mezzo di Internet (Trib. Palermo, 9 ottobre 2001, Giud. Tricoli, Kouvakis Emmanouil, Aida 2003, Repertorio I.Repertorio I.16).

La l. 248/00 ha ampliato l’ambito di applicazione dell’art. 171bis l.a. incriminando condotte ulteriori (come la detenzione a scopo imprenditoriale) e sostituendo il fine di profitto a quello di lucro, quale dolo specifico, con la conseguenza che alla condotta di abusiva duplicazione, detenzione e distribuzione di programmi per elaboratore commessa anteriormente alla data di entrata in vigore della l. 248/00 deve essere applicata la normativa previdente, in applicazione dell’art. 2 c.p., in quanto più favorevole. (App. Trento, 27 febbraio 2002, Pres. Garribba, Est. Pagliuca , Imp. Omar, Aida 2003, Repertorio I.Repertorio I.16).

La creazione di un sito FTP contenente opere dell’ingegno abusivamente duplicate costituisce di per sé stessa violazione degli artt. 171bis e 171ter l.a., nella parte in cui vietano la condotta della duplicazione (App. Trento, 27 febbraio 2002, Pres. Garribba, Est. Pagliuca , Imp. Omar, Aida 2003, Repertorio I.Repertorio I.16).

La condotta della detenzione di copie abusive di opere dell’ingegno per la creazione e la gestione di un sito FTP integra l’ipotesi della detenzione a scopo commerciale a fini di lucro poiché si tratta di attività a carattere professionale (in quanto non episodica), imprenditoriale (in quanto dotata di un’organizzazione di persone e di mezzi) e avente natura commerciale (in quanto finalizzata alla produzione di servizi ed allo scambio di beni, nella specie di una notevole quantità di programmi, alcuni di ingente valore economico) (App. Trento, 27 febbraio 2002, Pres. Garribba, Est. Pagliuca , Imp. Omar, Aida 2003, Repertorio I.Repertorio I.16).

La gestione di un sito FTP basata sul principio secondo il quale gli accessi al sito sono consentiti solo a condizione che i nuovi  utenti copino sul server i programmi in loro possesso, quale corrispettivo dei programmi prelevati, costituisce lo strumento per la realizzazione della condotta di abusiva duplicazione e distribuzione di opere dell’ingegno da parte dei nuovi utenti, anch’essa vietata dagli artt. 171bis e 171ter l.a. (App. Trento, 27 febbraio 2002, Pres. Garribba, Est. Pagliuca, Imp. Omar, Aida 2003, Repertorio I.Repertorio I.16).

Lo scambio di copie abusive di opere dell’ingegno (in cui la dazione della copia da parte di un contraente è subordinata alla condizione che anche l’altro contraente a sua volta conferisca una copia) può essere rientrare nella categoria dei contratti a titolo oneroso, con la conseguenza che il dolo specifico attribuibile ai responsabili della condotta non è il fine di profitto ma quello di lucro (App. Trento, 27 febbraio 2002, Pres. Garribba, Est. Pagliuca , Imp. Omar, Aida 2003, Repertorio I.Repertorio I.16).

Deve essere esclusa la responsabilità penale ai sensi dell’art. 648 c.p. nel caso della ricezione della copia abusiva di un’opera dell’ingegno tramite elaboratore elettronico collegato alla Rete, perché il soggetto che riceve il bene nello stesso momento e per la natura degli strumenti utilizzati ne effettua una duplicazione (l’art. 648 c.p. esclude la responsabilità penale quando l’agente è egli stesso autore del reato presupposto) (App. Trento, 27 febbraio 2002, Pres. Garribba, Est. Pagliuca , Imp. Omar, Aida 2003, Repertorio I.Repertorio I.16).

Un programma informatico può essere assunto nella categoria dei mezzi idonei all’accesso ad un sistema telematico protetto, così che la sua abusiva utilizzazione a tali fini integra la violazione dell’art. 615quater c.p. (App. Trento, 27 febbraio 2002, Pres. Garribba, Est. Pagliuca , Imp. Omar, Aida 2003, Repertorio I.Repertorio I.16).

L’art. 171ter co. 2 l.a. non istituisce una figura autonoma di reato, ma una circostanza aggravante (relativa al numero delle copie poste in commercio, che deve essere superiore a cinquanta) dell’ipotesi base di cui all’art. 171ter co. 1 lett. d), terza ipotesi, concernente la condotta di chi pone in commercio copie abusive di opere dell’ingegno (Trib. Torino, 8 aprile 2002, Giud. Salvatori, P.M. Pardodi, Imp. E.  Rizzi, C. Favretti c. Fapav, SIAE Società Italiana Autori Editori, Aida 2003, Repertorio I.Repertorio I.16).

E’ inammissibile la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 171ter co.1  lett.c) l.a., nella sua formulazione antecedente la novella della legge 248/2000, sollevata dal giudice a quo sul presupposto di una sua interpretazione (come norma che rinvia all’art. 13 r.a.) che il giudice a quo ritiene consolidata in giurisprudenza ma dichiara di non potere condividere (Corte cost., ordinanza 23 maggio 2002 n. 209,  Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky,  SIAE c. Governo della Repubblica italiana).

Assolve le condizioni prescritte dall’art. 21 co. 3 cost. un sequestro autorizzato con provvedimento dell’autorità giudiziaria in applicazione delle disposizioni ex artt. 156ss. l.a. ed in relazione ad una fattispecie inquadrabile nelle ipotesi delittuose previste dall’art. 171 lett. a) e b) l.a. (App. Milano, 24 maggio 2002, Aida 2002, 870/4).

La nozione di riproduzione che ex art. 64bis l.a. individua il contenuto del diritto d’autore sul software è più ampia di quella di duplicazione che tipizza il reato ex art. 171bis (Cass. pen. 24 aprile 2002, Aida 2002, 824/3).

Dal coordinamento tra gli artt. 2 co. 1 n. 8, 64bis–64quater e 171bis l.a. si ricava la rilevanza penale(anche) dell’abusiva duplicazione di una parte limitata del programma, purché dotata di autonomia funzionale, e comunque costituente il nucleo centrale del software (Cass. pen. 24 aprile 2002, Aida 2002, 824/2).

Il reato di abusiva duplicazione di software ex art. 171bis l.a. ha natura istantanea e si consuma nel luogo e nel momento in cui avviene la duplicazione.(Cass. pen. 24 aprile 2002, Aida 2002, 824/1)

Sussiste il reato ex art. 171bis l.a. quando il codice di controllo del software litigioso sia identico a quello del programma che si assume essere stato copiato (App. Bologna, 4 ottobre 2001, Aida 2002, 860).

Disponendo la sequestrabilità delle pubblicazioni soltanto nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi l’art. 21 co. 3 cost. intende riferirsi non tanto ad una legge speciale qualificata quanto all’intero complesso delle norme riguardanti la materia, tra le quali rientrano gli artt. 473, 474 e 517 c.p. (nella specie i reati riguardavano l’uso del marchio altrui nel titolo di un periodico) (Trib. Bologna, ordinanza 23 luglio 2001, Aida 2002, 854).

Dopo la novella dell’art. 171ter l.a. realizzata dalla legge 248/2000 ed il correlativo mutamento del suo contesto normativo la Corte deve restituire al giudice a quo gli atti del giudizio di legittimità costituzionale del testo precedente dell’art. 171ter co.1 lettera c) l.a., perché questi verifichi se la questione da lui sollevata sia tuttora rilevante nei termini in cui è stata originariamente proposta (Corte Costituzionale, ordinanza 4 dicembre 2000, n. 547, Aida 2002, 816/1).

Ai fini del reato ex art. 615ter co. 1 c.p. non è necessaria l’effrazione di meccanismi protettivi interni al sistema informatico o telematico, ma è sufficiente che l’agente pur penetratovi legittimamente vi si mantenga contro la volontà esplicita o tacita di chi ha il diritto di escluderlo: per conseguenza questo reato sussiste anche quando il soggetto autorizzato all’accesso per una finalità determinata utilizzi il titolo di legittimazione per una finalità diversa. (Cass. penale 7 novembre 2000, Pres. Foscarini, Est. Nappi, Aristide Zara, Aida 2001, Repertorio I.16)

Il fine di lucro previsto dall’art. 171bis l.a. non può essere rappresentato dal mero risparmio di spesa realizzato da chi duplica software per proprio uso personale (Trib. Torino, 13 luglio 2000, Giud. Scialabba , Imp. C.G. , Aida 2001, Repertorio I.16).

Non commette il reato di ricettazione chi ricavi da Internet o acquisti in edicola copie non originali di programmi per elaboratore delle quali non sia in grado di conoscere l’illecita provenienza (Trib. Torino, 13 luglio 2000, Giud. Scialabba , Imp. C.G. , Aida 2001, Repertorio I.16).

L’art. 171.b) punisce anche l’emittente radiotelevisiva che, senza il consenso dell’autore, diffonda l’opera registrata su disco o altro supporto fonografico, anche quando l’emittente abbia ricevuto gratuitamente il supporto fonografico a scopo promozionale dal produttore fonografico o dallo stesso autore (Cass. 5 luglio 2000, Aida 2001, 741/1).

La legge 159/93 vieta la copia calligrafica dell’opera protetta, mentre ogni variazione conduce al di fuori della fattispecie vietata (Trib. Monza, ordinanza 15 maggio 2000, Aida 2001, 765/1).

Quando la veste dell’imputato, le sue dimensioni e la sua strutturazione non siano tali da fare discendere l’inevitabile consapevolezza dell’illecito da parte dell’imputato, la prova della sussistenza dell’elemento psichico del reato  previsto dall’art. 171bis l.a. non può ritenersi integrata (Trib. Torino, 5 maggio 2000, Aida 2000, 731/2).

Lo scopo di lucro ex art. 171bis l.a. si identifica anche con il profitto ritraibile da un risparmio di costi, essendo quest’ultimo ordinariamente finalizzato, nell’ottica imprenditoriale, a diverse forme di investimento (Trib. Torino, 5 maggio 2000, Aida 2000, 731/1).

Il comportamento di funzionari di case editrici che operano quali agenti provocatori al fine di accertare quali copisterie riproducano abusivamente i loro testi universitari è assistito dal consenso dell’editore, dell’autore e della Siae: onde  essi sono pienamente capaci di testimoniare sull’illecito delle copisterie ex art. 171 l.a. (Cass. 7 aprile 2000 n. 4353 , Aida 2000, 661/3).

La legge n. 159/1993 non ha abrogato in parte qua l’art. 171 l.a. (Cass. 7 aprile 2000 n. 4353 , Aida 2000, 661/1).

Solo a seguito dell’introduzione dell’art. 171ter l.a. ad opera del dlgs 29 dicembre 1992 n. 518 l’ordinamento italiano ha assunto la duplicazione abusiva dei programmi informatici nell’ambito della rilevanza penale: e reciprocamente il titolare dei diritti d’autore patrimoniali su software non ha diritto al risarcimento dei danni morali per la sua illecita utilizzazione anteriore all’entrata in vigore del dlgs 518/1992 (App. Milano, 11 febbraio 2000,  Pres. MARESCOTTI, Est.  BICHI, Ufficio 2000 s.r.l. c. Microsoft Corporation, Autodesk Inc. , Aida 2000, Repertorio I.16).

In materia di diritto d’autore, con il dlgs. 16 novembre 1994 n. 685 il legislatore ha inteso riaffermare il valore centrale della legge 22 aprile 1941 n. 633, aggiornando il corpo normativo originario senza alterarne la struttura. Il ricorso alla tecnica dell’interpolazione mostra chiaramente la volontà di inserire le nuove previsioni penali quali parti integranti della legge fondamentale sul diritto d’autore, così che il regolamento di esecuzione richiamato dall’art. 171ter è quello approvato con R.D. 18 maggio 1942 n. 1369. L’art. 171 ter trova pertanto il suo completamento nel citato regolamento restando così penalmente sanzionata l’illecita immissione nel mercato di supporti non contrassegnati dalla SIAE. (Cass. 8 febbraio 2000 n. 2, Aida 2000, 660/1).

Non sussiste l’elemento del «lucro» previsto dall’art. 171bis l.a. qualora il prezzo corrisposto per la vendita del software abusivo (compreso fra Lit. 20.000/40.000) sia di poco superiore ai costi ragionevolmente sostenuti dallo stesso venditore per l’acquisto di CDROM vergini e per la gestione del sistema di vendita (inclusa la realizzazione del sito). (Trib. minorenni Cagliari, 26 gennaio 2000, Pres.Est. De Nicola, Imp. J.L)

La mancata documentazione in atti che la polizia giudiziari abbia accertato se l’imputato di violazione dell’art. 171bis l.a. abbia acquisito le licenze d’uso relative ai programmi per elaboratore in suo possesso non consente di escludere che la detenzione dei predetti programmi fosse del tutto lecita. (Trib. minorenni Cagliari, 26 gennaio 2000, Pres.Est. De Nicola, Imp. J.L, Aida 2001, Repertorio I.16)

La radiodiffusione di un’opera protetta dal diritto d’autore, sia che avvenga in diretta sia che avvenga mediante impiego di un disco o nastro in cui l’opera è registrata, richiede, se effettuata dai locali dell’emittente, il consenso dell’autore, in mancanza del quale la radiodiffusione è tra l’altro penalmente sanzionabile a norma dell’art. 171 co. 1 lett. b) l.a. (Cass. 11 novembre 1999 n. 12820,  Pres. SAVIGNANO, Est. CECCHERINI, P.M. GERARDI, Sciscione, Aida 2000, Repertorio I.16).

E’ regolata dall’art. 75 co. 2 c.p.p. e non deve essere sospesa l’azione civile di risarcimento del danno (ancorché proposta in via riconvenzionale) per violazione di diritti d’autore quando questa violazione sia altresì oggetto di un accertamento penale, ma non ricorrano i presupposti dell’art. 75 co. 3 c.p.p. (App. Milano, 26 ottobre 1999, Aida 2000, 706/1).

Punendo la diffusione non autorizzata di un’opera protetta l’art. 171 lett. b) l.a. intende sanzionare anche la sua radiodiffusione (Cass. 18 ottobre 1999 n. 11834, Pres. PIOLETTI, Est. GRILLO, P.M. DI ZENZO, Imp. Arcidiacono, Aida 2000, Repertorio I.16).

Posto che in sede di riesame del provvedimento di sequestro il giudice deve limitare la propria cognizione alla valutazione della astratta configurabilità dell’ipotesi di reato, non pare che nel caso di specie la contribuzione straordinaria richiesta dall’associazione non riconosciuta di cui l’imputato è presidente per il noleggio fuori sede di supporti musicali di proprietà dell’associazione valga di per sé ad integrare l’estremo del fine di lucro richiesto dall’art. 171quater l. 22 aprile 1941 n. 633 (Trib. Arezzo, ordinanza 10 agosto 1999, Giud. Bartalesi, Del Toro, Aida 2001, Repertorio I.16).

La fattispecie di cui al secondo comma dell’art. 171 l.a. integra un’aggravante e non un’autonoma figura di reato (Pret.  Roma, 26 giugno 1999, Aida 2000, 695/5).

Ove siano certi i fatti contestati all’imputato del reato dell’art. 171 l.a. ben può il giudice modificare l’originaria imputazione richiamante l’art. 171 co. 1 b) l.a. per ricondurre la fattispecie all’art. 171 co. 1 a)  (Pret.  Roma, 26 giugno 1999, Aida 2000, 695/4).

L’elemento soggettivo del reato di plagio presuppone consapevolezza della non originarietà dell’opera, non invece quella della reale paternità del brano riprodotto (Pret.  Roma, 26 giugno 1999, Aida 2000, 695/3).

Nel campo della musica leggera l’elemento essenziale che determina la fisionomia di una canzone è dato dalla melodia, da intendere non come semplice successione di suoni ma anche nel suo sviluppo in battute; la presenza in due canzoni di un elevato numero di identiche battute (nella specie: 6 su 9) e note (nella specie: 37 su 46) caratterizza dunque i brani per una melodia molto simile e per una complessiva linea melodica sostanzialmente uguale; quando poi questo elemento melodico rappresenta il tema fondamentale dei brani (nella specie ripetuto 17 volte nella canzone lamentata in contraffazione), accomunati altresì da ritmo, accordi e progressioni armoniche molto vicini, nonché da analoghi richiami testuali ed elementi corali, il riscontro di più profili di vicinanza determina una accentuata riconducibilità di un’opera all’altra e dimostra la presenza dell’elemento oggettivo del reato dell’art. 171 l.a. (Pret.  Roma, 26 giugno 1999, Aida 2000, 695/1).

Non è configurabile il reato previsto dall’art. 171bis l.a. nel caso in cui il programma per elaboratore non sia oggetto di duplicazione (intesa come copia identica del programma), ma di plagio (inteso come ripresa parziale cui si aggiunga un’attività di elaborazione). (Pret.  Modena, 15 giugno 1999, Aida 2000, 690/1)

L’obbligo di contrassegno di cui all’art. 171ter co. 1 lett. c) l.a. non è limitato ai supporti magnetici e può pertanto concernere anche supporti di tipo ottico (Cass. 24 maggio 1999 n. 1716, Pres. TONINI, Est. FIALE, Enrico Bonetti, Aida 1999, Repertorio I.16).

I cd-rom contenenti videogiochi non sono esclusi dall’obbligo di vidimazione SIAE, in quanto l’art. 171ter co. 1 lett. c) l.a. non esclude la sussistenza di detto obbligo quando le immagini in movimento siano comandate da un programma per elaboratore (Cass. 29 aprile 1999 n. 1204, Pres. TONINI, Est. DE MAIO, Imp. Roberto Fiorentino, Aida 1999, Repertorio I.16).

L’art. 171ter co. 1 lett. c) l.a., attraverso l’integrazione con l’art. 12 del R.D. 1369/42, enuncia un precetto completamente descritto e sufficientemente determinato, e per conseguenza pienamente applicabile (Cass. 29 aprile 1999 n. 1204, Pres. TONINI, Est. DE MAIO, Imp. Roberto Fiorentino, Aida 1999, Repertorio I.16).

Argomentando in base all’art. 16 l.a. si ricava che ai fini della norma incriminatrice ex art. 171 co. 1 lett. b) l.a. la nozione di diffusione comprende anche la radiodiffusione, che pertanto in mancanza dell’autorizzazione dal titolare del diritto d’autore è penalmente sanzionata (App. Trento, 30 marzo 1999, Pres. CORDELLA, Est. CHIARO, Imp. Arcidiacono, Aida 2000, Repertorio I.16).

Difetta l’elemento soggettivo del delitto di ricettazione in chi, essendo digiuno di nozioni informatiche, riceva e utilizzi un programma abusivamente duplicato già installato su un computer senza essere in possesso dei relativi dischetti contenenti il programma stesso e senza avere altrimenti modo di valutare se il programma sia o meno frutto di una abusiva duplicazione (Pret. Udine sezione distaccata Tarcento, 3 marzo 1999, Aida 1999, 632/2).

L’art. 171 bis, l. 22.4.1991, n. 633, è norma speciale, che punisce l’attività di duplicazione a fine di lucro dei programmi di elaboratore, che costituisce il presupposto per la punibilità del terzo detentore, configurando l’elemento oggettivo della provenienza illecita di cui all’art. 648 c.p. (Pret. Udine sezione distaccata Tarcento, 3 marzo 1999, Aida 1999, 632/1).

L’art. 171ter co. 1 lett. c) l.a. che prevede il reato di commercializzazione di supporti contenenti fonogrammi o videogrammi privi del contrassegno SIAE è norma incriminatrice perfetta, perché il rinvio ivi previsto ad un regolamento di esecuzione destinato a determinare le modalità del contrassegno va riferito all’art. 12 r.a. (Cass. 1 marzo 1999 n. 254, Pres. AVITABILE, Est. DE MAIO, P.M. ALBENO, Imp. Marotta, Aida 2000, Repertorio I.16).

L’art. 1 l. 159/93 tutela la veste grafica dell’opera a favore dell’editore, cioè la forma del veicolo mateiale dell’opera dell’ingegno umano, e prevede perciò una sanziona amministrativa che non ha depenalizzato la diversa fattispecie dell’art. 171 l.a., prevista invece a tutela del diritto patrimoniale d’autore (App. Bologna, 4 dicembre 1998, Pres. RUGGERI, Est. ROI, Imp. Balduzzi, Aida 1999, Repertorio I.16).

La portata dell’art. 171ter l.a. non è limitata ai supporti magnetici e può pertanto concernere anche supporti di tipo ottico (Trib. Cagliari, ordinanza 30 ottobre 1998, Aida 2000, 671/2).

L’obbligo di contrassegno di cui all’art. 171ter co. 1 lett. c) l.a. non si applica ai supporti multimediali nel caso in cui l’elemento prevalente di questi ultimi sia costituito dal programma operativo, mentre le immagini ed i suoni abbiano una funzione puramente illustrativa e strumentale (Trib. Cagliari, ordinanza 30 ottobre 1998, Aida 2000, 671/1).

L’art. 171ter co. 1 lett. c) l.a. non incrimina espressamente la condotta del porre in commercio beni privi del contrassegno SIAE, né appare configurabile il tentativo rispetto alla fattispecie normativa in esame, che già realizza una soglia molto arretrata di tutela (Trib. Genova, ordinanza 26 ottobre 1998, Aida 2000, 670/1).

Tra le categorie di opere sottoposte all’apposizione dei contrassegni rientrano le videocassette e le musicassette, nonché i programmi per elaboratore, espressamente specificati nell’art. 171‑bis l.a., che contiene un riferimento testuale al r. a. (Cass. 31 luglio 1998, Pres. PIOLETTi, Est. MORGIGNI, Stringa Gian Natale, Aida 1998, Repertorio I.16).

La vendita o il noleggio di videocassette, musicassette o altri supporti analoghi senza il contrassegno della Siae integra gli estremi del reato di cui all’art. 17 1 ter I. a., come introdotto dall’art. 17 del dlgs. 16 novembre 1994 n. 685. In tale ultima statuizione è stato trasfuso il precedente art. 2 della legge 27 marzo 1987 n. 121, che richiamava espressamente l’obbligo di apporre il contrassegno Siae secondo le modalità statuite dal regolamento approvato con regio decreto 18 maggio 1942 n. 1369. Il d.lgs. n. 685/94 ha nuovamente menzionato il regolamento di esecuzione, senza indicarne gli estremi. Ma malgrado ciò, il riferimento dell’art. 171‑ter l.a. al regolamento deve ancora intendersi al r.a. (Cass. 31 luglio 1998, Pres. PIOLETTI, Est. MORGIGNI, Stringa Gian Natale, Aida 1998, Repertorio I.16).

Ai fini della sussistenza del reato di vendita o noleggio di videocassette riproducenti opere cinematografiche non contrassegnate dalla Siae non è richiesta la destinazione al circuito cinematografico o televisivo (Cass. 31 luglio 1998, Pres. PIOLETTI, Est. MORGIGNI, Stringa Gian Natale, Aida 1998, Repertorio I.16).

La Siae ha natura di ente pubblico che attende alla tutela economica e giuridica delle opere dell’ingegno e dei diritti connessi; deve pertanto ritenersi ai sensi dell’art. 91 ss. c. p.p. ente esponenziale di detti interessi e quindi legittimato a costituirsi parte civile in un processo penale, e comunque ad operare a sollecitazione di un giudizio per violazione della normativa penale sul diritto di autore (Cass. 31 luglio 1998, Pres. PIOLETTI, Est. MORGIGNI, Stringa Gian Natale, Aida 1998, Repertorio I.16).

L’art. 171 lett. b) l.a. non è stato modificato in favore delle emittenti dal dlgs. 16 novembre 1994 n. 685 (Cass. 7 luglio 1998, Pres. PAPADIA, Est. MORGIGNI, Marrocco Simonetta, Aida 1998, Repertorio I.16).

E’ configurabile il reato di cui all’art. 171 lett. b)  l.a. nel caso di radiodiffusione di composizioni musicali, su qualsiasi supporto fissate, senza il consenso dell’autore e per esso della SIAE (Cass. 7 luglio 1998, Pres. PAPADIA, Est. MORGIGNI, Marrocco Simonetta, Aida 1998, Repertorio I.16).

Dal punto di vista dell’art. 171 I.a. la diffusione non si differenzia dalla radiodiffusione, trattandosi di concetti rapportabili a due cerchi concentrici di cui la diffusione è quello maggiore (Cass. 7 luglio 1998, Pres. PAPADIA, Est. MORGIGNI, Marrocco Simonetta, Aida 1998, Repertorio I.16).

L’applícabilità dell’art. 171 l.a. ai fonogrammi non è esclusa dalla legge 5 febbraio 1992 n. 93 (Cass. 23 giugno 1998, Pres. GIAMMANCO, Est. SALVAGO, Cauli Donatella, Aida 1998, Repertorio I.16).

Il procuratore della repubblica che agisca per la repressione di una diffamazione continuata a mezzo Internet può disporre in via di urgenza il sequestro preventivo di tutte le attrezzature usate per diffondere su un certo sito il messaggio diffamatorio contestato (Procura della repubblica presso Pret. Vicenza, decreto 23 giugno 1998, P.M. PECORI, TurbaNitalia s.r.l., Aida 1999, Repertorio I.16)

La tutela penalistica del diritto di autore ex art. 171.b) l.a. comprende sia i fatti di esecuzione, rappresentazione e recitazione in pubblico, che costituiscono forme di divulgazione direttamente percepibili, sia quelli di diffusione, il cui concetto ricomprende anche la radio e la telediffusione (Cass. 23 giugno 1998, Pres. GIAMMANCO, Est. SALVAGO, Cauli Donatella, Aida 1998, Repertorio I.16).

Gli artt. 1-2 legge 406/1981, la legge 400/1985 e l’art. 2 dl 9/1987 convertito dalla legge 121/1987 sono stati abrogati dal dlgs 685/1994 soltanto in quanto il loro contenuto è stato trasfuso nella legge 633/1941: ed in particolare l’art. 171ter.1 lett.c) sanziona penalmente l’immissione sul mercato di supporti non contrassegnati dalla Siae “ai sensi del regolamento di esecuzione”; rinvia così all’art. 12 rd 1369/1942; ed attraverso l’integrazione con questa regola specifica elementi di fatto già contemplati dall’art. 171ter, ed enuncia un precetto penale completamente descritto e sufficientemente determinato che deve perciò venir considerato pienamente ed immediatamente applicabile (Cass. 15 giugno 1998 n. 1511, Aida 1999, 582/1).

La duplicazione di un programma di elaboratore costituisce reato qualora avvenga a scopo di lucro, e quindi con la motivazione e lo scopo di un vantaggio o guadagno economico, che può consistere anche in un risparmio di spesa, posto che lo scopo di lucro non necessariamente coincide con un incremento patrimoniale (Pret. Bologna, 25 maggio 1998, Giud. SGAMBARO, Paolo Fabbri, Aida 1998, Repertorio I.16).

L’art. 171‑bis l.a. sanziona penalmente, fra le varie ipotesi, l’abusiva duplicazione di programmi di elaboratore a scopo di lucro, con una previsione sul punto più restrittiva di quella dell’art. 171 1.a., che sanziona l’abusiva riproduzione dell’opera dell’ingegno a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma (Pret. Bologna, 25 maggio 1998, Giud. SGAMBARO, Paolo Fabbri, Aida 1998, Repertorio I.16).

Il reato di cui all’art. 171 l.a., per contraffazione di opera musicale altrui, non è stato depenalizzato dall’art. 32 1. 689/91: e per conseguenza l’autore dell’illecito ex art. 171 l.a. è obbligato a risarcire anche i danni morali all’autore di un’opera musicale contraffatta dalla colonna sonora di un filmato pubblicitario (App. Roma, 11 maggio 1998, Pres. Est. GIUSTINIANI, Young & Rubicam Italia s.p.a., Music Production s.r.l. c. Angelo Branduardi, Luna Musica s.a.s., Musiza s.r.l., Nestlé Italiana s.p.a., Aida 1998, Repertorio I.16).

Si configura il reato di cui all’art. 171 co. 1 lett. b) I. a. nell’ipotesi di diffusione, dagli studi di emittenze private radiofoniche o televisive, di composizioni musicali incise su qualsiasi tipo di supporto meccanico, senza il consenso dell’autore e, per esso, della Siae. Infatti la cessione del diritto di riproduzione o del diritto di distribuzione non comprende, salvo patto contrario, la cessione del diritto di esecuzione pubblica o la radiodiffusione (Cass. 12 febbraio 1998 n. 1758, Pres. DINACCI, Est. FIALE, P.M. FRANGINI, Trotta, Aida 1998, Repertorio I.16).

Il reato di frode informatica previsto e punito dall’art. 640 ter c.p. non si perfeziona con la semplice intrusione nel sistema informatico altrui e la contestuale sottrazione di dati, essendo all’uopo necessario che la condotta del soggetto agente sia improntata all’inganno ed all’artificio (Trib. Torino, 7 febbraio 1998, Pres. Est. GOSSO, Imp. Zara e altri, Aida 1999, Repertorio I.16).

La condotta dell’introduzione abusiva in un sistema informatico altrui, prevista e punita dall’art. 615ter c.p., sussiste anche nel caso in cui l’agente, possedendo per ragioni di servizio una copia dei dati contenuti nel sistema informatico, decida di farne uso pur essendo a conoscenza  della contraria volontà del titolare del diritto (Trib. Torino, 7 febbraio 1998, Pres. Est. GOSSO, Imp. Zara e altri, Aida 1999, Repertorio I.16).

Il precetto penale di cui all’art. 171ter l.a. (e delle previgenti norme che esso perpetua) è assolutamente perfetto e non necessita di essere integrato da atti normativi secondari (Pret. Roma, 6 febbraio 1998, Est. VILLONI, Aly Sall, Aida 1999, Repertorio I.16).

Il regolamento di esecuzione a cui fa riferimento l’art. 171ter l.a. è quello approvato con RD. 18 maggio 1942 n. 1369; ne consegue che l’art. 171ter l.a. non può essere considerato norma penale in bianco (App. Milano, 5 febbraio 1998, Pres. GNOCCHI, Est. POPPI, Imp. Stringa, Aida 1999, Repertorio I.16).

Il dlgs. 6 novembre 1994 n. 685 non ha abolito la fattispecie penale della detenzione per vendita di musicassette e videocassette abusivamente riprodotte, precedentemente prevista e punita dall’art. 2 della l. 27 marzo 1987 n. 121, ma ne ha risistemato la disciplina, conservandone la rilevanza penale (App. Milano, 5 febbraio 1998, Pres. GNOCCHI, Est. POPPI, Imp. Stringa, Aida 1998, Repertorio I.16).

La l. 121 del 1987 ha inteso tutelare tutte le opere cinematografiche, anche quelle non destinate ai circuiti cinematografici e televisivi (App. Milano, 5 febbraio 1998, Pres. GNOCCHI, Est. POPPI, Imp. Stringa, Aida 1998, Repertorio I.16).

L’editore che pubblichi una traduzione di un’opera della Grecia classica senza il consenso del traduttore realizza una condotta che di per sé integra oggettivamente la fattispecie (non depenalizzata) del delitto di cui all’art. 171 l.a., e che non può essere scriminata dall’apparenza di consenso dell’avente diritto: quando l’editore sia stato autorizzato da altro editore, che il primo conosceva non disporre dei necessari consensi dell’autore (App. Milano, 18 novembre 1997, Aida 1998, 544/1).

L’art. 171ter co. 1 lett. c) l.a., rinviando al regolamento di esecuzione della l.a. per il proprio completamento, non è una norma penale in bianco (Trib. Torino, 8 novembre 1997, Est. ROSSOTTI, Imp. Ciccone, Mancinelli, Aida 1999, Repertorio I.16).

Poiché manca un regolamento di attuazione dell’art. 171‑ter l.a., e poiché d’altro canto la Siae non ha alcun titolo per stabilire ed imporre le forme, i tempi e le modalità secondo le quali le videocassette, le musicassette e gli altri supproti contenenti fonogrammí o videogramn‑ú di opere cinematografice o ausiovisive debbano essere contrassegnati, l’art. 171‑ter deve essere qualificato come norma penale (parzialmente) in bianco, e non può pertanto avere pratica attuazione (Cass. 16 ottobre 1997, Pres. GIULIANI, Est. COSENTINO, Imp. Favilli, Aida 1998, Repertorio I.16).

Il dlgs. 6 novembre 1994 n. 685 non ha abolito la fattispecie penale della detenzione per vendita di musicassette e videocassette abusivamente riprodotte, precedentemente prevista e punita dall’art. 2 della l. 27 marzo 1987 n. 121, ma ne ha risistemato la disciplina, conservandone la rilevanza penale (Trib. Torino, 8 novembre 1997, Est. ROSSOTTI, Imp. Ciccone, Mancinelli, Aida 1999, Repertorio I.16).

L’art. 171 ter co. 1 lett. c) l.a. è una norma penale in bianco, non essendo previsto nella l.a., nel suo regolamento e nel d.lgs. 685/1994 un obbligo di apposizione del contrassegno SIAE (Cass. 12 luglio 1997 n. 2090, Aida 1997, 447/1).

Non è costituzionalmente illegittimo l’art. 171 quater a) l.a. introdotto dal d.lgs. 685/1994, perché rimanendo nei limiti della delega conferita al governo con la legge 146/1994, pur rispettando i limiti di pena previsti in generale dalla delega stessa, ha isolato anche a fini penali l’ipotesi del noleggio abusivo di opere lecitamente acquistate, comminando per essa una sanzione meno grave (dato il carattere contravvenzionale della nuova fattispecie, proponibile anche in via alternativa con pena detentiva, ma suscettibile peraltro di oblazione) di quella contemplata dalla più generale previsione dell’art. 171 l.a., che già riguardava i fatti lesivi del diritto di esclusíva dell’autore e dunque anche condotte la cui offensívità non è certo maggiore di quella della fattispecie ora punita dall’art. 161 quater (Corte cost. 12‑28 febbraio 1997 n. 53, Aida 1997, 439/3).

La delega espressa dall’art. 2.d) legge 146/1994 precludeva soltanto nuove incriminazioni a tutela di interessi (diversi da quelli desumibili dalle elencazioni contenute negli artt. 34 e 35 della legge 689/1981) che attengono ai settori dell’ordinamento caratterizzati fino allora da assenza di tutela penale, e dunque diversi da quello del diritto d’autore, che è tradizionalmente caratterizzato dalla previsione di sanzioni penali motivate non soltanto dalla rilevanza generale e quindi pubblica degli interessi coinvolti, ma anche dalla facilità e dalla diffusione dei comportamenti lesivi, soprattutto mossi da intenti lucrativi, che possono svilupparsi in un mondo ove l’opera dell’ingegno è divenuta un bene spesso di largo commercio e suscettibile di produrre cospicui profitti (Corte cost. 12‑28 febbraio 1997 n. 53, Aida 1997, 439/1).

La merce oggetto del sequestro cautelare penale per violazione degli artt. 171ter.La) e171quater.b) I.a. deve ritenersi usurpativa ai sensi e per gli effetti dell’art. 1.2.b) del regolamento 3295/94/Cee (Cass. 7 febbraio 1997, Cellarossi, Aida 1997, Repertorio I.16).

Gli artt. 171ter..1.a) e 171quater.b) l.a. non sono costituzionalmente illegittimi per violazione della legge delega 146/1992 (Cass. 7 febbraio 1997, Cellarossi, Aida 1997, Repertorio I.16).

L’art. 171 ter lettere b) e c) l.a. sanziona penalmente la vendita di prodotti non muniti del bollino Siae, che può essere tuttavia applicato ai singoli supporti fonografici anche solo al momento della loro vendita (Tríb. Milano, ordinanza 16 gennaio 1997, Pres. CARFAGNA, Est. CORTE, Imp. Luìgì Di Prisco, Aida 1997, Repertorio I.16).

Poiché il termine «lucro» di cui all’art. 171‑bis l.a. indica esclusivamente il guadagno patrimoniale (e non il semplice risparmio di spesa, che rientra nel più ampio concetto di «profitto»), va esente da responsabilità penale il soggetto che duplichi programmi per elaboratore al solo fine di evitare la spesa necessaria per acquistarli (Pret. Cagliari, 3 dicembre 1996, Giud. DEPLANO, Imp. Anna Rosa Contu, Aida 1998, Repertorio I.16).

L’art. 171 quater l.a. ricomprende non soltanto l’attività di noleggio, ma sposta la soglia di punibilità fino a ricomprendervi tutti i casi in cui il contratto non si risolva in un trasferimento diretto della proprietà, ma contempla una concessione in uso temporaneo del bene, sia pure collegata a fattispecie negoziali complesse o a formazione successiva, come appunto avviene per la vendita con riserva di gradimento (Procura Repubblica Pret. Roma, 23 novembre 1996, Aida 1997, 480/2).

La concessione in uso momentaneo a terzi a fini di lucro di compact disc non può essere qualificata vendita con riserva di gradimento in presenza di circostanze quali: a) l’inesistenza di un apprezzabile interesse del (preteso) compratore ad esercitare il gradimento, testimoniata dall’inserimento della clausola in condizioni generali predisposte unilateralmente dal (preteso) venditore, dalla mancata stipulazione di contratti di vendita senza riserva, dalla bassa percentuale di vendite effettivamente perfezionate; b) l’obbligo del cliente di acquistare una tessera annuale per poter stipulare gli acquisti con riserva di gradimento; c) il pagamento del cliente di una somma di denaro al momento della ricezione della cosa; d) la previsione di aumenti della somma da pagare in caso di trattenimento del bene oltre un certo periodo; e) la numerazione e catalogazione dei CD; f) la presenza in un esercizio commerciale limitrofo gestito dal medesimo (preteso) venditore di un misuratore della lunghezza dei CD e di musicassette vergini in vendita (Procura Repubblica Pret. Roma, 23 novembre 1996, Aida 1997, 480/1).

L’art. 171 co. 2 l.a. non prevede ipotesi di reato autonome ma ipotesi aggravate punite con pena detentiva, anche se alternativa a quella pecuniaria, onde le ipotesi previste dall’art. 171 co. 1 l.a. sono escluse dalla depenalizzazione ai sensi dell’art. 32 co. 2 1. 689/81 (Pret. Milano, ordinanza 25 luglio 1996, GIP RUGGIERO, Gabriele Tommasini, Aida 1997, Repertorio I.16).

Non costituisce violazione dell’art. 20 l.a. e tantomeno reato, e non obbliga dunque al risarcimento dei danni morali, la registrazione meccanica di una musica da discoteca autorizzata dalla Siae, che avvenga in concreto con una modifica del solo arrangiamento del testo e lasci sostanzialmente inalterata la struttura della musica originaria, tanto più che le sfumature dell’arrangiamento musicale assumono rilievo secondario nella musica da discoteca, caratterizzata soprattutto per la struttura ritmica (semplice e ripetitiva) (Trib. Napoli, ordinanza 20 luglio 1996, Aida 1996, 430/1).

E’ manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 1 legge 406/1981 sollevata per sua pretesa violazione del principio di uguaglianza (Corte cost. ordinanza 25 giugno 1996, Aida 1996, 368/3).

L’art. 17 d.lgs. 685/1994 ha abrogato l’art. 1 legge 406/1981 riformulando questa norma in un contesto più ampio e lasciandone immutate le pene previste, e non ha dunque inciso sull’applicabilità della legge 406/1981 ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore del dAgs. 685/1994 (Corte cost. ordinanza 25 giugno 1996, Aida 1996, 368/2).

Ricorre il reato di truffa aggravata, perché commesso in danno di un ente pubblico economico qual è la Siae, quando le copie di un film su videocassetta realizzate con un consenso della Siae limitato alla riproduzione del film per la vendita delle videocassette in abbinamento a riviste siano offerte in vendita autonomamente e separatamente dalle riviste ora dette (Trib. Milano, ordinanza 20 giugno 1996, Aida 1997, 464/6).

L’art. 171 ter l.a. vieta sia la riproduzione dell’opera dell’ingegno sia la riproduzione del relativo fonogramma (Trib. Milano, ordinanza 20 giugno 1996, Aida 1997, 464/2).

L’art. 171 ter lett. c) l.a. deve essere interpretato come noi‑ma autosufficiente, che non rinvia ad altre norme della legge 633/1941 o del. relativo regolamento, ma impone un obbligo generale di vidimare con il bollo Siae indistintamente tutti i supporti contenenti fonogrammi, anche quando essi riproducano opere ormai cadute in pubblico dominio (Trib. Milano, ordinanza 20 giugno 1996, Aida 1997, 464/5).

Gli artt. 171 ter e quater l.a., così come modificati dal d.lgs. 685/1994, sanzionano penalmente sia la condotta dell’autore della registrazione abusiva, che nel corso di concerti con l’ausilio di mezzi di fortuna (quali piccoli registratori professionali) fissi su supporto audio (cd. master) l’esecuzione musicale in pubblico; sia la condotta di chi, pur non avendo in prima persona effettuato la fissazione, disponendo tuttavia del master ne riproduca il contenuto su dischi o musicassette in serie da commercializzare; sia la condotta di chi, senza aver concorso alla registrazione o alla duplicazione, si limiti a commercializzare questi dischi o musícassette (Tríb. Milano, ordinanza 20 giugno 1996, Aida 1997, 464/1).

Sussiste il fine di lucro necessario alla ricorrenza del reato ex art. 171 lett. b) I.a. nel caso di abusiva riproduzione di opere musicali altrui all’interno di un messaggio pubblicitario (Cass. 4 giugno 1996, Pres. MONTORO, Est. Rizzo, P.M. DE NUNZIO, Imp. Amico, Aida 1998, Repertorio I.16).

Quando il cessionario del calco di una scultura abbia pattuito con l’autore che questo può essere utilizzato soltanto per realizzarne un certo numero di esemplari l’utilizzazione del calco per riprodurre l’opera in un numero di esemplari superiore a quello convenuto integra il reato ex art. 171 lett. d) I.a. (Cass. 9 marzo 1996 n. 29, Pres. MONTORO, Est. ONORATO, P.M. MARCHESIELLO, Imp. Pizzigoni, Aida 1998, Repertorio I.16).

La riproduzione di una scultura da parte del detentore legittimo della sua matrice non configura riproduzione e falsificazione dell’opera ex art. 3 della legge 20 novembre 1971 n. 1062 (recante non‑ne penali sulla contraffazione o alterazione di opere d’arte), ma può eventualmente integrare il reato di cui all’art. 171 lett. d) I.a., quando l’agente ne produca un numero di esemplari maggiore di quello che aveva diritto di produrre (Cass. 9 marzo 1996 n. 29, Pres. MoNToRO, Est. ONORATO, P.M. MARCHESIELLO, IMP. Pizzigoni, Aida 1998, Repertorio I.16).

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 171 quater lettera a) l.a., introdotto dall’art. 18 d.lgs. 685/1994, per esorbitanza dalla legge delega 146/1994 (Pret. Mantova, ordinanza 7 marzo 1996, Aida 1996, 425/1).

Ai bootlegs registrati dal vivo in concerto trova applicazione non l’art. 171 lettera c) ma l’art. 171 lettera a) l.a. (Trib. Milano, 16 gennaio 1997, Pres. M. CORBETTA, Est. P. CORBE77A, IMP. Marcello Cirese, Aida 1997, Repertorio I.16).

Quando il contratto di edizione di opera futura attribuisca all’editore un diritto di rifiutare l’opera, e la qualifichi tuttavia come automaticamente accettata in mancanza di rifiuto entro un certo termine, decorso quest’ultimo l’editore assume l’obbligo della pubblicazione, e l’art. 125 n. 2 l.a. non gli consente di sciogliersi dal vincolo contrattuale verso l’autore adducendo che la pubblicazione dell’opera comporta per l’editore il rischio di responsabilità per diffamazione (Trib. Milano, 5 ottobre 1995, Aida 1996, 408/1).

L’ipotesi di reato ex art. 171 quater l.a. riguarda esclusivamente l’operazione di fissazione abusiva di prestazioni artistiche ex art. 80 l.a. su supporto audio, video o audiovideo, e non è invece estensibile a fattispecie di mero possesso del supporto da altri abusivamente fissato (in mancanza di concorso del possessore nell’azione abusiva dell’esecutore della fissazione) né alla riproduzione della fissazione abusiva commessa da altri né a diverse attività abusive costituenti illecito civile ai danni dell’artista: e correlativamente il corpo del reato ex art. 171 quater l.a. è costituito soltanto dal supporto utilizzato per la registrazione dal Avo non autorizzata, e non lo è anche dal supporto della riproduzione (che non costituisca reato) della fissazione abusiva (Pret. Rimini, ordinanza 2 giugno 1995, GIP FERRARO, Giorgio Serra, Gabriele Tommasini, Aida 1997, Repertorio I.16).

La legge 159/1993 non ha abrogato in parte qua l’art. 171 l.a., e le due norme possono entrambe trovare applicazione (Cass. 23 gennaio 1995 n. 3395, Aida 1995, 305/2).

La legge 159/1993 istituisce un diritto relativo alla composizione grafica dell’opera che è diverso da quello dell’art. 13 l.a., in quanto si riferisce esclusivamente alla grafica quale risultato dell’attività esclusiva dell’editore che originariamente trovava tutela solo nella sede civile e che, con la creazione del reato in esame, è divenuto il soggetto passivo dello stesso reato nonché l’unico legittimato alla costituzione di parte civìle (Cass. 23 gennaio 1995 n. 3395, Aida 1995, 305/1).

Il d.l. 26 gennaio 1987 n.9, successivamente convertito in legge, non ha per nulla abrogato la legge 406/1981, all’interno della quale la dizione « dischi, nastri e supporti analoghi » è riferibile anche ai compact disc (Trib. Catanzaro, 6 ottobre 1994, Pres. VALIA, Est. DOLCE, Imp. Giuseppe Lestito, Aida 1995, Repertorio I.16).

Il consenso dell’autore alla pubblicazione dell’opera a stampa esclude l’ipotesi delittuosa dell’art. 171 lett. a) l.a. anche quando l’autore abbia già validamente ceduto ad un editore i propri diritti (Trib. Milano, ordinanza 26 settembre 1994, Aida 1995, 330/4).

L’art. 2 d.l. 9/1987, convertito con legge 121/1987 stabilisce che la vendita o il noleggio di videocassette riproducenti opere cinematografiche, non contrassegnate dalla SIAE ai sensi della legge 633/1941, sono assoggettati alla legge 400/ 1985, ed estende dunque alle attività ora dette l’illecito penale di pericolo e le sanzioni che la legge 480/1985 prevede per la riproduzione o duplicazione di videocassette, anche se effettuate in modo «non abusivo», ma senza il contrassegno SIAE (Cass. 23 luglio 1994 n. 1586, Pres. TRIDICO, Est. GIAMMANCO, P.M. MARCHESIELLO, Roberto Emilio Bellasio, Aida 1996, Repertorio I.16).

Ricorrendo un illecito ex art. 171 co. 1 lettera a) l.a. realizzato a mezzo di un quotidiano, sussistono i presupposti per una corre s ponsabilità del direttore del giornale ex art. 57 c.p. (App. Bologna, 5 maggio 1994, Pres. INSOLFRA, Est. MIRONE, Silvio Berlusconi Editore s.p.a. c. Adolfo Segreti, Aida 1997, Repertorio I.16).

L’art. 171 co. 1 lettera a) l.a., che punisce chiunque riproduce a qualsiasi scopo e in qualunque forma un’opera altrui senza averne diritto, non richiede un dolo specifico, ma ritiene ‑sufficiente un dolo generico ` che ricorra quando l’evento dannoso sia risultato di un’azione cosciente e volontaria di violazione dì un altrui diritto patrimoniale d’autore, e sia voluto come conseguenza di questa azione (App. Bologna, 5 maggio 1994, Pres. INSOLERA, Est. MIRONE, Silvio Berlusconi Editore s.p.a. c. Adolfo Segreti, Aida 1997, Repertorio I.16).

Nonostante la classificazione delle opere oggetto di tutela contenuta nell’art. 2 l.a. non sia tassativa, e nonostante la possibile tutelabilità del videoclip come opera dell’ingegno, la norma penale di cui all’art. 171 lett. b) l.a. non è applicabile né in via estensiva né tantomeno in via analogica all’utilizzazione non autorizzata di videoclip (nella specie per la loro diffusione televisiva) (Cass. 11 giugno 1993 n. 1202, Aida 1995, 299/2).

1 danni morali conseguenti alla violazione di un diritto morale d’autore sono risarcibili solo quando essa costituisca anche reato (Trib. Milano, 5 maggio 1994, Aida 1994, 276/2).

L’estensione della protezione ex art. 171 bis l.a. alle trasmissioni in codice, avvenuta con l’art. 11. 1 bis del d.l. 323/1993 così come convertito dalla 1. 422/ 1993, significa che le trasmissioni criptate sono protette come i programmi per elaboratore. Ne consegue che deve ritenersi riconosciuto al soggetto emittente il diritto esclusivo di autorizzare la ricezione delle trasmissioni e di controllare la commerciafizzazione delle medesime. E l’emittente può consentire la ricezione delle proprie trasmissioni criptate unicamente ai propri abbonati, e subordinare il proprio consenso all’acquisto di uno ed un solo tipo di apparecchio decoder (Trib. Pistoia, ordinanza 2 maggio 1994, Aida 1995, 320/1).

Mentre l’art. 171 l.a. tutela l’opera dell’ingegno altrui come bene intellettuale immateriale (corpus mysticum), l’art. 1 l. 159/93 salvaguarda la composizione grafica che materializza l’opera letteraria, ovverosia l’opera originale e propria dell’editore o del compositore, di creazione della matrice tipografica del manoscritto dell’autore: onde la legge 159/93 si applica cumulativamente all’art. 171 l.a., e non ha comportato l’abrogazione o la depenalizzazione sia pur parziale di quest’ultimo (App. Bologna, 18 aprile 1994, Aida 1994, 272/1).

La legge 159/1993 ha di fatto depenalizzato il fenomeno della riproduzione abusiva delle opere pubblicate mediante la stampa da parte di impresa di fotocopisteria (Pret. Torino, 6 aprile 1994, Aida 1995, 319/1).

Colui che legittimamente commerci esemplari (nella specie: CD) di opere registrate su apparecchi meccanici commette il reato di cui all’art. 171 lett. a) l.a. qualora abusivamente li noleggi (Cass. 2 febbraio 1994 n. 1825, Aida 1994, 213/2).

La decriptazione e ritrasmissione televisiva dì programmi trasmessi in forma codificata da altra emittente viola la legge 633/1941, tenuto conto che l’art. Il. 1 bis della legge 422/1993 ha espressamente richiamato l’art. 171 bis l.a. introdotto con d.lgs. 518/1992: onde alla decriptazione e ritrasmissione ora dette sono applicabili gli artt. 156 ss. l.a. (Trib. Napoli, ordinanza 20 novembre 1993, 3 Aida 1995, 13/1).

Il permesso generale non può trasferire alla casa discografica diritti di cui la SIAE non abbia la disponibilità: onde esso non può autorizzare atti che costituiscono delitti perseguibili ex art. 171 co.1 lett. a) e co.2 l.a. (nella specie: la riproduzione, su un certo numero di dischi, di un’opera musicale che costituisce plagio di altra opera musicale altrui, e senza indicazione della paternità dell’opera illecitamente plagiata) (App. Milano, 5 novembre 1993, Aida 1994, 252/5).

La depenalizzazione ex art. 32 legge 689/1981, se ha riguardato l’ipotesi colposa prevista dall’art. 172 l.a., non si è estesa alla fattispecie di cui all’art. 171 co.2 l.a. in relazione all’art. 171 co. 1 lettere a) e b) (App. Milano, 5 novembre 1993, Aida 1994, 252/4).

L’obbligo di risarcire i danni morali ex art. 171 lett. a), b) l.a. presuppone non solo la ricorrenza degli elementi oggettivi del reato, ma anche la prova del dolo e dunque la responsabilità penale dell’autore del fatto illecito (App. Milano, 5 novembre 1993, Aida 1994, 252/2).

La sanzione amministrativa ex art. 1 legge 158/93 è cumulabile con quella penale ex art. 171 l.a. (Pret. Bologna, 29 settembre 1993, Aida 1994, 245/3).

L’art. 1 della legge 159/93 tutela un diritto ulteriore, successivo ed indipendente da quello dell’autore sull’opera dell’ingegno, e precisamente un diritto che riguarda la composizione grafica dell’opera quale prodotto dell’attività tipica dell’editore (Pret. Bologna, 29 settembre 1993, Aida 1994, 245/2).

La fattispecie dell’art. 171 lett. a) l.a. non è depenalizzata dalla legge 159/ 1993 (Pret. Bologna, 29 settembre 1993, Aida 1994, 245/1).

La riproduzione grafica dell’opera costituisce opera in sé originale dell’editore o compositore che sia, di trasformazione della bozza o manoscritto dell’autore, che viene separatamente qualificata dal legislatore con l’art. 1 legge 159/93, e svincolata da ogni altra condotta più gravemente lesiva o lesiva di superiori interessi protetti, in considerazione della riconoscibilità della condotta che non richiede accertamenti complessi quali ad esempio in materia di plagio, e non insidia il fondamentale diritto morale, pur incidendo negativamente di riflesso sull’utilizzazione economica (Trib. Bologna, 18 giugno 1993, Aida 1994, 237/2).

L’art. 1 legge 159/1993 ha scorporato alcune condotte di riproduzione dalla norma madre dell’art. 171 lett. a) l.a., e precisamente ha depenalizzato, sottoponendola a sanzione amministrativa, la riproduzione della composizione grafica di opere (Trib. Bologna, 18 giugno 1993, Aida 1994, 237/1).

L’utilizzazione non autorizzata di una altrui canzone, che è ripresa nella colonna sonora di uno spot pubblicitario televisivo con modifiche e (ovviamente) senza indicazione della paternità dell’opera contraffatta, costituisce violazione del diritto morale d’autore ed illecito penale ex art. 171 l.a., costitutivo di una obbligazione di risarcire i danni anche morali (Trib. Roma, 12 maggio 1993, Aida 1994, 233/3).

Del reato ex art. 1 l. 400/1985 risponde il titolare dell’impresa che provvede all’abusiva duplicazione, anche quando ciò avvenga per incarico di terzi (App. Milano, 4 maggio 1993, Aida 1994, 232/3).

Il reato ex art. 1 1. 400/1985 è reato di pericolo, ma a dolo specifico, richiedendo l’agire a fini di lucro, e restando fuori dall’ambito applicativo della norma la fruizione personale (App. Milano, 4 maggio 1993, Aida 1994, 232/2).

L’abusiva duplicazione o riproduzione, a fini di lucro, delle c.d. videocassette è punita dall’art. 1 della 1. 20 luglio 1985 n. 400, che innovando rispetto alla disciplina contenuta nell’art. 171 lett. a) l.a. ne ha determinato l’implicita abrogazione (App. Milano, 4 maggio 1993, Aida 1994, 232/1).

Chi acquista o riceve per la vendita musicassette abusivamente contraffatte da altri incorre nella duplice violazione dell’art. 648 c.p.c. e  dell’art. 1 l. 406/ 1981, non sussistendo fra le due figure criminose alcun rapporto di specialità ex art. 15 c.p. (Cass. 17 novembre 1992 , Aida 1994, 208/1).

Il direttore responsabile di un giornale non risponde in proprio dei danni derivanti dall’illecita riproduzione non autorizzata di opere protette sul proprio giornale, quando questa non costituisca reato ma solo illecito amministrativo ex art. 172 l.a. (Trib. Torino, 26 ottobre 1992, Aida 1994, 220/3).

La riproduzione integrale non autorizzata di tutte le canzoni di un festival di Sanremo ad opera di un quotidiano, senza alcuna nota di commento, costituisce violazione degli altrui diritti d’autore non scriminata né dall’art. 21 cost. né dall’art. 70 co.1 l.a. (Trib. Torino, 26 ottobre 1992, Aida 1994, 220/2).

L’illecito ex art. 172 l.a. consistente nella riproduzione non autorizzata a mezzo stampa di un’opera altrui (nella specie: i testi letterali delle canzoni di Sanremo) è depenalizzato e soggetto a sanzioni pecuniarie amministrative in base alle leggi 706/1975 (prima) e 689/1981 (poi) (Trib. Torino, 26 ottobre 1992, Aida 1994, 220/1).

L’amnistia ex d.p.r. 75/90 non si applica al reato di abusiva detenzione per la vendita di musicassette sprovviste del contrassegno SIAE (Cass. 11 giugno 1992 n. 1143, Pres. CAVALLARI, Est. SIMONCELLI, Procuratore generale della Repubblica c. Raffaele Mormile, Aida 1994, Repertorio I.16).

L’acquisto di musicassette abusivamente contraffatte da altri eventualmente rilevante come ricettazione ex art. 648 c.p. costituisce violazione distinta ed autonomamente tutelata rispetto all’eventuale violazione dell’art. 1 legge 406/81 (Cass. 23 marzo 1992 n. 331, Aida 1993, 126/1).

L’art. 171 lettera a) l.a. non può essere interpretato come norma incriminatrice del noleggio di compact disc non autorizzato dall’autore, che pure è civilisticamente illecito ex art. 61 l.a. (App. Torino, 17 marzo 1992, Aida 1993, 144/1).

Mentre l’art. 470 c.p. punisce il fatto di chi pone in vendita cose con le impronte contraffatte di una pubblica autenticazione o certificazione, l’art. 1 della legge 406/1981 punisce invece chi pone in commercio o detiene per la vendita strumenti fonografici riprodotti abusivamente, in quanto non preceduti dal pagamento dei diritti d’autore, e quindi indipendente ente dalla circostanza che rechino o no impronte false: onde i due reati, oltre ad essere diretti alla tutela di differenti interessi, si concretano in condotte materiali ontologicamente diverse, e concorrono tra loro, in mancanza di elementi specializzanti che caratterizzino l’uno rispetto all’altro (Cass. 12 febbraio 1992 n. 1483, Aida 1993, 125/2).

Il reato ex art. 470 c.p. commesso in data anteriore al 26 settembre 1985 è estinto per effetto dell’amnistia concessa ex art. 1 lettera a) d.p.r. 12 aprile 1990 n. 75. (Cass. 12 febbraio 1992 n. 1483, 125/1).

La SIAE è legittimata ad esercitare in sede penale l’azione civile di risarcimento dei danni derivante dalla violazione penalmente illecita di diritti d’autore (Pret. Venezia, 18 novembre 1991, Aida 1993, 140/1).

L’acquirente di esemplari lecitamente prodotti di supporti di suono ha diritto di noleggiarli, e non compie pertanto l’illecito penale ex art. 171 lett. a) l.a.: quando il titolare del diritto d’autore non provi di avere pattiziamente limitato la messa in commercio e di avere escluso il noleggio dai diritti attribuiti al produttore dei fonogrammi noleggiati (Pret. Torino, 10 luglio 1991, Aida 1992, 54/4).

L’esistenza o meno del « diritto » ex art. 171 l.a. di compiere gli atti altrimenti irrilevanti secondo questa norma va valutata esclusivamente alla stregua della legge sul diritto d’autore e non già di altre leggi, essendo ad esempio del tutto indifferente ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 171 che il commerciante non abbia la licenza di vendita ed attui pertanto il comportamento sanzionato dall’art. 665 c.p. (Pret. Torino, 10 luglio 1991, Aida 1992, 54/3).

Quando sia compiuto «senza averne diritto» ex art. 171 l.a. il noleggio di supporti di suono costituisce violazione del diritto esclusivo di mettere in commercio l’esemplare dell’opera riconosciuto all’autore dall’art. 17 l.a., e dunque integra oggettivamente l’illecito penale ex art. 171 lett. a) l.a. (Pret. Torino, 10 luglio 1991, Aida 1992, 54/1).